23 maggio 2013
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Biografia di Zerocalcare
• (Michele Rech) Arezzo 12 dicembre 1983. Fumettista. Collaborazioni con Liberazione, Carta, XL di Repubblica, Smemoranda, Wired, Internazionale. Albi di fumetti pubblicati: La profezia dell’armadillo (Edizioni Graficart 2011) che ha venduto quasi 50 mila copie ed è arrivato alla sua nona ristampa, Un polpo alla gola (Bao Publishing 2012), arrivato a circa 40 mila copie come Ogni maledetto lunedì su due (Bao Publishing 2013), Dodici (Bao Publishing 2013), che è salito a 45 mila copie e all’uscita è entrato immediatamente nella top ten generale libri al settimo posto, Dimentica il mio nome (Bao Publishing 2014), tre edizioni e oltre 100 mila copie vendute, vincitore del premio libro dell’anno 2014 assegnato dagli ascoltatori della trasmissione radiofonica di Radio 3 Fahrenheit e finalista al premio Strega 2015. L’amico Valerio Mastandrea, dal suo primo libro La profezia dell’armadillo, ha deciso di fare un film. Nel maggio del 2015 ha pubblicato su Repubblica un racconto grafico di sei pagine intitolato La città del Decoro.
• Un blog molto seguito in cui prima pubblicava ogni quindici giorni brevi racconti a sfondo autobiografico (www.zerocalcare.it). Ora però ha «la percezione di aver saturato la gente. Se fossi nel mio pubblico potrei benissimo esclamare “Oh che palle ’sto Zerocalcare”, per cui sto cercando di fare le cose con il contagocce. Adesso “sono andato in Ramadan”, aggiorno meno il blog, non sto più accettando presentazioni, tranne l’ultima del Salone di Torino, non mi muovo più da Roma e la cosa mi ha riportato serenità, sarà poi che io vivo sempre con la sensazione che tutto è al crepuscolo».
• «Ha gli occhi limpidi di un bambino e la timidezza scontrosa di un adolescente» (Stefania Rossini) [Esp 3/4/2015].
• «Nasce realizzando fumetti all’interno del Forte Prenestino occupato di Roma, mentre la sua popolarità se l’è conquistata sul web» (Luca Raffaelli) [Rep 16/1/2013].
• Di madre francese, ha studiato alla Chateaubriand, l’esclusiva scuola francese di Roma: «Ci sono andato perché sono di nazionalità francese, come mia madre, e quindi senza pagare niente. E mi sono sempre tenuto alla larga dagli studenti italiani che vengono messi lì da famiglie un po’ stronze, solo perché fa chic» (Stefania Rossini, cit.).
• Ha lavorato per un anno all’aeroporto di Fiumicino come controllore delle file. Poi ha comincia a disegnare locandine per concerti e copertine di dischi per il circuito dei centri sociali. Ha collaborato come illustratore con diversi giornali, ma si manteneva con traduzioni e ripetizioni di francese. «Vivevo un eterno senso di colpa perché non riuscivo ad ammettere che una passione potesse essere considerata un lavoro. E vivevo e continuo a vivere con senso di colpa il non poter riuscire a star dietro a tutte le richieste che vengono dalle persone a cui mi sento affine, dai miei amici più veri» (Luca Valtorta) [Rep 9/5/2015].
• Ha diffidato tutti i partiti politici dall’usare il suo personaggio e le sue storie per fare propaganda politica, come avevano fatto Sel a Roma e gli universitari del Pd.
• «Quando ero ragazzino leggevo di tutto, fumetti Disney, Cattivik, manga, l’ispirazione me l’hanno data però per il tratto Tank Girl di Jamie Howlett (disegnatore dei Gorillaz – ndr), La mia vita disegnata male di Gipi e Lo scontro quotidiano di Manu Larcenet per le storie di vita quotidiana e minimale. Poi a 17 anni ho sentito che c’era un accanimento nei confronti di chi era stato a Genova, così mi è venuta la spinta a fare un fumetto che raccontasse la mia esperienza al G8. È nata La nostra storia alla sbarra, che fu venduto per raccogliere fondi per aiutare l’iter processuale di 25 persone accusate di devastazione e saccheggi» (Andrea Rinaldi) [Esp 23/5/2014].
