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 2013  aprile 12 Venerdì calendario

Barca, ministro comunista (articolo del 10/9/2012)

il Giornale, lunedì 9 settembre 2012
Non facciamolo sapere a Frau Merkel, ma nel governo di Herr Monti c’è anche un ministro aper­tamente comunista. È Fabrizio Barca, l’economista titolare della Coesione territoriale. Il comuni­smo di Barca è intenso e romanti­co. Un affare di cuore legato alla gioventù e alla tradizione familia­re. «Sono iscritto al Pci», ripete spesso, ridendo del paradosso, poiché il Pci non esiste più da decenni. Un mo­do per dire che è fermo a Berlin­guer e non si riconosce nel Pd. Contemporaneamente, nel dirsi iscritto a un partito che non c’è, sottolinea che lui - da un certo momento in poi- ha scientemen­te accantonato la politica per gli studi. Anche se, prima di quel mo­mento, è stato un comunista fat­to e finito.
Pressoché coetaneo di Max D’Alema e Walter Veltroni,ilcin­quantottenne Barca appartiene alla generazione post sessantotti­na cresciuta nella Fgci, pollaio dell’adolescenza rossa. Negli an­ni Settanta lo troviamo al Festival mondiale dei giovani comunisti a Berlino Est. Era delegato ufficia­le di Botteghe Oscure con Veltro­ni, Ferdinando Adornato e altri promettenti dirigenti comunisti di quel domani che non ci fu. Ci andò con la benedizione del pa­dre, Luciano, alto dirigente del partito e riconosciuto custode dell’ortodossia tanto che negli anni ’50 e ’60 fu direttore dell’ Uni­tà e Rinascita , gli house organ dei filo Soviet.
Pareva ovvio che Fabrizio ne se­guisse le orme nel Pci e in Parla­mento, dove Barca senior (oggi novantaduenne) è rimasto sette legislature occupandosi di legi­slazione bancaria, il suo pallino. Di punto in bianco, invece, e sot­to la spinta del babbo, Barca jr si tuffò negli studi economici, pre­se una sfilza di dottorati e master anglosassoni e smise con la politi­ca. Appartiene quindi anche lui al gruppo di rampolli di alti fun­zionari comunisti che, consape­voli della fine del loro mondo, in­dirizzarono i figli verso la City e Wall Street, distogliendoli da Mo­sca. Vengono in mente, accanto a Barca, Dario Cossutta, il pargo­lo di Armando, e Lucrezia Rei­chlin, figlia di Alfredo e Luciana Castellina. Tutti e tre si sono illu­strati come economisti e hanno proseguito la tradizione elitaria dei genitori ma con strumenti op­posti: abbracciando la cultura economica occidentale, anziché abbeverarsi al marxismo. Un mo­do intelligente di perpetuare le dinastie.
Il percorso sapienziale di Fabri­zio è di prim’ordine.Dopo la lau­rea in Statistica alla Sapienza, ha ottenuto un Master of Philo­sophy a Cambridge. Ha poi solca­to l’Atlantico, americanizzando­si al punto da­parlare la lingua co­me l’italiano e trovare moglie co­là.
È stato visiting professor al Mit di Boston e a Stanford. Ha inoltre insegnato a Parigi, Roma e nella ­ormai inevitabile – università Bocconi di Milano.
Gli ex comunisti del Pd hanno sempre apprezzato Barca ma con occhio distratto perché era, sì dei loro, ma aveva preso le di­stanze. Recentemente, Fabrizio ha anzi fatto sapere che vota «a si­nistra del Pd». Probabilmente Sel, che soddisfa di più la sua in­clinazione vetero comunista e lo avvicina al padre - uscito dal Pci negli anni Novanta per protesta contro la svolta della Bolognina –, marxista con venature cattoli­che, vicino alle sofferenze degli «ultimi» e alle cose che Vendola dice magnificamente per infinoc­chiare il prossimo. Bene, pur sa­pendo che il ministro Barca non è in sintonia, quelli del Pd- in par­ticolare i fan di Monti - sognano di ingaggiarlo per la prossima sta­gione politica. Diversi lo voglio­no nel futuro governo di centrosi­nistra, altri lo vedono addirittura premier e premono perché parte­cipi alle primarie, terzo incomo­do tra Bersani e Matteo Renzi. Tra questi, il prodiano Sandro Gorzi, il veltroniano Salvatore Vassallo, l’ enfant prodige lom­bardo Giuseppe Civati. Fabrizio nicchia, ma ci pensa su. Nel frat­tempo, cerca notorietà facendo il simpaticone in tv, twittando a raffica, moltiplicando le appari­zioni Youtube e dando camerate­scamente del tu a qualsivoglia giornalista gli capiti tra i piedi.
