La Stampa, lunedì 23 gennaio 2012, 8 aprile 2013
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La Thatcher nel film con Meryl Streep (articolo del 23/1/2012)
La Stampa, lunedì 23 gennaio 2012
«Oddio, ma è lei in carne e ossa!», mi sono detta. Meryl Streep è una specie di clone di Margaret Thatcher, non solo per il trucco ma nei tic, nel modo di fare dell’ex premier inglese. Però la Thatcher, anche se molto malata, non l’ho mai vista così distrutta, trascinare i piedi con quell’aria stanca e persa che ha nel film. Ancora oggi ha un incedere eretto e sicuro come quello di un tempo».
Davanti alla straordinaria Streep, che in The Iron Lady (sarà nelle sale italiane venerdì) ha indossato i panni della Lady di ferro, ha avuto veramente un sussulto Carla Powell, piemontese che ha scelto come seconda patria il Regno Unito. Il suo è un giudizio che pesa: insieme al marito Charles è stata tra le persone che ha conosciuto più intimamente la prima donna che ha conquistato il numero 10 di Downing Street. Powell è stato il National Security Advisor della gran signora delle privatizzazioni e ne ha condiviso l’avventura degli anni ruggenti e anche di quelli dolorosi. «Sono stato con lei notte e giorno, si lavorava fino a mezzanotte e ci si rivedeva alle sei di mattina. Il primo ministro dormiva al massimo tre ore», ricorda il diplomatico che, al contrario di sua moglie, non vuole assistere allo spettacolo anche se ha avuto vari incontri, per aiutarla a entrare nella parte, con la Streep (che per la sua interpretazione già si è conquistata il Golden Globe e forse porterà a casa l’Oscar).
«Mi sembra impietoso mettere in scena la storia di una persona sofferente e ancora in vita che va, invece, soprattutto ricordata come una grande statista e una pugnace condottiera», osserva Powell appena rientrato da Londra dove, anche giovedì sera, ha cenato con Margaret. Fino all’anno scorso la Thatcher era ospite nella tenuta a pochi chilometri da Roma dove da anni la coppia Carla-Charles riceve con semplicità e alla chetichella, i grandi della terra (dai Reagan ai Bush a Tony Blair a David Cameron all’omonimo Colin). «La prima volta che ho incontrato la Thatcher ho avuto la sensazione che si trattasse di una persona assai speciale: voleva, lo diceva lei stessa, mettere in discussione l’indiscutibile», rammenta sir Charles. «Ho vissuto con lei un’avventura esaltante, traghettare il paese oltre la crisi economica. Questo ha voluto dire impegnarsi nell’aumento della tassazione indiretta, nella riduzione del potere dei sindacati e dello statalismo. Aveva una memoria eccezionale durante un acceso scontro politico, al Question Time ai Comuni, ripercorse i differenti tassi di inflazione del Regno a ritroso, fino alla fine dell’800 una capacità di documentarsi e di imporre, anche a colpi di dati, le sue opinioni. Nelle strade che imboccava spesso era sola, poche erano le persone, anche tra i conservatori, che riuscivano a seguirla. La definirei più un Lenin che un politico democratico».
Il film la rappresenta proprio così, isolata in un mondo di uomini. «Era caratterizzata da una grande femminilità - osserva Lady Carla -. Aveva un modo di accavallare le gambe - ma è solo un esempio - che fuoriusciva dal cliché che la indica rigida e mascolina. Le sono stata molto vicina: per una donna primo ministro c’era bisogno, diciamo così, di una “moglie”, di una signora che intrattenesse le consorti a pranzi e colazioni. Me la ricordo a Bonn, a una cena ufficiale. Quando siamo rimasti in pochi, si è versata un bicchiere di whisky, ha gettato via le scarpe e ha cominciato a discutere del prezzo delle patate. Il taglio della spesa che ha operato a livello pubblico corrispondeva al suo carattere. È sempre stata un’attenta risparmiatrice. Al numero 10 controllava che le luci fossero tutte spente. Io le compravo in Italia gli scampoli di tessuti con cui confezionarsi i tailleur. La prima volta che andò in visita a Gorbaciov in Russia le prestai io un colbacco».
La sua dote peculiare? «Quella che manca a molti leader attuali», rileva sir Charles che ha rifiutato molte proposte di scrivere le sue memorie di quegli 11 anni di governo. «In una riunione del Consiglio europeo, alla fine degli anni Ottanta, in cui si discuteva della moneta unica, Margaret rimase come al solito isolata. Alla fine commentai: “una contro 11”. E lei mi rispose: “Sorry, sono 11 che aggrediscono una”. Non era presunzione, il suo connotato principale era il coraggio». «Non c’è dubbio - aggiunge la Powell - nel film la si vede sgridare aspramente uno dei suoi più stretti collaboratori. Era un capo che a volte umiliava le persone. Ma non ne gioiva né era mai meschina. Era generosa e ardimentosa: questo aspetto The Iron lady lo mette ampiamente in luce».