• «Tengo un documento word dove segno le cose buffe che mi accadono, quelle che potrebbero diventare spunto per un fumetto» (Luca Castelli) [Sta 1/11/2012].
• L’ispirazione gli viene in ogni momento, «“dalla coda per la spesa a quella al semaforo, e le storie sono quelle che racconta a cena: vecchi compagni di scuola che rovinano i finali dei telefilm, il precariato che sta facendo naufragare due generazioni, la reperibilità perenne a cui ci costringono gli smartphone”. Tutto condito da citazioni erudite e personaggi che incarnano la coscienza, come nel caso dell’Armadillo del titolo, o altri stati d’animo. “Le serie tv mi accompagnano, per me Kenshiro è più reale di Obama e visto che sono l’unico personaggio delle mie storie, quelle emozioni che andrebbero raccontate con le didascalie diventano altri personaggi”» (Andrea Rinaldi) [Esp 23/5/2014].
• Suo orario per disegnare: «In estate dalle 9 di mattina alle 9 di sera, piscio una volta, non pranzo e mangio 200 grammi di pasta all’una di notte» (Luca Pakarov) [Rol 28/9/2013].
• Ha due tatuaggi: sull’avambraccio sinistro c’è scritto «This too shall pass»; sul destro, il famoso monito del fumettista Jack Kirby «Comics will break your heart»: «Paradossalmente ho tatuato queste parole l’anno scorso, proprio quando cominciava ad andarmi bene e ho preso una serie di fregature» (Luca Pakarov, cit.).
• «Un punk pieno di tatuaggi (“Me sò fatto i tatuaggi per sembrà meno sfigato”), “timido come una suora orsolina” e “sociopatico” (così si descrive), lettore onnivoro di Gipi e Boulet, divoratore di plum cake e nerd. E che in più gli schifano “il 90% degli autori che lavorano per Bonelli e Panini”» (Dagospia).
• È cresciuto a Rebibbia, dove ancora vive: «Sto bene lì, non c’è niente di interessante, mi sembra perfetto». Qui nel suo quartiere, fra il 2 e il 3 dicembre 2014, ha realizzato un murale di 40 metri quadrati nei pressi dell’uscita della metropolitana.
• Ha scelto il soprannome ascoltando uno spot (Andrea Rinaldi, cit.).
• Nel 2015 ha scritto e disegnato per Internazionale un reportage a fumetti, intitolato Kobane Calling, incentrato sul conflitto tra curdi e Stato islamico in corso lungo il confine turco-siriano: «Ma non ci sono mica andato per fare il grafic journalism! In quel momento la mia vita virava verso Kobane perché si era messa in moto una campagna di solidarietà. Così ho pensato di ambientarci una storia. Una volta lì, ho anche scoperto che è l’unico luogo, dopo il mio quartiere di Rebibbia, dove potrei vivere tranquillo.
(…) Se i curdi riuscissero a realizzare pienamente quello che stanno mettendo in piedi a Kobane, non esiterei un attimo a stabilirmici. Lì c’è una rivoluzione che mette al centro la donna, la redistribuzione del reddito, l’ecologia. Non dovremmo soltanto aiutarli, ma copiarli! E poi a Kobane ho finalmente dormito otto ore di seguito, per terra, in un sacco a pelo, con il rumore ravvicinato delle bombe. Io, che sono un insonne cronico capace di stare sveglio tre notti di seguito, fino alle allucinazioni» (Stefania Rossini) [Esp 3/4/2015].
• Non beve, non fuma, niente droga né sesso occasionale. «Faccio parte di quella branca dei punk, gli straight edge, che non assume sostanze che creano dipendenza. Su questo siamo dei veri combattenti».