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 2013  aprile 16 Martedì calendario

Parte l’impeachment: «Cossiga, ti accusiamo»

la Repubblica, sabato 7 dicembre 1991
Il timer dell’impeachment è partito. Le 19 cartelle della denuncia del Pds contro il capo dello Stato sono state trasmesse ieri al comitato parlamentare per i procedimenti di accusa. E’ la rassegna degli elementi di fatto che configurano, secondo Botteghe Oscure, il reato di attentato alla Costituzione. Ma è anche l’innesco di un nuovo meccanismo di pressione sul Quirinale. Perché rende più difficile - almeno sul piano dell’opportunità - la decisione di sciogliere a gennaio un Parlamento ormai in procinto di votare sul capo dello Stato. La previsione corrente al comitato - che ha ricevuto ieri anche una nuova denuncia del senatore Pierluigi Onorato - è infatti che prima di Natale i commissari decideranno l’archiviazione della richiesta di impeachment. Ma è certo che entro 10 giorni i gruppi parlamentari della Quercia raccoglieranno le 239 firme necessarie per sottoporre la questione al voto delle Camere. Ed è altamente probabile che se anche - presumibilmente a fine gennaio - il Parlamento ratificherà le decisioni del comitato, il Pds tornerà a raccogliere le firme per sollecitare comunque un nuovo voto sull’apertura o meno dell’istruttoria. In questo scenario, la decisione autonoma di "mandare tutti a casa" darebbe l’impressione di un colpo di mano interessato da parte del Quirinale. E dunque, sottolineano alla Camera, proprio la richiesta di impeachment potrebbe rendere più agevole il tentativo di far stare Cossiga nei "limiti" invocati ieri anche dal Psi. Per il Pds, quei limiti sono stati da tempo superati. Anzi: la tesi centrale della denuncia - messa a punto e sottoscritta dalle presidenze dei gruppi di Camera e Senato sulla base della bozza stilata da Luciano Violante - è che Francesco Cossiga li abbia "intenzionalmente" varcati per "modificare la forma di governo". E questo, estendendo "le proprie funzioni e prerogative" ben oltre quelle assegnate dalla Costituzione al capo dello Stato, con una "concatenazione logica e temporale" di atti e comportamenti. Le ragioni della denuncia. Il presidente viene accusato di aver "interferito illegalmente nelle attività del Legislativo, dell’Esecutivo e del Giudiziario", e di aver avviato "l’esercizio di una propria funzione governante": che è "inammissibile", "autoritaria" perché non regolata, e "altamente pericolosa perché non sostenuta da alcuna responsabilità politica". Cossiga, sostiene il Pds, ha aperto un "incostituzionale circuito tra partiti e presidente", e assunto comportamenti da "capo di un partito" violando "un inderogabile dovere di imparzialità". Il tutto, avverte il documento, nella "piena consapevolezza" di essere "al di fuori dell’ordinamento costituzionale". Con la "strumentalizzazione" dei media "per conquistarsi una parte dominante nei conflitti da lui stesso aperti". E con uno schema fondato sull’"ambiguità", fatto di dure accuse e poi della denuncia delle reazioni come "persecuzioni". Per questo, l’impeachment è la via "corretta" per rimuovere "un fattore decisivo di confusione istituzionale" e impedire che "possano consolidarsi prassi di prevaricazione e di interferenza". Il cambiamento della forma di governo. Dopo aver riassunto le funzioni e i poteri legittimi del presidente della Repubblica, la denuncia replica alle critiche di chi scorge nel tentativo di colpo di Stato l’unico possibile "attentato alla Costituzione". Il golpe, ammette il documento, è la "massima forma" di attentato alla Costituzione. Ma in realtà, proprio per i poteri di cui dispone il capo dello Stato, il reato "di regola non si consumerà con un colpo di Stato nelle forme classiche". E si concretizza, invece, in "ogni atto seriamente diretto, non a compiere un ‘ semplice’abuso, ma ad alterare illegittimamente i rapporti tra i poteri dello Stato". L’attentato alla Costituzione. E’questo ciò che la quarta parte della denuncia tenta di dimostrare, affermando che Cossiga "si è fatto portatore di un personale disegno per la soluzione della crisi italiana che prevede lo scavalcamento delle regole fissate dalla Costituzione per modificare la forma di governo e la stessa Costituzione". Di qui, il riferimento alle norme del codice penale che integrano l’articolo 90. A cominciare dall’articolo 283, che indica in chi commette "fatti diretti a mutare la Costituzione o la forma del governo con mezzi non consentiti" l’autore di un attentato alla Costituzione. Usurpazione di potere politico. A norma dell’articolo 287, Cossiga ha "usurpato un potere politico" di pertinenza del Parlamento quando ha minacciato di non firmare, e di fatto non ha ancora firmato, la proroga della Commissione stragi; condizionando il confronto sul disegno di legge Mancino sul Csm; minacciando lo scioglimento delle Camere "con un atteggiamento sanzionatorio", e come se la decisione dipendesse solo da lui. Attentato contro organi costituzionali. Il presidente ha "gravemente interferito nell’attività di governo". Nel novembre ‘ 90 bloccò la creazione del comitato di saggi su Gladio, già decisa dal Consiglio di gabinetto, minacciando l’"autosospensione" (che non ha "fondamento costituzionale") propria e di l’"autosospensione" (che non ha "fondamento costituzionale") propria e di Andreotti. Nella primavera scorsa, si oppose all’ingresso del Pri nell’esecutivo in base al "singolare principio" dell’omogeneità di giudizi tra governanti e Quirinale. E poi impedì la risposta a quattro interpellanze del Pds sui suoi comportamenti. Secondo il Pds, Cossiga ha tentato di "condizionare procedimenti penali in corso". Ha offeso il procuratore aggiunto di Roma Coiro per la sua richiesta di archiviazione (ancora non decisa dal giudice) per Ruggero Orfei, accusato di spionaggio, e - "ripetutamente" - il giudice Casson, che indagava su Gladio: un tentativo di "delegittimare i magistrati che prendono decisioni a lui sgradite, con l’aggravante, nel secondo caso, che la decisione lo riguarda direttamente". E ha usurpato un "potere di risoluzione di conflitti che non gli compete", quando ha convocato i procuratori generali della Sicilia per "ricevere informazioni" coperte dal segreto istruttorio sulle accuse di Orlando alla magistratura. Violenza o minaccia a un’autorità pubblica riunita in collegio. E’il caso Csm. Anziché sollevare il conflitto dinanzi alla Consulta, il capo dello Stato ha impedito la seduta del Consiglio, minacciando in caso contrario l’intervento della forza pubblica. E ha comunque inviato "un elevato contingente di forze dell’ordine" alla seduta successiva, seguita in "diretta" radiofonica. Si tratta di poteri che non poteva esercitare "da presidente di un collegio contro gli stessi componenti dell’organo collegiale".

Stefano Marroni