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 2013  maggio 02 Giovedì calendario

Biografia di Domenico Quirico

• Asti 18 dicembre 1951. Giornalista. Della Stampa. Dopo la laurea in Giurisprudenza ha iniziato a scrivere nel 1980 per La Stampa, alla redazione provinciale di Asti. È stato caposervizio degli Esteri, poi corrispondente da Parigi, ora inviato.
• Negli ultimi anni ha raccontato il Sudan, il Darfur, la carestia e i campi profughi nel Corno d’Africa, l’Esercito di Resistenza del Signore in Uganda, ha seguito le Primavere Arabe, dalla Tunisia all’Egitto, è stato più volte in Libia per testimoniare la fine del regime di Gheddafi. Da ultimo ha coperto per tre volte la guerra in Mali, è stato in Somalia e più volte in Siria.
• Nell’agosto 2011, nel tentativo di arrivare a Tripoli, è stato rapito insieme ai colleghi del Corriere della Sera Elisabetta Rosaspina e Giuseppe Sarcina e di Avvenire Claudio Monici. Nel sequestro è stato ucciso il loro autista e dopo due giorni i giornalisti sono stati liberati. «Io avevo addosso questa maglietta del Paris St Germain e all’inizio mi hanno preso per francese. Mi gridavano “Sarkozy assassino”, mi hanno dato un colpo in testa con il calcio di un fucile».
• Ad aprile 2013 è scomparso in Siria. L’ultimo contatto il 9 aprile. È entrato dal Libano il 6 aprile, diretto a Homs e poi a Damasco. Nell’ultimo sms diceva di essere sulla strada verso Homs, cittadina bombardata più volte dal regime e ora controllata da Hezbollah, che sostiene Assad. Aveva detto, prima di partire, che per una settimana non avrebbe dato notizie, così fino al 15 aprile non è stato dato l’allarme. Poi sono iniziate le ricerche. Il 6 giugno il primo contatto: una telefonata alla moglie in cui diceva di stare bene e di essere stato rapito. Poi di nuovo il silenzio. È stato liberato l’8 settembre 2013. Con lui rilasciato anche il collega cittadino belga Pierre Piccinin, erano partiti insieme. Le sue prime parole: «È come se fossi vissuto per cinque mesi su Marte. E ho scoperto che i marziani sono cattivi. Ho appreso solo oggi chi è il nuovo presidente della Repubblica. In prigionia? Non mi hanno trattato bene»; «Ho cercato di raccontare la rivoluzione siriana, ma può essere che questa rivoluzione mi abbia tradito. Non è più la rivoluzione laica di Aleppo, è diventata un’altra cosa».
• «Domenico Quirico, inviato di guerra della Stampa, incontrò il male l’8 aprile 2013, in Siria. Dopo le prime settimane gli scontri della guerra civile nel paese avevano preso un andamento casuale e confuso, le alleanze non sembravano così certe e non si capiva bene chi stava con chi. E molti gruppi si erano trasformati in bande di razziatori e di briganti. Lo scopo di Quirico era di chiarire tutto questo. Il nostro inviato era partito insieme a un altro giornalista, il belga Pierre Piccinin da Prata. Arrivati in Siria gli dissero che non sarebbe stato possibile raggiungere Damasco. Il giorno dopo i due giornalisti decisero comunque di mettersi in viaggio per la capitale siriana, ma appena usciti dal paese la loro macchina fu bloccata da un pickup da cui scesero due energumeni, che li massacrarono di pugni e calci. E poi ripartirono a tutta velocità portandoli in una località dove le case erano adibite a carceri. (...) Fin dall’inizio i maltrattamenti e le torture furono brutali e prolungati. Così, nei pochi momenti in cui riuscivano a ragionare, Quirico e Piccinin arrivarono alla convinzione che non l’avrebbero scampata. Altrimenti non avrebbero avuto interesse a “guastare la merce”. Questa sensazione di essere alla fine era acuita dal comportamento e dall’aspetto dei carcerieri, dalle facce lombrosiane da killer che si comportavano di conseguenza. Avevano un modo di torturare spontaneo, quasi naturale, era una routine per loro. Non è stata una galera, è stato un calvario durato centocinquantadue giorni» (Stefano Malatesta) [Rep 27/11/2013].
• «Siamo abituati ai silenzi di Domenico, che si ripetono quasi in ogni suo viaggio, tanto che l’ultima volta che era stato in Mali non lo avevamo sentito per sei giorni. Fanno parte del suo modo di muoversi e di lavorare... La sua strategia è viaggiare da solo, tenendo un profilo bassissimo e mimetizzandosi tra le popolazioni» (Mario Calabresi) [Sta 30/4/2013].
• «Un inviato dalla penna lieve e con esperienza da vendere. Ha girato il mondo raccontando guerre e rivoluzioni, rispetta le precauzioni più severe ma non si ferma davanti a nessun pericolo, per raccontare il lato oscuro del mondo. Era stato sotto le bombe ad Aleppo quando l’attacco era più duro e i colleghi si tenevano a distanza: “Vivo all’ospedale, camera 301. La guerra non la devo cercare, la guerra viene da me, ogni ora del giorno”» (Paolo G. Brera) [Rep 30/4/2013].
• Sposato con Giulietta, due figlie, Eleonora e Metella.
• Ha scritto diversi libri: Squadrone bianco (Mondadori 2004), Generali (Mondadori 2007), Naja. Storia del servizio di leva in Italia (Mondadori 2008), Primavera araba. Le rivoluzioni dall’altra parte del mare (Bollati Boringhieri 2011), Gli ultimi. La magnifica storia dei vinti (Neri Pozza, 2013), Il paese del male. 152 giorni in ostaggio in Siria (con Pierre Piccinin da Prata, Neri Pozza, 2013).
• Grande appassionato della storia e della società africana. Nel tempo libero si diletta con la maratona («Ne ho fatte più di trenta») e con la letteratura latina («Soprattutto gli autori della decadenza, quelli che non si studiano a scuola»).