29 aprile 2013
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Biografia di Graziano Delrio
• Reggio Emilia 27 aprile 1960. Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti nel governo Gentiloni (dal 12 dicembre 2016) e nel precedente governo Renzi (2015-2016), esecutivo nel quale era stato fino ad allora sottosegretario alla Presidenza del Consiglio. Ministro per gli Affari regionali e le Autonomie del governo Letta (2013-2014). Sindaco di Reggio Emilia dal 2004 al 2013. «Tra me e Matteo c’è la stessa differenza che esiste tra la fisica newtoniana, funzionante ma prevedibile, e la fisica quantistica. Lui fa politica quantistica. Introduce un elemento di imprevedibilità legata all’individuo che è importantissimo, anche se ogni tanto ti manda al manicomio» (a Vittorio Zincone) [Set 18/4/2014].
• Laureato in Medicina e specializzato in Endocrinologia.
• «È uno che ha vissuto sulla propria pelle l’egemonia del Pci-Pds-Ds nell’Emilia rossa. Di famiglia comunista, a vent’anni si convertì al cristianesimo. Da sindaco di Reggio Emilia si è dovuto scontrare con l’apparato dell’ex partitone rosso» (Giovanni Cocconi) [Eur 10/12/2013]. «I miei nonni sono stati seppelliti sulle note dell’Internazionale. Mio padre era muratore e del Pci. Io, come tutti, da ragazzino distribuivo l’Unità. Dove andavo a scuola, a Rosta Nuova, era stata costruita una grande biblioteca e una giovane professoressa delle medie, Luisa, mi introdusse al piacere della lettura e, con il Vangelo, alla sensibilità cristiana» (Zincone) [cit.].
• È cresciuto nel quartiere della Rosta Vecchia: «Ricordo la gioia di quando ero piccolo: la mia era una famiglia povera, e poter avere i libri da una biblioteca fu una grande conquista che mi ha fatto crescere» (Dario Giordo) [Gazzetta di Reggio 29/1/2012].
• «Questo personaggio originale nasce da lombi modesti. A tal punto che un avo, per sprovvedutezza, dichiarò all’anagrafe di chiamarsi Delrio, tutto unito, anziché Del Rio, staccato, come avrebbe dovuto. E così è rimasto. Il padre, gramo imprenditore edile, aveva solo la terza media e ci teneva che il figlio studiasse. Era comunista e sui preti la pensava come Peppone. Graziano però crebbe in parrocchia e ne fu impregnato. La sua era quella di San Pellegrino, nella periferia di Reggio Emilia dove abitava. La guidava don Giuseppe Dossetti jr, omonimo e nipote del Dc. Anche lui, come il congiunto, era (ed è) un cattolico democratico, cioè di sinistra. Di qui, scaturisce il Delrio che conosciamo, compresa la prolificità caratteristica dei parrocchiani di don junior. (…) In parrocchia, Delrio ha dato i primi calci al pallone, diventando un promettente mediano. Fece anche con successo un provino col Milan. Ma un po’ perché era interista e un po’ per gli studi, si è accontentato di giocare nel Montecavolo, romantico nome di una squadra locale. Questi trascorsi spiegano perché Letta, messa alla porta Josepha Idem, abbia affidato a lui la delega allo Sport. Delrio si è laureato in Medicina e per anni ha carezzato l’idea di diventare un nome dell’endocrinologia perfezionandosi a Tel Aviv e in Inghilterra e occupando un posto di ricercatore nell’Università di Modena e Reggio. La politica lo ha afferrato con la Seconda Repubblica, alle soglie dei quarant’anni. Comunista non era e democristiano non voleva essere. A stuzzicarlo è stato prima il Ppi, modesto succedaneo della Dc voluto da Mino Martinazzoli, poi la Margherita. Così, tra un figlio e l’altro, divenne consigliere comunale, poi regionale mentre gettava alle ortiche le velleità accademiche. Entrato nelle grazie di Pierluigi Castagnetti, il principale politico margheritino dei luoghi, tentò il colpo gobbo: diventare il primo sindaco non comunista di Reggio Emilia che nel dopoguerra era sempre stata guidata dai rossi. Gli ex comunisti, nonostante l’alleanza Ds-Margherita, si opposero a lungo alla candidatura, cedendo solo in extremis. Eletto nel 2004 con buon margine, Graziano proclamò che avrebbe preso a modello Giorgio La Pira, sindaco dossettiano di Firenze mezzo secolo prima. Basterà sapere, per capirne i gusti, che La Pira, detto “il sindaco santo”, aveva le visioni e parlava con gli angeli» (Perna) [Grn 29/7/2013].
