La Gazzetta dello Sport, 23 marzo 2013
«Ho pertanto conferito – in continuità con eloquenti, appropriati e non lontani precedenti – all’on
«Ho pertanto conferito – in continuità con eloquenti, appropriati e non lontani precedenti – all’on. Pierluigi Bersani l’incarico di verificare l’esistenza di un sostegno parlamentare certo, tale da consentire la formazione di un governo che ai sensi del 1° comma dell’art. 94 della Costituzione abbia la fiducia delle due Camere. Egli mi riferirà, sull’esito della verifica compiuta, appena possibile». Questo è il passaggio chiave del discorso-comunicato insolitamente lungo che il presidente Napolitano ha diffuso dopo aver ricevuto il segretario del Pd. Erano le cinque del pomeriggio di ieri. Il solo commento di Bersani è stato: «Ci metterò il tempo necessario in una situazione difficile. Serve un percorso di riforma che sia in grado di realizzare quello che non è stato fatto fin qui, cioè aspetti rilevanti di riforme costituzionali e politico-elettorali».
• C’è contrasto tra l’«appena possibile» di Napolitano e «il tempo necessario» di Bersani?
Forse sì. E del resto è noto che a Napolitano Bersani non è simpatico. Si ipotizza che Bersani già martedì dovrà riferire. È possibile che il segretario del Pd pretenda invece di tessere la sua tela per una settimana. In ogni caso, Napolitano vuole che un governo con una maggioranza certa sia in sella prima della data del 15 aprile, giorno in cui le camere e i rappresentanti delle regioni si riuniranno per eleggere il nuovo capo dello Stato. C’è un altro punto da tener presente: in un passaggio precedente del discorso il capo dello stato dice: «avevo sempre messo in luce l’esigenza di larghe intese tra gli opposti schieramenti su scelte di interesse generale, da quelle relative a garanzie di equilibrio istituzionale alle riforme del sistema politico-costituzionale, agli impegni di politica europea, internazionale e di sicurezza. Insisto sulla necessità di larghe intese di quella natura, a complemento del processo di formazione del governo che potrebbe concludersi anche entro ambiti più caratterizzati e ristretti». Il significato di questo lungo periodo è il seguente: la situazione è talmente grave che il governo migliore sarebbe quello che nascesse da un accordo tra le due forze politiche principali (Pd e Pdl: Berlusconi è l’unico altro uomo politico citato nel discorso insieme con Bersani). Anche se dovesse governare il Pd da solo (gli «ambiti più caratterizzati e ristretti»), sarebbe impensabile non aprire un canale di comunicazione autentica con il centro-destra.
• Che interesse avrebbe Bersani a prolungare questa fase esplorativa?
Secondo me nessuno. Ma ho l’impressione che il segretario si trovi come coloro che giocano partite senza vie d’uscita: il guadagno di tempo serve a sperare che accada qualcosa.
• Bersani non ha speranza di farcela?
Per come stanno adesso le cose, no. Il capogruppo al Senato del M5S, Crimi, molto loquace, ieri ha ribadito con dovizia di particolari e inciampi linguistici il no grillino a qualunque accordo. Berlusconi, naturalmente, aspetta e sente che il momento per rientrare in gioco forse è vicino. Monti vuole le larghe intese e non un governo col Pd. La situazione è tale che molti si sono chiesti che senso ha incaricare il segretario democratico in questa situazione. Napolitano ha risposto col suo discorso che il Pd ha vinto le elezioni e quindi non si poteva far diversamente. Bersani cercherà di perdere un po’ di tempo perché sa che la partita, dopo la sua rinuncia o la sua bocciatura, aprirà la stagione della resa dei conti interna. L’attuale gruppo dirigente del partito non avrà scampo, credo.
• Le elezioni?
Napolitano non le vuole e anche se dovesse essere rieletto – ipotesi nient’affatto peregrina – non scioglierà le camere. Prima ci sono da realizzare almeno cinque punti programmatici, che si intravedono anche attraverso la trama del discorso diffuso ieri: consolidamento del rapporto con l’Europa dopo le ventate distruttive della campagna elettorale provocate da Grillo e Berlusconi, pagamento alle imprese dei 70 miliardi di debito dello Stato (l’uscita dell’altro giorno di Monti su un presunto sblocco è un triste bluff, si tratta in realtà dell’annuncio di un altro rinvio), provvedimenti per l’occupazione, taglio dei costi della politica e, soprattutto abbandono di questa legge elettorale voluta nel 2005 dall’onorevole Casini. Rivotando con questa legge elettorale, infatti, c’è una certa probabilità che il risultato si ripeta.
• Che legge elettorale ci vorrebbe?
Probabilmente un doppio turno di qualche tipo, che scremi i partiti in corsa all’inizio e consegni al Paese un vincitore certo e sostenuto da un consenso autenticamente maggioritario. Grillo farà fuoco e fiamme perché vedrà in qualunque riforma elettorale un tentativo di sbarazzarsi di lui. E tuttavia, ormai dovrebbe essere chiaro, con i pareggi non si va da nessuna parte.