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 2013  marzo 26 Martedì calendario

La notizia che Moody’s potrebbe declassare ancora il nostro debito ha gettato una nuova luce sulle dichiarazioni molto allarmate che hanno fatto a Pierluigi Bersani i sindacati padronali e quelli dei lavoratori

La notizia che Moody’s potrebbe declassare ancora il nostro debito ha gettato una nuova luce sulle dichiarazioni molto allarmate che hanno fatto a Pierluigi Bersani i sindacati padronali e quelli dei lavoratori. Giorgio Squinzi, il presidente di Confindustria, ricevuto domenica dal segretario del Pd, aveva detto: «Non c’è rimasto tempo, siamo vicinissimi alla fine. Le imprese sono disperate e il problema dell’occupazione sta diventando tragico». Ieri mattina Cgil, Cisl e Uil hanno cantato la stessa canzone poco allegra. Bonanni (Cisl): «Ci vuole un governo, stiamo per fare la fine della Germania di Weimar». Angeletti (Uil): «Bisogna tagliare i costi della politica, abbassare la pressione fiscale, diminuire le tasse sul lavoro». Camusso (Cgil): «L’Imu sulla prima casa va abolita fino a un valore di mille euro». È stata poi la volta delle piccole e medie imprese riunite in Rete Imprese Italia (quattro milioni e 200 mila aderenti). Carlo Sangalli, presidente di turno, ha parlato di «aziende al collasso» e poi di nuovo: «rallentare la pressione fiscale, evitare l’aumento dell’Iva, ridurre progressivamente l’Irap».

Tutti questi erano incontri finalizzati alla formazione del governo.
Sì, Bersani ha messo in cima al suo calendario parti sociali e personalità di rilievo (lo scrittore Saviano, il sociologo De Rita) per dare maggior tempo ai partiti di prendere le misure della nuova situazione. In pratica, il segretario democratico spera che quel paio di giorni di pausa sia servito alle forze politiche a farsi una ragione dell’idea che il governo Bersani va varato. Gli incontri con i partiti cominciano stamattina con il Pdl di Berlusconi. Domani tocca ai grillini. Non si sa se ci sarà Grillo o no.  

Questi giorni di pausa hanno permesso ai partiti di farsi una ragione eccetera?
Si direbbe di no. I grillini chiedono che l’incontro con Bersani si svolga alla luce del sole, cioè vogliono una diretta streaming. Il Pd lo ha concesso. Le televisioni si collegheranno - per esempio, La7 lo farà di sicuro - quindi potranno assistere anche quelli che non hanno pratica di computer. Già il fatto che vogliono la diretta streaming significa che si preparano a dire a Bersani un bel no. Berlusconi, attivissimo ieri nella telefonata con Belpietro su una rete Mediaset e poi nella riunione dei gruppi a Montecitorio («di queste riunioni facciamone una a settimana»), ha proposto a Bersani di fare un governo con Alfano vice. Bersani ha risposto: «Non è che al mattino si può annunciare la guerra mondiale e il pomeriggio abbracciarci». Quindi no anche da questo lato. Mario Monti ha già detto a Napolitano che vuole il governo delle larghe intese e quindi, al momento, non si vede come potrebbe appoggiare un esecutivo di parte come questo. La Lega non prenderà nessuna posizione che non sia il risultato di un’intesa col Cav.  

Mi pare che il segretario del Pd abbia la strada chiusa da tutte le parti.
Lui sembra non crederci e ieri ha detto «servirebbe un governo dei miracoli, miracoli non se ne fanno ma uscire si può». Ieri sera alla direzione del partito era molto calmo e ostinato nei discorsi di sempre. «Noi non chiediamo a nessuno l’impossibile. Chiediamo a Scelta civica (Monti) un’intesa e agli altri di non impedire una soluzione Chiediamo a Pdl-Lega di uscire da ambiti che sono un cascame della campagna elettorale. Chiediamo al Movimento 5 Stelle, in un momento decisivo per il Paese, se vogliono essere una comunità segregata o una forza politica che si prende qualche responsabilità, nei limiti in cui può prendersela. Per il paese». Insomma, un dialogo tra sordi.  

Non c’era quella richiesta del Pdl, «ti diamo l’appoggio se al Quirinale mandi un moderato e non uno dei tuoi»?
Ieri Berlusconi l’ha ribadita e Bersani gli ha risposto: «Con tutti i problemi che abbiamo non è questo il momento di parlare di Quirinale». Però su questo lato qualcosa s’è mosso. Enrico Letta, il vicesegretario dei democratici, ieri in Direzione ha detto: «L’elezione del capo dello Stato deve, ripeto deve, avvenire con un coinvolgimento molto largo e non per qualche voto in più. Il Pd lavora alla legittimazione reciproca di tutte le forze in Parlamento per la riforma della politica». Non si illuda, tuttavia, non è una grande apertura.  

Che cosa significa?
È la vecchia idea di Bersani che si possa correre su due binari. Il governo si fa come dice lui e, in cambio dell’appoggio di Monti e Berlusconi, Scelta civica e il Pdl saranno ammessi nello spazio, tutto da definire, in cui si discuteranno le riforme istituzionali. Il Pdl gli ha risposto che sogna e oggi, all’incontro, non ci sarà neanche Berlusconi. Monti non ha nemmeno risposto. Guardi, la partita sembra proprio segnata, anche la Direzione di ieri è durata meno di un’ora, Franco Marini, che la presiedeva, ha detto a un certo punto sbrigativamente: «Non è la sera giusta per contarci o discutere, sappiamo già di che si tratta e andiamocene a casa».