Io Donna, sabato 12 giugno 2010, 25 marzo 2013
Tags : Sibilla Aleramo
Appunti su Sibilla Aleramo
Io Donna, sabato 12 giugno 2010
Guanto «Si sedeva come se svenisse... Quando salutava sembrava dimenticare la mano come un guanto» (Valentino Bompiani).
Uomini Tra gli uomini amati da Rina Marta Felicina Faccio, in arte Sibilla Aleramo: Ulderico Pierangeli (operaio, poi commerciante di frutta e verdura, sposato il 21 gennaio 1893, abbandonato nel 1902 e mai più incrociato per quarant’anni), Guglielmo Felice Damiani (poeta), Giovanni Cena (le suggerisce il nome Sibilla), Vincenzo Cardarelli (è impotente, lei lo scriverà nel romanzo Il passaggio), Giovanni Papini, Franco Gerace, Umberto Boccioni che scappa subito per la paura (lei: «Siamo soli, noi due, nel mondo, e sapendolo bisogna pure che ci si accosti, ogni tanto», lui: «Egregia amica, siate ragionevole, non infantilmente e letterariamente esaltata. Voglio essere lasciato in pace»), Michele Cascella, Giovanni Boine, Clemente Rebora (le regalò un frustino perché lo adoperasse per calmarsi), Dino Campana (lei ha 40 anni, lui 31, si sono solo scritti, appuntamento alla stazione di Borgo San Lorenzo al Mugello, lui, finito in manicomio due anni dopo: «potrete riconoscermi dalla mia testa rossa e da una lettera che avrò in mano»), Raffaello Franchi (di anni 17), Giovanni Merlo (soldato di una ventina d’anni, lei ne aveva 42), Tullio Bozza (schermidore, 29 anni, lei ne aveva 44), Giulio Parise (di anni 24, «perfetto come un’invenzione della fantasia», lui si lascia solo accarezzare, niente rapporti completi, storia che dura tre anni), Enrico Emanuelli (23 anni), Anteo Zamboni (attentatore di Mussolini, lei si fece una notte di carcere), Salvatore Quasimodo (lo chiama Virgilio, lui ha 34 anni, lei 59, storia di otto mesi), Julius Evola, Franco Matacotta, di anni 26 (lei ne ha 60) ecc.
Letti Letti cosparsi di fiori, camere profumate d’incenso.
Donne La Lina Poletti, nel 1908, perse la testa. Sibilla la lasciò fare, in quel momento stava con Cena, a un certo punto le scrisse: «Amica, all’uomo che ho amato ho dato il mio sorriso. A te, donna, vanno le mie lacrime».
Monotonia «Amante indomita» (Sibilla su se stessa), «La sua vita è un romanzo, viziato anch’esso da monotonia fisiologica» (Gobetti), «Pellegrina d’amore» (Croce), «Viveva autobiograficamente» (Debenedetti), «Lavatoio sessuale della letteratura italiana» (Prezzolini).
Miseria Pianti continui di miseria. «Dopo un anno di miseria e di mendicità, sono ridotta a non poter uscire di casa per aver mandato ad accomodare dal calzolaio l’unico paio di scarpe di cui dispongo [...]. Ho vissuto questi due mesi a Parigi in una strettezza vergognosa, senza biancheria sufficiente, con calze rammendate, inghiottendo lagrime, attendendo non so che miracolo» (all’editore Bemporad), «Duce, ricorro a Voi in un’ora di estremo abbattimento […] mi trascino nella vita priva d’ogni vigoria […] Partire, andar lontana ma con quali mezzi?» (nel ’33, dal fascismo, oltre alle raccomandazioni, ottenne poi in tutto 235 mila lire), «[…] se c’è un modo di aver assicurato un reddito minimo […]» (a Togliatti nel ’46, fu poi adottata dal Pci).
Diario Diario di 5520 cartelle manoscritte «in calligrafia nitida, a caratteri grandi» (Golino), dal 3 novembre 1940 al 2 gennaio 1960. Morì poi il 14 di quel mese, a 86 anni.
Occhi Decrepita, in ospedale, Emilio Cecchi d’Amico va a trovarla col nipote Masolino, lei vedendo il ragazzo fa subito «gli occhi cupidi».