Barca ha debuttato ventiquat­trenne nell’ufficio studi della Banca d’Italia.È rimasto vent’an­ni i­n Via Nazionale finché l’ex go­vernatore, Carlo Azeglio Ciampi, di cui era un cocco, lo chiamò al ministero dell’Economia che gui­dava durante i governi Prodi e D’Alema,poco prima di salire sul Colle. Al ministero, di cui oggi è dirigente generale, ha avuto esperienze e vicissitudini. Barca è l’inventore della Nuova politi­ca territoriale, complesso mar­chingegno per sostenere l’indu­stria privata nel Mezzogiorno con soldi pubblici, prevalente­mente Ue. Fabrizio, che ha otti­mi agganci a Bruxelles, si dimo­strò un mago nell’ottenerli. La Npt fu però un fallimento totale, come riconosce lui stesso. I sussi­di sono finiti nelle tasche di ladri conclamati o fior di imbecilli, senza vantaggio per l’economia del Sud. Lo spreco di risorse è sta­to enorme.
Con D’Alema premier (1998-2000), Barca cadde in di­sgrazia. Baffino - pare - gli chiese di largheggiare in elargizioni agli industriali campani vicini al com­pag­no Bassolino allo scopo di au­mentarne la popolarità. Fabri­zio, che è un tipo onesto, rifiutò il favoritismo considerandolo con­trario ai doveri d’ufficio. Così ­raccontano - perse il posto di ca­po dipartimento e retrocesse a consigliere ministeriale, sinecu­ra che consiste nell’essere a di­sposizione standosene al mare. Quando gli capitano cose come queste - o all’opposto quando è sotto stress per il lavoro - Barca si deprime. Per superare lo sconfor­to moltiplica quella che è la sua grande caratteristica: cammina­re continuamente. Nel suo curri­culum ufficiale ha scritto di esse­re appassionato di trekking. Ap­passionato va sostituito con ma­niaco. Se è giù di corda, caschi il mondo, corre nei luoghi più im­pervi della Terra per marciare con i bastoni. È stato, per dire, sul­le Ande. La famiglia, molto unita, lo segue. Lui in testa, i tre figli die­tro, la moglie, Clarissa Botsford, chiude. Per accompagnarlo, la consorte,un’americana poco co­municativa, molto liberal e di si­nistra, chiede l’aspettativa alla romana Terza Università dov’è lettrice. Queste fughe esotiche hanno influenzato i ragazzi tanto che la figlia Valentina è oggi in Su­damerica con una ong. Un altro fi­glio è in Inghilterra, il che ha per­messo al padre- ministro di uscir­sene con una battuta giudicata anti patriottica: «Finché l’Italia non sarà migliore, meglio stiano fuori». Se è per questo, ha anche ostentatamente snobbato la pa­rata del 2 Giugno per una spa­ghettata al mare col babbo.
Tornando al Barca silurato da D’Alema, quando Tremonti nel 2001 arrivò all’Economia, lo tro­vò relegato in una stanzetta. Fos­se per lui, ce l’avrebbe lasciato, avendo scelto come pupillo Vitto­rio Grilli, oggi ministro, allora di­rigente. Fu il viceministro Pdl, Gianfranco Miccichè, a ripesca­re Barca apprezzandone, con en­tusiasmo siciliano, la bravura. Lo rinominò capo dipartimento. Pri­ma di accettare, Fabrizio tergiver­sò perché Miccichè era di destra. Si consigliò pure con Ciampi, che lo pregò di non fare il fesso. Così si fece piacere Miccichè, fu leale con lui e mise le ali alla car­riera.
Giancarlo Perna