10 aprile 2013
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Biografia di Felicia Genovese
GENOVESE Felicia Potenza 11 settembre 1955. Magistrato. Sostituto procuratore distrettuale di Potenza, indagata per truffa, corruzione, anche in atti giudiziari, falso e abuso d'ufficio a fini patrimoniali e appropriazione indebita nel maggio 2007 il Consiglio superiore della magistratura accolse la richiesta del ministro della Giustizia Clemente Mastella trasferendola ad altra sede (Roma) e altre funzioni (giudice a latere del processo Gea). Prosciolta nel 2011 dal giudice per l'udienza preliminare di Catanzaro, Maria Rosaria Di Girolamo, per «mancanza degli estremi di reato»: «Quelli messi insieme contro di lei non solo non possono in alcun modo dimostrare la sussistenza dell'elemento psicologico del reato, ma si tratta di elementi labili ed inidonei per una verifica in ordine all'asservimento della funzione giudiziaria a fini personali» • «(...) Nel 2001 curò un fascicolo sulla Sanità che avrebbe dovuto abbandonare. Primo punto: suo padre Camillo possedeva una struttura sanitaria privata, convenzionata con il pubblico, e gestita da suo marito, Michele Cannizzaro. La Genovese, per motivi d’opportunità, avrebbe dovuto astenersi. Secondo punto: nel procedimento in questione era indagata l’intera Giunta regionale. Retta, all’epoca, dal diessino Filippo Bubbico (poi sottosegretario alle Attività Produttive). Terzo punto: suo marito era in corsa per la direzione dell’ospedale San Carlo. Nomina poi ottenuta. Ma soltanto dopo che la Genovese aveva chiesto l’archiviazione del procedimento che accusava la giunta. Ecco perchè il Csm menziona il ”susseguirsi cronologico dei fatti” (...) La Genovese è indagata anche a Catanzaro dal pm Luigi De Magistris. L’accusa è peggiorata: non più ”abuso”, bensì ”corruzione” in atti d’ufficio. Segno che la tesi accusatoria, ravvede uno scambio tra l’archiviazione e la nomina di Cannizzaro. (...) A Potenza, nel 1997, furono ammazzati i coniugi Gianfredi-Santarsiero. Il fascicolo finì immediatamente nelle mani della Genovese. Ma anche in quel caso, a ben guardare, avrebbe dovuto astenersi. Nel 1999, il pentito Gennaro Cappiello, accusa Cannizzaro d’essere il mandante del duplice omicidio. Accuse che non trovano alcun riscontro. Ma il punto è un altro. Gianfredi era un esponente di spicco della malavita, legato alla ’ndrangheta. E fu accertato che Cannizzaro conosceva Gianfredi: la sera prima del delitto, infatti, era a casa della vittima. Certo non è un reato: il Cannizzaro è un medico. E pare che Gianfredi avesse bisogno di un consulto. Ma non fu la Genovese a raccontare l’episodio. Ci pensò tale Vincenzo Bonadies. Circa un mese dopo. Perché non prima? Bonadies fornì la sua spiegazione: perché parlarne proprio con la moglie di Cannizzaro? ”Bonadies non ne aveva riferito, nei precedenti interrogatori, dato che le indagini erano condotte dalla dottoressa Genovese, moglie del Cannizzaro” parole della sentenza emessa dalla Corte d’Assise di Salerno. Ma torniamo al duplice omicidio: dopo le dichiarazioni di Bonadies, la Genovese, si astenne dalle indagini. I carabinieri poi accertano che il marito intratteneva ”sporadici contatti con persone pregiudicate”: pranza, in Calabria, con uomini legati alla ”ndrangheta. Rapporti che, ”sebbene sporadici - secondo la Procura di Salerno - suscitano inquietudine”. A Potenza, sempre i carabinieri, vedono esponenti della ”ndrangheta uscire dalla sua abitazione. A Salerno invece, dai tabulati acquisiti, gli inquirenti scoprono contatti telefonici tra Cannizzaro e un latitante per traffico internazionale di droga. Ma altre conoscenze s’intrecciano con l’omicidio di Gianfredi. Il primo indiziato fu proprio il pentito Gennaro Cappiello (poi assolto). Il movente: Cappiello avrebbe rubato un’auto al figlio di Marco Martinelli, amico di Gianfredi, chiedendo poi il riscatto. Martinelli avrebbe contattato Gianfredi. Insieme incontrarono Cappiello: Gianfredi, dopo averlo schiaffeggiato, avrebbe minacciato Cappiello puntandogli la pistola alla tempia. La vendetta per l’affronto subito: era, secondo l’accusa, il movente che avrebbe spinto Cappiello a uccidere Gianfredi. Ma Cappiello è stato assolto. E Martinelli? L’hanno visto a bordo di un’auto di servizio. Quella della pm Genovese. Motivo? Non è dato saperlo. Durante le indagini, la polizia presentò alla Genovese un elenco di nominativi da intercettare, tra i quali Martinelli. Che però svanisce dall’elenco. La spiegazione fornita dalla pm fu che tra Cannizzaro e Martinelli c’erano ottimi rapporti. Le informazioni, quindi, potevano essere assunte direttamente da suo marito. Insomma: prima si scopre che il marito della pm era a casa della vittima. Poi che tra suo marito, e una persona che la polizia vorrebbe intercettare, corrono ottimi rapporti. Risultato: la pm s’astiene? No» (Antonio Massari, ”La Stampa” 8/5/2007) • «(...) è un magistrato che è sempre stato in prima linea contro il crimine organizzato, ché ha fatto i principali processi contro la criminalità organizzata in Lucania (tra gli altri processi: il processo "Siris", il processo contro le attività del clan Scarcia di Policoro; pure, ha scritto le richieste di misura cautelare nel processo cosiddetto "Basilischi") (...) ha fatto parte della Direzione Distrettuale Antimafia dal 1991 al 1997 e dal 2002 al 2007, mentre dal 1993 al 2007 è stata sotto protezione. (...)» (Andrea Di Consoli, ”Il Riformista” 6/8/2009).