Ledger, domenica 21 marzo 1909, 12 aprile 2013
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Il pubblico atto di accusa alla polizia italiana per la morte di Petrosino (articolo del 21/3/1909)
Ledger, domenica 21 marzo 1909
Al centro dell’accesa campagna di stampa antitaliana scatenatasi in America, va messo comunque in evidenza il violentissimo atto d’accusa pubblicato dal giornalista White sul numero domenicale dell’autorevole Ledger, del 21 marzo 1909. L’articolo, che provocò un vivace incidente diplomatico, diceva tra l’altro:
Gli assassini di Petrosino non saranno mai assicurati alla giustizia. È bene che la popolazione di New York si rassegni a questo fatto. Ne è minimamente probabile che qualcuno dei più importanti documenti in suo possesso al momento della sua morte carte relative alle sue ricerche dei curriculum criminali degli italiani in America arrivino mai a Mulberry Street. Infatti essi sono stati presi dal suo cadavere e requisiti nel suo alloggio, immediatamente dopo il delitto, dalla polizia di Palermo; la quale, si può ritenere con sicurezza, ha fatto e farà quanto è in suo potere per proteggere non soltanto gli assassini del detective, ma tutti quegli italiani d’America i cui precedenti penali erano proprio l’oggetto della sua investigazione.
Questo non significa necessariamente che la polizia di Palermo sia stata complice attiva degli assassini di Petrosino, ma significa che essa non intende ne osa alzare un dito contro di loro. Ciò sarebbe contrario al suo particolare senso dell’onore e del dovere, oltre al fatto che attirerebbe come essa sa bene ogni sorta di mali sui suoi membri e sulle loro famiglie. Similmente influenzati saranno i magistrati incaricati di far luce sul caso, ed è dubbio che qualcuna delle persone arrestate sia effettivamente connessa con la tragedia.
Giudicando in base alle esperienze del passato, è probabile che gli arrestati siano del tutto innocenti, e che il loro più o meno breve imprigionamento, anzi, sia dovuto proprio al fatto che sono incorsi nella collera della Mafia, la quale approfitta dell’occasione per punirli e fare loro sentire il peso della sua potenza. Queste persone possono ritenersi fortunate se la Mafia non decide di produrre delle false testimonianze che le facciano apparire responsabili della morte di Petrosino; in questo caso, a pagare saranno degli uomini assolutamente innocenti, se non di ogni delitto, certo di questo omicidio in particolare.
Tutto ciò potrà suonare bizzarro, ed io sono perfettamente consapevole che queste dichiarazioni saranno trovate ridicole dai funzionari italiani che rappresentano all’estero il loro Governo. Essi sanno bene infatti che costerebbe loro il posto l’ammettere che esistano tali cose quali la Mafia e la Camorra. Si insegna loro invece ad insistere sul fatto che tali società od associazioni segrete a scopo criminale sono divenute da molto tempo null’altro che dei miti, sopravviventi solo nell’immaginazione di stranieri e di fantasiosi giornalisti, che dipendono per il loro sostentamento dall’invenzione di trame romanzesche.
Ma il Senatore Costanzo Codringhi, proveniente dall’Italia settentrionale, che per la sua integrità e coraggio era stato nominato personalmente dal fu Re Umberto suo alto Commissario in Sicilia all’espresso scopo di cancellarvi la Mafia, fu spinto a ritirarsi da forze politiche ancora più potenti del suo sovrano. Codringhi non si ritirò, d’altra parte, prima di essersi convinto della vanità del suo compito, poiché non soltanto l’intera popolazione dell’isola era coalizzata in difesa della Mafia, ma questa comandava perfino sull’appoggio e sulla buona volontà degli alti funzionari locali, e perdi più anche sul Consiglio dei Ministri pesando con la sua influenza ed i suoi ordini su ciascun deputato e senatore siciliano nella Legislatura Nazionale. Il Senatore Codringhi emerse pochi anni fa dal suo isolamento per testimoniare al processo di Palizzolo, per l’assassinio del Marchese Emanuele Notarbartolo, ed in tale occasione parlò come segue, sotto giuramento, della Mafia:«Essa esercita la sua velenosa influenza su tutto in Sicilia. Tutti la temono... Ed allo scopo di proteggere i propri beni e la propria persona, la gente è costretta a sottomettersi ai suoi ordini... Il suo potere non conosce ostacoli neppure dinanzi al Governo. Leggete la descrizione dei Bravi nei Promessi Sposi ed avrete una vaga idea della potenza della Mafia.