• Eletto sindaco di Reggio Emilia alle Comunali del 12 e 13 giugno 2004 al primo turno con il 63,2% dei voti, quindi riconfermato in quelle del 6 e 7 giugno 2009, sempre al primo turno con il 52,5% dei voti. È il primo sindaco di Reggio dal 1945 a non aver militato nel Pci.
• Dal 5 ottobre 2011 al 28 aprile 2013 alla guida dell’Anci, succeduto a Sergio Chiamparino. Da presidente dell’Associazione dei sindaci ha condotto mesi e mesi di battaglia sul gettito dell’Imu, sui tagli ai bilanci comunali e sui pagamenti bloccati della Pa.
• «È stato il primo a farlo. Il primo a dire, da una posizione di forza, “mi stacco dal passato e ci provo con il futuro”. Era l’estate del 2012: Graziano Delrio era sindaco di Reggio Emilia, presidente dell’Anci (l’Associazione dei Comuni italiani), e a pochi mesi dalle primarie nel Pd scelse di cambiare verso, contro Bersani, e di appoggiare Renzi. Fu l’unico dei big del partito a farlo. Poi tutto è successo rapidamente. Il governo con Enrico Letta (ministro degli Affari regionali). Il passaggio di mano a Renzi (oggi è il sottosegretario alla presidenza del Consiglio). Il rapporto con Giorgio Napolitano (il quale ha così tanta stima di Delrio che lo avrebbe ben visto, da tempi non sospetti, come suo erede al Quirinale). E, ovviamente, il filo con tutti i vecchi del Pd (in primis Romano Prodi)» (Claudio Cerasa) [GQ 2/2015].
• Il 12 marzo 2013, prima di essere eletto ministro, aveva detto al Foglio: «Inutile prenderci in giro: l’ipotesi di un governo appoggiato da Grillo non mi sembra solidissima, diciamo, e l’idea di fare un governicchio sostenuto dagli stessi onorevoli del Pdl che hanno occupato il tribunale di Milano mi fa sorridere. L’unica soluzione che vedo è votare a ottobre, lasciando a Palazzo Chigi l’attuale governo e facendolo guidare o da Monti o da un altro ministro dell’esecutivo. Altre soluzioni non ci sono».
• Unico renziano nel governo Letta, come ministro degli Affari regionali ha all’attivo «una riforma delle Province prima molto celebrata e poi sparita dalla lista dei successi da attribuire al renzismo perché crea 20 mila esuberi da ricollocare» (Stefano Feltri) [Fat 3/4/2015].
• Nel febbraio 2014, spodestato Letta e conquistata la guida del governo, «Renzi voleva Delrio al ministero dell’Economia (“perchè ci deve andare un padre di famiglia”), ma si scontrò con le resistenze del capo dello Stato» (Paolo Emilio Russo) [Lib 3/4/2015]. Divenuto quindi sottosegretario del Rottamatore, «Delrio doveva essere il Gianni Letta di Matteo Renzi a Palazzo Chigi, ma il ruolo è stato occupato da un tandem di toscani. Uno pensa alle nomine, l’altra fa le leggi. Uno, il Lotti, inteso come Luca, sottosegretario, il “fratello minore” di Renzi (Delrio è il “maggiore”), gestisce il potere. L’altra (Antonella Manzione – ndr) deve trasformare i tweet di Renzi in realtà e del Letta originale ha ereditato l’invisibilità» (Marco Damilano) [Esp 12/9/2014].
• A lungo annoverato tra i possibili candidati al Quirinale dopo le dimissioni di Napolitano, nel gennaio 2015 Delrio fu invece tra i principali artefici dell’elezione di Sergio Mattarella, che presentò per la prima volta al presidente del Consiglio Renzi. «Con pazienza certosina gli ha fatto capire che, alla fine della festa, era l’unico nome spendibile se non si voleva trovare di fronte alla solita selva di scudi alzati e di polemiche» (Il Foglio) [5/2/2015].