«Oddio, ma è lei in carne e ossa!», mi sono detta. Meryl Streep è una specie di clone di Margaret Thatcher, non solo per il trucco ma nei tic, nel modo di fare dell’ex premier inglese. Però la Thatcher, anche se molto malata, non l’ho mai vista così distrutta, trascinare i piedi con quell’aria stanca e persa che ha nel film. Ancora oggi ha un incedere eretto e sicuro come quello di un tempo».
Davanti alla straordinaria Streep, che in The Iron Lady (sarà nelle sale italiane venerdì) ha indossato i panni della Lady di ferro, ha avuto veramente un sussulto Carla Powell, piemontese che ha scelto come seconda patria il Regno Unito. Il suo è un giudizio che pesa: insieme al marito Charles è stata tra le persone che ha conosciuto più intimamente la prima donna che ha conquistato il numero 10 di Downing Street. Powell è stato il National Security Advisor della gran signora delle privatizzazioni e ne ha condiviso l’avventura degli anni ruggenti e anche di quelli dolorosi. «Sono stato con lei notte e giorno, si lavorava fino a mezzanotte e ci si rivedeva alle sei di mattina. Il primo ministro dormiva al massimo tre ore», ricorda il diplomatico che, al contrario di sua moglie, non vuole assistere allo spettacolo anche se ha avuto vari incontri, per aiutarla a entrare nella parte, con la Streep (che per la sua interpretazione già si è conquistata il Golden Globe e forse porterà a casa l’Oscar).
«Mi sembra impietoso mettere in scena la storia di una persona sofferente e ancora in vita che va, invece, soprattutto ricordata come una grande statista e una pugnace condottiera», osserva Powell appena rientrato da Londra dove, anche giovedì sera, ha cenato con Margaret. Fino all’anno scorso la Thatcher era ospite nella tenuta a pochi chilometri da Roma dove da anni la coppia Carla-Charles riceve con semplicità e alla chetichella, i grandi della terra (dai Reagan ai Bush a Tony Blair a David Cameron all’omonimo Colin). «La prima volta che ho incontrato la Thatcher ho avuto la sensazione che si trattasse di una persona assai speciale: voleva, lo diceva lei stessa, mettere in discussione l’indiscutibile», rammenta sir Charles. «Ho vissuto con lei un’avventura esaltante, traghettare il paese oltre la crisi economica. Questo ha voluto dire impegnarsi nell’aumento della tassazione indiretta, nella riduzione del potere dei sindacati e dello statalismo. Aveva una memoria eccezionale durante un acceso scontro politico, al Question Time ai Comuni, ripercorse i differenti tassi di inflazione del Regno a ritroso, fino alla fine dell’800 una capacità di documentarsi e di imporre, anche a colpi di dati, le sue opinioni. Nelle strade che imboccava spesso era sola, poche erano le persone, anche tra i conservatori, che riuscivano a seguirla. La definirei più un Lenin che un politico democratico».
Il film la rappresenta proprio così, isolata in un mondo di uomini. «Era caratterizzata da una grande femminilità - osserva Lady Carla -. Aveva un modo di accavallare le gambe - ma è solo un esempio - che fuoriusciva dal cliché che la indica rigida e mascolina. Le sono stata molto vicina: per una donna primo ministro c’era bisogno, diciamo così, di una “moglie”, di una signora che intrattenesse le consorti a pranzi e colazioni. Me la ricordo a Bonn, a una cena ufficiale. Quando siamo rimasti in pochi, si è versata un bicchiere di whisky, ha gettato via le scarpe e ha cominciato a discutere del prezzo delle patate. Il taglio della spesa che ha operato a livello pubblico corrispondeva al suo carattere. È sempre stata un’attenta risparmiatrice. Al numero 10 controllava che le luci fossero tutte spente. Io le compravo in Italia gli scampoli di tessuti con cui confezionarsi i tailleur. La prima volta che andò in visita a Gorbaciov in Russia le prestai io un colbacco».
La sua dote peculiare? «Quella che manca a molti leader attuali», rileva sir Charles che ha rifiutato molte proposte di scrivere le sue memorie di quegli 11 anni di governo. «In una riunione del Consiglio europeo, alla fine degli anni Ottanta, in cui si discuteva della moneta unica, Margaret rimase come al solito isolata. Alla fine commentai: “una contro 11”. E lei mi rispose: “Sorry, sono 11 che aggrediscono una”. Non era presunzione, il suo connotato principale era il coraggio». «Non c’è dubbio - aggiunge la Powell - nel film la si vede sgridare aspramente uno dei suoi più stretti collaboratori. Era un capo che a volte umiliava le persone. Ma non ne gioiva né era mai meschina. Era generosa e ardimentosa: questo aspetto The Iron lady lo mette ampiamente in luce».
Mirella Serri