Al centro dell’accesa campagna di stampa antitaliana scatenatasi in America, va messo comunque in evidenza il violentissimo atto d’accusa pubblicato dal giornalista White sul numero domenicale dell’autorevole Ledger, del 21 marzo 1909. L’articolo, che provocò un vivace incidente diplomatico, diceva tra l’altro:
Gli assassini di Petrosino non saranno mai assicurati alla giustizia. È bene che la popolazione di New York si rassegni a questo fatto. Ne è minimamente probabile che qualcuno dei più importanti documenti in suo possesso al momento della sua morte carte relative alle sue ricerche dei curriculum criminali degli italiani in America arrivino mai a Mulberry Street. Infatti essi sono stati presi dal suo cadavere e requisiti nel suo alloggio, immediatamente dopo il delitto, dalla polizia di Palermo; la quale, si può ritenere con sicurezza, ha fatto e farà quanto è in suo potere per proteggere non soltanto gli assassini del detective, ma tutti quegli italiani d’America i cui precedenti penali erano proprio l’oggetto della sua investigazione.
Questo non significa necessariamente che la polizia di Palermo sia stata complice attiva degli assassini di Petrosino, ma significa che essa non intende ne osa alzare un dito contro di loro. Ciò sarebbe contrario al suo particolare senso dell’onore e del dovere, oltre al fatto che attirerebbe come essa sa bene ogni sorta di mali sui suoi membri e sulle loro famiglie. Similmente influenzati saranno i magistrati incaricati di far luce sul caso, ed è dubbio che qualcuna delle persone arrestate sia effettivamente connessa con la tragedia.
Giudicando in base alle esperienze del passato, è probabile che gli arrestati siano del tutto innocenti, e che il loro più o meno breve imprigionamento, anzi, sia dovuto proprio al fatto che sono incorsi nella collera della Mafia, la quale approfitta dell’occasione per punirli e fare loro sentire il peso della sua potenza. Queste persone possono ritenersi fortunate se la Mafia non decide di produrre delle false testimonianze che le facciano apparire responsabili della morte di Petrosino; in questo caso, a pagare saranno degli uomini assolutamente innocenti, se non di ogni delitto, certo di questo omicidio in particolare.
Tutto ciò potrà suonare bizzarro, ed io sono perfettamente consapevole che queste dichiarazioni saranno trovate ridicole dai funzionari italiani che rappresentano all’estero il loro Governo. Essi sanno bene infatti che costerebbe loro il posto l’ammettere che esistano tali cose quali la Mafia e la Camorra. Si insegna loro invece ad insistere sul fatto che tali società od associazioni segrete a scopo criminale sono divenute da molto tempo null’altro che dei miti, sopravviventi solo nell’immaginazione di stranieri e di fantasiosi giornalisti, che dipendono per il loro sostentamento dall’invenzione di trame romanzesche.
Ma il Senatore Costanzo Codringhi, proveniente dall’Italia settentrionale, che per la sua integrità e coraggio era stato nominato personalmente dal fu Re Umberto suo alto Commissario in Sicilia all’espresso scopo di cancellarvi la Mafia, fu spinto a ritirarsi da forze politiche ancora più potenti del suo sovrano. Codringhi non si ritirò, d’altra parte, prima di essersi convinto della vanità del suo compito, poiché non soltanto l’intera popolazione dell’isola era coalizzata in difesa della Mafia, ma questa comandava perfino sull’appoggio e sulla buona volontà degli alti funzionari locali, e perdi più anche sul Consiglio dei Ministri pesando con la sua influenza ed i suoi ordini su ciascun deputato e senatore siciliano nella Legislatura Nazionale. Il Senatore Codringhi emerse pochi anni fa dal suo isolamento per testimoniare al processo di Palizzolo, per l’assassinio del Marchese Emanuele Notarbartolo, ed in tale occasione parlò come segue, sotto giuramento, della Mafia:«Essa esercita la sua velenosa influenza su tutto in Sicilia. Tutti la temono... Ed allo scopo di proteggere i propri beni e la propria persona, la gente è costretta a sottomettersi ai suoi ordini... Il suo potere non conosce ostacoli neppure dinanzi al Governo. Leggete la descrizione dei Bravi nei Promessi Sposi ed avrete una vaga idea della potenza della Mafia.
Il giornalista americano White