• «Visto con l’angolo visuale del premier, Delrio è considerato personaggio spigoloso nel carattere, con un profilo diverso da quello del presidente del Consiglio, ma gran lavoratore, conoscitore della macchina amministrativa e comunque sempre leale con Renzi. Il premier lo avrebbe lasciato al suo posto, ha accarezzato l’idea di affidare il ministero a Roberto Speranza, attuale capogruppo alla Camera, ma alla fine ha puntato su Delrio, che da parte sua è ben felice di assumere la guida di un ministero di punta come le Infrastrutture. Probabilmente, ma su questo non è mai trapelato nulla, Delrio ha assecondato il trasloco anche perché cominciava a vivere con una certa “stanchezza” la sua permanenza a Palazzo Chigi e la non perfetta simmetria col suo premier» (Fabio Martini) [Sta 1/4/2015].
• «Pochissime le sue gaffe nei due anni e mezzo in prima fila e, tra queste, quel microfono lasciato aperto mentre, in conferenza stampa per parlare di sanità, sussurrava a Sergio Chiamparino “Continua tu: a me non me ne frega un cazzo”. Durante una trasmissione tv nel febbraio scorso, il sottosegretario si lasciò scappare che il governo stava considerando di tassare i Bot, subito smentito dal “titolare”: “Non è prevista alcune nuova tassa”. Ultimamente, forse insofferente per il troppo peso di Luca Lotti, Maria Elena Boschi e il “giglio magico”, Delrio promuove con Matteo Richetti, Lorenzo Guerini e Angelo Rughetti un embrione di corrente, i “cattorenziani”. Forse è questa la decisione che gli è costata il posto a Palazzo Chigi» (Russo) [cit.].
• «Da ministro delle infrastrutture e trasporti, Delrio ha scelto come parole chiave la “cura del ferro” e l’intermodalità e ha lavorato al rinnovo della struttura tecnica di missione con indirizzo strategico, alla realizzazione del nuovo codice degli appalti, alla riforma dei porti, ha firmato l’aggiornamento del contratto programma di Anas e Rfi, ha consentito lo sblocco del finanziamento dei corridoi Ue (tra cui il Terzo Valico), contribuito al rinnovo e rafforzamento di ecobonus e sismabonus. Inoltre, vanno ricordati per gli aeroporti la revisione delle tasse d’imbarco; sul fronte ferroviario la velocizzazione delle ferrovie del Sud con lo sblocco della Napoli-Bari; il proseguimento dei lavori sulla Salerno-Reggio Calabria; il finanziamento per le ciclovie turistiche; il project review di diversi progetti, tra cui Torino-Lione, passante di Bologna e Av di Firenze. Per i prossimi mesi lo aspettano diversi dossier caldi: dalla situazione di Alitalia, alla fusione tra Fs e Anas; ci sono poi da completare le nomine nelle Autorità di Sistema dei porti; il rinnovo del parco mezzi regionali e linee regionali previsti con le due leggi di stabilità; l’inaugurazione della Salerno-Reggio Calabria; la riforma del tpl; il Piano per gli intercity; il correttivo per il codice degli appalti; il piano metropolitane. Potrebbe rispuntare anche il Ponte sullo Stretto, se il governo Gentiloni deciderà di portarlo avanti» (Il Messaggero) [12/12/2016].
• «Sul telefonino di Delrio, quando chiama Renzi, compare il nome Mosè e sul telefonino di Renzi, quando chiama Delrio, appare Ietro, che di Mosè fu suocero, e discreto consigliere politico. La coppia funziona tanto è diseguale. Renzi attacca lo spazio, direbbe un cronista di calcio. Delrio da ragazzo era un ottimo libero, lo chiamavano il “metronomo del Montecavolo”, che era il nome della sua squadra, era il regista della difesa. Brillante, scoppiettante Renzi. Pacato, riservato Delrio. Alla cronaca c’è questa sua battuta, in risposta alla domanda: lei è renziano? “No, sono Graziano”. Un irriverente sito di Reggio Emilia lo chiamava “Graziano mio Dio”, per dire quanto sia timorato» (Andrea Garibaldi) [Cds 20/2/2014].
