La Gazzetta dello Sport, 18 aprile 2013
Gli ultimi nomi usciti fuori sono quelli di Franco Marini e Sergio Mattarella. L’Ansa, a un certo punto, aveva sostenuto che Bersani avesse presentato a Berlusconi una rosa di tre candidati: in ordine alfabetico, Giuliano Amato, Massimo D’Alema, Franco Marini
Gli ultimi nomi usciti fuori sono quelli di Franco Marini e Sergio Mattarella. L’Ansa, a un certo punto, aveva sostenuto che Bersani avesse presentato a Berlusconi una rosa di tre candidati: in ordine alfabetico, Giuliano Amato, Massimo D’Alema, Franco Marini. Si sapeva che in realtà doveva esserci anche il nome di Anna Finocchiaro, che aveva preteso, quasi a mo’ di riparazione, che la sua candidatura non venisse cassata dopo l’attacco di Renzi. Il Pd ha smentito la circostanza della rosa a tre, ma verso le sette di sera è cominciato a girare con una certa insistenza il nome di Sergio Mattarella, ex dc di sinistra, figlio di Bernardo, democristiano famoso, fratello di Piersanti, presidente della Regione Sicilia ammazzato dalla mafia, più volte ministro e vicepresidente del Consiglio nel I governo D’Alema, titolare del sistema elettorale in vigore prima del Porcellum e tra gli autori del documento fondativo del Pd, oggi giudice costituzionale, nominato dal Parlamento nel 2011. Sembrava questo il nome coperto che Bersani avrebbe proposto all’ultimo momento. Ma è passata un’ora ed è arrivata la notizia – non confermata – che Berlusconi avrebbe scelto Franco Marini, e che quindi stamattina Pd, Pdl e Scelta Civica (cioè Monti, che vota solo un candidato condiviso tra Pd e Pdl, quindi niente Prodi) proveranno a far salire al Quirinale l’ex capo della Cisl e poi presidente del Senato. Per riuscirci ci vogliono 672 voti, i due terzi dei 1007 aventi diritto.
• Ce la possono fare?
Impossibile saperlo. Franco Marini, 80 anni compiuti martedì della settimana scorsa, è tra i rottamati di Matteo Renzi, da ultimo con una lettera a “Repubblica” in cui il sindaco di Firenze contestava il criterio secondo cui al Quirinale, dopo due laici, deve andare un cattolico. Lettera uscita su “Repubblica” lunedì scorso, titolata «Non basta la fede per salire al Colle» e in cui si leggeva tra l’altro: «Due mesi fa Marini si è candidato al Senato della Repubblica dopo aver chiesto (e ahimè ottenuto) l’ennesima deroga allo Statuto del Pd. Ma clamorosamente non è stato eletto. Difficile, a mio avviso, giustificare un ripescaggio di lusso, chiamando a garante dell’unità nazionale un signore appena bocciato dai cittadini d’Abruzzo». E poi: «Mi sembra invece gravissimo e strumentale il desiderio di poggiare sulla fede religiosa le ragioni di una candidatura a custode della Costituzione e rappresentante del Paese». Marini ha risposto ricordando di non aver mai messo, sul piatto delle proprie benemerenze politiche, la fede. In ogni caso, mettere in lizza Marini significa alzare il livello dello scontro con Renzi. In questa scelta vedo anche lo zampino della furibonda Finocchiaro.
• Significa che potrebbe esserci una parte del Pd che lo boccia.
Proprio così. D’altra parte, come abbiamo scritto ieri, un’ottantina di franchi tiratori democratici sono garantiti qualunque sia il nome prescelto.
• Che significa “franchi tiratori”?
Sono i parlamentari che, profittando del segreto dell’urna, votano in modo diverso da quanto hanno stabilito le segreterie. Le scelte dei franchi tiratori hanno fatto la storia delle elezioni presidenziali (e non solo). Pensi che Fanfani e Andreotti, avendo sputato sangue in tempi diversi per salire al Colle, non ci sono mai riusciti, proprio grazie a questi tradimenti segreti.
• Che mi dice di quest’altro nome nuovo, cioè Sergio Mattarella?
È rispuntato a un tratto ieri sera, dopo aver ballonzolato sulle pagine dei quotidiani già la settimana scorsa. Candidatura di tutto rispetto: giurista – ha insegnato Diritto parlamentare a Palermo – ha una bella carriera politica alle spalle che abbiamo riassunto nelle righe iniziali. Pare che Berlusconi abbia preso in considerazione seriamente la sua candidatura e che ieri sera lo abbia addirittura chiamato al telefono. E però mi pare un po’ troppo di sinistra per piacere al Cavaliere. Non so, a suo tempo prese anche posizione contro la base Usa di Vicenza. Soprattutto, nel 1990, si dimise da ministro della Pubblica Istruzione per protestare contro l’approvazione della legge Mammì che regolava il mercato televisivo. «Legge fatta per una sola persona!» gridò. E indovini chi era quella persona.
• L’aria è che, chiunque sia veramente il prescelto, avrà vita dura nella prima fase della contesa.
Marini avrà contro i voti dei renziani e, a logica, anche i voti di Vendola, che ieri s’è scagluato contro ogni ipotesi di inciucio con il Cav. E il nome di Marini, appunto, è il petalo scelto da Berlusconi nella rosa offerta da Bersani. Ma è proprio questo che non vuole una parte del Pd: che il presidente sia il risultato di un accordo tra i democratici e il Pdl. Una parte del Pd, con Grillo, vuole un accordo contro Berlusconi, poco importa che difficilmente un nome scelto così possa definirsi “presidente di tutti”. Dietro l’angolo, a interpretare questa parte, c’è Stefano Rodotà, la terza scelta dei grillini che ieri, dopo la rinuncia di Gabanelli e di Strada, ha fatto sapere di essere pronto.