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 2013  giugno 15 Sabato calendario

Oggi ci occuperemo dell’Iva, e cioè se aumenterà o no di un punto dal 1° luglio, e delle relative scosse sismiche sul governo accentuate dalla prospettiva che il M5S vada in malora e si liberino al Senato parlamentari pronti ad appoggiare un governo di centro-sinistra

Oggi ci occuperemo dell’Iva, e cioè se aumenterà o no di un punto dal 1° luglio, e delle relative scosse sismiche sul governo accentuate dalla prospettiva che il M5S vada in malora e si liberino al Senato parlamentari pronti ad appoggiare un governo di centro-sinistra.

Cominciamo dalla Banca d’Italia.
Dati molto importanti. Debito pubblico: è arrivato a 20141,3 miliardi, nuovo record assoluto, destinato peraltro a essere battuto al prossimo giro. La sequenza dei primi quattro mesi dell’anno è impressionante: 2.022, 2017, 2034, 2041. Quella che ci costringe a indebitarci ulteriormente (lo dice la stessa Banca d’Italia) è la Pubblica Amministrazione, per la quale spendiamo più di metà di tutto il Pil  (cioè 800 miliardi) e il cui fabbisogno nel quadrimestre è cresciuto di altri 500 milioni. All’interno dei costi della Pubblica Amministrazione, spiccano i debiti delle amministrazioni locali, arrivati in aprile a 115,5 miliardi (in crescita su marzo, in calo su aprile 2012, ed è una delle poche notizie consolanti). I debiti di Province e Comuni sono in leggera discesa (8,26 e 45,5 miliardi) quelli delle Regioni in aumento (46,7 miliardi). Gli stranieri hanno ricominciato a comprare titoli di stato italiani e la quota del nostro debito in mano loro è del 35% (725,3 miliardi). Il fisco ha incassato un +1,58% rispetto all’anno scorso, cioè 113,050 miliardi (aprile su aprile +3,9%). Infine, numero interessantissimo, la quantità di denaro che versiamo come contributo finanziario alla Comunità europea: 38 miliardi per i prestiti ai paesi in difficoltà più 8,6 miliardi per le casse dell’Esm (lo European Stability Mechanism, cioè il fondo salva-stati).  

• In questo quadro, aumenterà l’Iva o no?
Ricordiamo che l’aumento dell’Iva di un punto a partire dal 1 luglio 2013 è un automatismo deciso dal governo Berlusconi nello stesso momento in cui portava l’imposta dal 20 al 21%. Adesso si tratterebbe di andare al 22%, eventualità contro cui gridano i commercianti e le associazioni dei consumatori, e contro cui gridano anche i partiti giurando e spergiurando che la cosa non si farà. L’ultimo a gridare è stato Brunetta, ieri.  

Invece...?
Invece l’altro giorno il ministro dello Sviluppo, Zanonato, e il ministro dell’Economia, Saccomanni, hanno detto chiaro e tondo che i soldi per evitare l’aumento dell’Iva e per tagliare l’Imu non ci sono. Saccomanni: «Ci vogliono otto miliardi e al momento non c’è modo di trovarli». Su queste frasi ieri s’è scatenata un’iradiddio di dichiarazioni che le risparmio, dato che si tratta di ipocrisia pura. Piuttosto vale la pena riferire il risultato degli studi fatti dal Dipartimento del Tesoro sui precedenti aumenti dell’imposta. Risulta che dopo l’aumento dal 20 al 21% deciso nel settembre 2011 gli introiti Iva calarono per un miliardo di euro. Nel 2012, il gettito Iva scese di altri cinque miliardi. Uno potrebbe chiedersi: ma allora che senso ha aumentarla, se a ogni aumento i consumi diminuiscono al punto che si imncassa meno? La risposta è: non è detto che la diminuizione del gettito sia stata provocata da quel punto in più. È possibile che quello sia l’effetto della crisi, e che il crollo del gettito, senza l’aumento di un punto, sarebbe stato ancora più vistoso. La seconda questione su cui vale la pena di ragionare è: l’irrigidimento sul taglio dell’Iva e dell’Imu non nasconderà per caso una svolta politica, o magari la premessa di una svolta politica, il cui esisto finale potrebbe essere la fine del governo Pd-Pdl e la nascita di un governo di centro-sinistra?  

Dice questo per via dei tormenti grillini.
Finora il M5S ha perso tre parlamentari. I due deputati Alessandro Furnari e Vincenza Labriola che se ne sono andati in polemica con Grillo, il senatore Marino Mastrangeli espulso perché colpevole di essere andato in televisione. Lunedì prossimo verrà processata dai suoi colleghi la senatrice Adele Gambaro, che ha avuto con Grillo uno scambio molto violento. Lei lo ha accusato della perdita di consensi alle ultime amministrative, lui le ha risposto: non vali niente, e l’ha invitata a dimettersi. Lei ha controreplicato minacciando di portarlo in tribunale. Deputati e senatori, o forse solo i senatori, dovranno decidere se espellerla o meno. La spaccatura tra falchi e colombe è profonda: si dice che, in caso di espulsione, un gruppo di cinquestelle se ne andrebbe a sua volta nel Misto per protesta. È qui che la faccenda diventa particolarmente interessante.  

Quanti senatori ci vogliono per garantire eventualmente una maggioranza a un governo di centro-sinistra?
Una ventina almeno. Non è impossibile. Dalle parti di Berlusconi non si parla d’altro.