• «Magro come un chiodo ma pieno di energie, Graziano Delrio è onnipresente e dichiara, dichiara, dichiara. Usa il tono perentorio di chi sa il fatto suo. È quel che si dice un tipo antiproblematico. Ha convinzioni su tutto, di tutto parla e si contraddice senza rimorsi. Graziano, detto Cido negli ambienti parrocchiali di Reggio Emilia di cui è da sempre assiduo, è un simpatico Giamburrasca con barbetta. Gode a mettere i piedi nel piatto e a fare dichiarazioni che mandano in bestia. Le stilettate, apparentemente casuali, sono in realtà dirette a gente del suo mondo – sinistra e cattolici – per motivi che capiscono solo loro. (…) Mise quasi in crisi il governo definendo insensato l’acquisto degli F35. Il bersaglio era il ministro della Difesa, Mario Mauro, favorevole agli F35 e cattolico di obbedienza ciellina, ossia agli antipodi del dossettismo (dal monaco e politico Dc Giuseppe Dossetti) professato da Delrio. Come dire: tu di Cl sei guerrafondaio; io, cristiano sociale, sono irenista. Quando il segretario Pd, Pier Luigi Bersani, propose Franco Marini per il Colle, Graziano si schierò invece per Prodi contribuendo al casino istituzionale che ha propiziato il bis di Napolitano. D’altronde, non stravede per Bersani (robe tra emiliani) e alle primarie ha votato Matteo Renzi, di cui oggi è considerato un alfiere. Malgrado il suo grilloparlantismo, Cido non è però mai spocchioso, neppure con gli avversari del centrodestra. Tanto che, quando si è posto il problema dell’incompatibilità tra ruoli di ministro e sindaco, diversi del Pdl erano a favore del doppio incarico, vietato però per legge» (Giancarlo Perna) [cit.].
• Di sé dice che «ha respirato i valori della sinistra riformista, del cattolicesimo democratico e dell’impegno sociale. Con l’Associazione Giorgio La Pira, di cui è stato fondatore e presidente, ha promosso iniziative culturali e di solidarietà».
• Sempre sorridente, ottimo carattere. «Tutti a Palazzo Chigi giurano di averlo visto più di una volta impegnato a fare silenziosi esercizi di yoga durante i Cdm» (Cerasa) [Il 22/5/2014].
• Il 23 luglio 2014, quando il relitto della Costa Concordia lasciò l’Isola del Giglio alla volta di Genova, Delrio, presente sull’isola, commentò: «Siamo un Paese che sa imparare dai suoi errori, anche da quelli dei singoli. Il Paese ha fatto sistema per rimediare all’errore di un singolo che tutta la comunità ha pagato. Questa partenza dice che c’è una possibilità per questo Paese: stringersi e trovare insieme le soluzioni e dare una speranza è un’occasione nuova per guardare al futuro con ottimismo».
• Sposato con Annamaria. Hanno nove figli: Emanuele, Elisabetta, Luca, Sara, Michele, Benedetta, Maria Chiara, Teresa, Giovanni. «Non c’è stato nulla di pianificato. Sono arrivati, e diciamo pure che con mia moglie ci siamo aiutati e perdonati» [Giordo, cit.]. «L’ha impalmata a ventidue anni poiché portava in grembo il primo marmocchio. Giunti al nono hanno detto basta perché, nel frattempo e in rapida successione, erano morti i nonni che tanto avevano contribuito alla cura del vivaio» (Perna) [cit.]. «L’attività più frequente degli ultimi trent’anni della mia vita è stata leggere le fiabe di Italo Calvino ai miei figli. Ogni sera una diversa. I più grandi a un certo punto mi hanno invitato a “non rompere i maroni”» [Zincone, cit.].
• In vacanza vanno solo «in appartamento o in zone dove non ci sono prezzi proibitivi. Sempre periodi brevi, però. Un tempo metà di noi andava in macchina e l’altra metà in treno. Poi i figli grandi hanno cominciato a viaggiare per conto loro, anche se adesso hanno ricominciato a voler venire con noi» (Davide Nitrosi) [Rdc 1/11/2005].
• Al mattino ci vuole organizzazione: «Gli orari in cui ci si alza sono diversi. I primi siamo mia moglie ed io, alle 6.30, assieme ai più piccoli. I grandi, che vanno già all’università, si alzano un po’ più tardi. Anche troppo, forse…». Alla cucina «ci pensano mia moglie e le figlie più grandi. Un chilo di pasta è sufficiente, riusciamo a soddisfare tutti, e per sparecchiare si fa a turno, anche se bisogna scriverli». Le decisioni invece «le discutiamo coi figli più grandi, ma anche i piccoli possono partecipare. D’altra parte, i bambini non devono essere considerati solo dei vasi da riempire: hanno la loro intelligenza e contribuiscono alla vita della comunità» [Giordo, cit.].
• Rispetto alla sua attività politica, i figli «mi sostengono tutti. Ma una delle ragazze mi ha detto che le sta simpatico Casini. E il più grande guarda alla sinistra del Pd» [Zincone, cit.].
• Un labrador di nome Lapo.
• Amante della montagna, è appassionato alpinista. Tifa Inter.