Rassegna, 16 aprile 2013
Pietro Maso torna libero
• Dopo 22 anni di carcere Pietro Maso è tornato libero. Era stato condannato a 30 anni e due mesi per l’uccisione dei genitori avvenuta la notte del 17 aprile 1991 nella loro casa di Montecchia di Crosara, in provincia di Verona. La sua pena è stata poi ridotta di 1.800 giorni per buona condotta e tre anni per effetto dell’indulto. Ad attenderlo fuori dal carcere di Opera ieri c’erano le sorelle Nadia e Laura. Ora Maso andrà ad abitare a Milano, con la moglie Stefania, tatuatrice, conosciuta via lettera e sposata nel 2008.
• «Abiezione, espiazione, confessione. Questa, nell’ipotesi migliore, la parabola morale suggerita dall’agghiacciante cronologia. Autoaffermazione violenta, detenzione, autocelebrazione promozionale. Questa l’ipotesi peggiore. In linea, purtroppo, con la perizia di “ipertrofia narcisistica” formulata da Vittorino Andreoli all’epoca del processo (“Padre e madre percepiti solo come un salvadanaio da cui prelevare quando serviva, e da rompere se il bisogno lo richiedeva” scrisse allora lo psichiatra). Una perizia che poteva valere, in senso lato, per un’intera generazione o, comunque, per una sua parte, la parte maledetta che dimora in ciascuno di noi. Il nodo tragico di tutta questa vicenda si stringe in questo punto: quello dell’eredità (come intuì subito Gianfranco Bettin). Maso uccise i genitori per ottenere anzitempo la modesta eredità, senza alcun altro movente né alcun’altra implicazione a complicare quel movente. E proprio per questo il suo atto efferato parve scavare una sorta di abisso antropologico tra giovani e adulti, stabilendo che nessuna trasmissione ereditaria tra la vecchia e la nuova generazione era più possibile, che il mondo lasciato dai genitori ai figli non poteva più essere ereditato da loro». [Scurati, Sta]