Guanto «Si sedeva come se svenisse... Quando salutava sembrava dimenticare la mano come un guanto» (Valentino Bompiani).
Uomini Tra gli uomini amati da Rina Marta Felicina Faccio, in arte Sibilla Aleramo: Ulderico Pierangeli (operaio, poi commerciante di frutta e verdura, sposato il 21 gennaio 1893, abbandonato nel 1902 e mai più incrociato per quarant’anni), Guglielmo Felice Damiani (poeta), Giovanni Cena (le suggerisce il nome Sibilla), Vincenzo Cardarelli (è impotente, lei lo scriverà nel romanzo Il passaggio), Giovanni Papini, Franco Gerace, Umberto Boccioni che scappa subito per la paura (lei: «Siamo soli, noi due, nel mondo, e sapendolo bisogna pure che ci si accosti, ogni tanto», lui: «Egregia amica, siate ragionevole, non infantilmente e letterariamente esaltata. Voglio essere lasciato in pace»), Michele Cascella, Giovanni Boine, Clemente Rebora (le regalò un frustino perché lo adoperasse per calmarsi), Dino Campana (lei ha 40 anni, lui 31, si sono solo scritti, appuntamento alla stazione di Borgo San Lorenzo al Mugello, lui, finito in manicomio due anni dopo: «potrete riconoscermi dalla mia testa rossa e da una lettera che avrò in mano»), Raffaello Franchi (di anni 17), Giovanni Merlo (soldato di una ventina d’anni, lei ne aveva 42), Tullio Bozza (schermidore, 29 anni, lei ne aveva 44), Giulio Parise (di anni 24, «perfetto come un’invenzione della fantasia», lui si lascia solo accarezzare, niente rapporti completi, storia che dura tre anni), Enrico Emanuelli (23 anni), Anteo Zamboni (attentatore di Mussolini, lei si fece una notte di carcere), Salvatore Quasimodo (lo chiama Virgilio, lui ha 34 anni, lei 59, storia di otto mesi), Julius Evola, Franco Matacotta, di anni 26 (lei ne ha 60) ecc.
Letti Letti cosparsi di fiori, camere profumate d’incenso.
Donne La Lina Poletti, nel 1908, perse la testa. Sibilla la lasciò fare, in quel momento stava con Cena, a un certo punto le scrisse: «Amica, all’uomo che ho amato ho dato il mio sorriso. A te, donna, vanno le mie lacrime».
Monotonia «Amante indomita» (Sibilla su se stessa), «La sua vita è un romanzo, viziato anch’esso da monotonia fisiologica» (Gobetti), «Pellegrina d’amore» (Croce), «Viveva autobiograficamente» (Debenedetti), «Lavatoio sessuale della letteratura italiana» (Prezzolini).
Miseria Pianti continui di miseria. «Dopo un anno di miseria e di mendicità, sono ridotta a non poter uscire di casa per aver mandato ad accomodare dal calzolaio l’unico paio di scarpe di cui dispongo [...]. Ho vissuto questi due mesi a Parigi in una strettezza vergognosa, senza biancheria sufficiente, con calze rammendate, inghiottendo lagrime, attendendo non so che miracolo» (all’editore Bemporad), «Duce, ricorro a Voi in un’ora di estremo abbattimento […] mi trascino nella vita priva d’ogni vigoria […] Partire, andar lontana ma con quali mezzi?» (nel ’33, dal fascismo, oltre alle raccomandazioni, ottenne poi in tutto 235 mila lire), «[…] se c’è un modo di aver assicurato un reddito minimo […]» (a Togliatti nel ’46, fu poi adottata dal Pci).
Diario Diario di 5520 cartelle manoscritte «in calligrafia nitida, a caratteri grandi» (Golino), dal 3 novembre 1940 al 2 gennaio 1960. Morì poi il 14 di quel mese, a 86 anni.
Occhi Decrepita, in ospedale, Emilio Cecchi d’Amico va a trovarla col nipote Masolino, lei vedendo il ragazzo fa subito «gli occhi cupidi».
Lucrezia Dell’Arti