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 2013  aprile 14 Domenica calendario

Alla fine il popolo dei cinquestelle (48.282 persone) è riuscito a far sapere, attraverso la rete, quali sono i suoi dieci nomi preferiti per il Colle

Alla fine il popolo dei cinquestelle (48.282 persone) è riuscito a far sapere, attraverso la rete, quali sono i suoi dieci nomi preferiti per il Colle. Si ricorderà che un primo giro di consultazioni, l’altro giorno, era stato rovinato dagli hacker, subito individuati dalla Casaleggio Associati. Ci sono stati fastidi pirateschi anche nella replica, ma gli informatici di Grillo assicurano che le incursioni dei male intenzionati sono state respinte, e quindi sono adesso disponibili i dieci nomi più votati. Non conosciamo l’ordine di arrivo, ma il gruppo è formato così (in ordine alfabetico): Emma Bonino, Gian Carlo Caselli, Dario Fo, Milena Gabanelli, Beppe Grillo, Ferdinando Imposimato, Romano Prodi, Stefano Rodotà, Gino Strada, Gustavo Zagrebelski. Domani, un secondo giro di consultazioni sceglierà quale tra questi dieci sarà il candidato dei M5S. E costui, o costei, sarà votato di sicuro per i primi tre turni. Dal quarto turno, si dice, se il pd dovesse mettere in pista un candidato presentabile…

Io direi questo: che i dieci nomi dimostrano per l’ennesima volta che i grillini sono delusi dalla sinistra che si sono ritrovati in questa nuova formazione. Sono finiti qui quelli su cui avevano puntato Vendola e Ingroia. Almeno in gran parte.
È giusto. Talmente giusto che il no di questa forza politica a un governo Bersani non è alla fine troppo comprensibile. Anche se coerente con quello che Grillo aveva gridato in campagna elettorale.  

Qualcuno di questi dieci ha qualche chance?
Chi lo sa. Sbucano nomi nuovi ogni giorno. Ieri è stata la volta di Piersanti Mattarella, figlio di una vittima della mafia, inventore del sistema elettorale che ha preceduto il porcellum, assente dal Parlamento da due legislatura, fatto che oggi costituisce un merito. Questo nome sembrerebbe suggerire che, comunque, bisognerà votare, dopo un ex comunista, un cattolico. Dopo Scalfaro, in effetti, non ci sono stati cattolici. E i grandi consensi che raccoglie la Bonino (a parte gli attacchi di Travaglio che la considera una berlusconiana) sono un insulto per i cattolici, data la sua posizione fieramente abortista.  

Beh, per i grillini la candidatura più ovvia sembrerebbe quella di Grillo.
I grillini non possono votare Grillo per via di quella condanna definitiva provocata dall’incidente stradale (7 dicembre 1981, a Limone il comico perse il controllo del fuorstrada che stava guidando e provocò la morte di marito, moglie e il loro figlio). Qui però non ci sono candidature ovvie, e i cinquestelle non tengono neanche conto di quelli che si sono detti indisponibili: la Gabanelli, Dario Fo…  

• Alla fine uscirà fuori Prodi.
Se il candidato deve essere condiviso, cioè oltre a piacere al Pd non deve dispiacere a Berlusconi, Prodi è escluso. Ieri, durante il comisio di Bari, Berlusconi ha gridato che in caso di vittoria di Prodi «scapperemmo all’estero» (che per molti sarebbe un incoraggiamento a votarlo). Escluso anche Zagrebelsky, considerato giustizialista all’ennesima potenza (Andrea Marcenaro, avendo chiesto a Emanuele Macaluso, Massimo Cacciari, Peppino Caldarola quante probabilità abbia Zagrebelsky, s’è sentito rispondere da tutt’e tre: «Zero»), una bella candidatura sarebbe quella di Imposimato, magistrato eroe della lotta alla criminalità organizzata, poi eletto per tre legislature in Parlamento con gli indipendenti di sinistra. Caselli è un giudice molto politicizzato, autore del teorema Andreotti, nemico di Grasso, però nemico anche dei No Tav e, in definitiva, il suo nome, proposto dai grillini, è un po’ strano. Resterebbe Rodotà. Ma ho l’impressione che, proprio nel Pd, non facciano follie per vederlo al Quirinale.  

Quindi?
Quindi non lo so e, anzi, considero pressoché bruciati tutti i nomi usciti finora. È vero che al Quirinale si resta per sette anni, ma è anche vero che metà del Pd vorrà sul Colle un uomo che non consideri esaurito il tentativo di Bersani, uno cioè disposto a scongelare il pre-incarico e mandarlo alla prova del Parlamento. Per la stessa ragione, i renziani baderanno bene a non incoraggiare una candidatura con queste caratteristiche. La lotta per il Quirinale e per il governo è anche lotta per il comando democratico. In ogni caso, un qualche accordo con Monti e Berlusconi, nella linea che hanno tracciato Napolitano e i suoi dieci saggi, cioè un accordo complessivo che riguardi anche il governo, mi pare difficile da evitare.