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 2013  marzo 20 Mercoledì calendario

È chiaro che la frase «Non abbiate paura della tenerezza» passerà alla storia e sarà stampigliata su ogni tipo di oggetto, adesivi, t-shirt, salva-schermi e quant’altro

È chiaro che la frase «Non abbiate paura della tenerezza» passerà alla storia e sarà stampigliata su ogni tipo di oggetto, adesivi, t-shirt, salva-schermi e quant’altro. La frase esatta è: «Non dobbiamo avere paura della bontà e neanche della tenerezza», e papa Francesco l’ha pronunciata ieri durante l’omelia, detta come al solito a braccio, della messa di “intronizzazione”, cioè di incoronazione. Messa che il Papa ha voluto meno lunga del solito e che ha celebrato, con tutti i cardinali presenti a Roma, direttamente sulla piazza, davanti a una folla di duecentomila persone (tante, ma meno del previsto), un mare di bandiere di tutti i paesi, un solicello non male, elicotteri che volteggiavano in cielo per garantire la sicurezza. L’altro giorno, uscendo da Santa Maria Maggiore, Francesco s’era ribellato ai gendarmi che pretendevano di proteggerlo: «Non mi servono le guardie, non sono un indifeso». Volendo significare, da prete, che l’unica protezione in cui ha fiducia è quella di Dio. Tuttavia ieri quella degli uomini ha funzionato.

Che cos’altro ha detto?
«Il vero potere è il servizio», frase chiave di tutto il discorso. Poi:  «Bisogna custodire la gente, aver cura di ogni persona, con amore, specialmente dei bambini, dei vecchi, di coloro che sono più fragili e che spesso sono nella periferia del nostro cuore […] Per favore, siate custodi della creazione, dell’altro, dell’ambiente […] Anche oggi davanti a tanti tratti di cielo grigio, abbiamo bisogno di vedere la luce della speranza e di dare noi stessi speranza […] Odio, invidia e superbia sporcano la vita, non lasciamo che segni di distruzione e di morte accompagnino il cammino di questo nostro mondo». La folla lo ha interrotto con gli applausi un mucchio di volte.  

Ha fatto il giro sulla jeep bianca scoperta, come Benedetto nel 2005.
Sì, e qui ha dato corpo alla frase «il vero potere è il servizio» e a quella sulla custodia della gente «specialmente dei bambini, dei vecchi, dei fragili»: ha fatto fermare la macchina quando ha visto, tra i fedeli, un disabile. È sceso e lo ha abbracciato.  

Non ci sarò in questo un po’ di demagogia? Un po’ di esibizionismo? Alla fine sono belle figure facili da fare…
Sulla base di quello che sappiamo della sua biografia, questo rapporto con i poveri, con i diseredati, la vita in baracca, i piedi lavati ai malati di Aids, è una costante del suo servizio pastorale. Ieri un altro elemento ha contribuito a questa, sia pur esibita, sobrietà: l’anello del Pescatore che il decano cardinalizio gli ha infilato all’anulare sinistro non era d’oro come al solito, ma d’argento dorato (il bozzetto di questo anello è dell’artista Manfrini, papa Francesco lo ha scelto fra tre proposte).  

• C’erano tutti i potenti della Terra ad ascoltare questi discorsi francescani…
Il papa gesuita ha appunto voluto intorno a sé, che lo aiutassero a servire messa, quattordici francescani fatti venire apposta da Assisi. Quanto ai potenti ce n’erano a bizzeffe: i reali del Belgio, i principi di Spagna, Alberto di Monaco, la Merkel, Biden, i premier francese e spagnolo Ayrault e Rajoy, Barroso, Mugabe, i cinesi e parecchie delegazioni dall’Oriente, il presidente del Portogallo e i presidenti di Honduras, Paraguay, Romania, Ungheria, Lettonia, e i vice di Nicaragua e Camerun, l’australiano William Deane, patriarchi di altre religioni, Napolitano e Monti, eccetera eccetera, glieli dico alla rinfusa, erano 120 delegazioni almeno e non vorrà che gliele elenchi tutte. Qualcuno si è meravigliato di vedere schierato con gli altri potenti il massacratore Mugabe, c’è però questo: che la Chiesa non invita nessuno e lascia che venga chi vuole.  

La Kirchner?
Cioè la presidentessa argentina, sua nemica fino all’altro giorno (il giornalista Verbinski che a poche ore dall’elezione ha ritirato fuori la storia delle pretese compromissioni di Bergoglio con i generali golpisti degli anni Settanta è sul suo libro paga). È arrivata domenica. Tutto bene. Gli ha portato un servizio per preparare il mate, bevanda nazionale argentina, e gli ha chiesto di intervenire sulla questione delle Malvinas, dette all’inglese Falkland, le isole per cui tra Inghilterra e Argentina ci fu, nel 1982 (epoca Thatcher), una guerra. Nonostante un referendum tra gli abitanti, che al 90% dicono di voler restare inglesi, Bergoglio a suo tempo gridò dal pulpito che quella è terra argentina. Il “Guardian” ieri strologava sull’assenza a Roma della regina Elisabetta e di Cameron, e si chiedeva se non c’entrasse questa vecchia posizione del Papa. Cameron ha detto che non c’entra niente, e la regina, che è capo della chiesa anglicana, non partecipa in effetti quasi mai a eventi di questo tipo. Il Regno Unito era comunque rappresentato dal duca di Gloucester, dalla baronessa Warsi, da Kenneth Clarke.