Rassegna, 19 marzo 2013
Marò, corte indiana: nessuna immunità all’ambasciatore italiano
• Il presidente della Corte suprema indiana Altamas Kabir ieri ha detto che «l’ambasciatore non ha immunità», riferendosi al capo della sede diplomatica italiana Daniele Mancini. Si aggrava quindi il contrasto tra India e Italia sui due marò accusati di aver ucciso due pescatori credendo fossero pirati. Per aver firmato l’impegno a far rientrare a Kochi il 22 marzo, al termine di un permesso di rimpatrio della Corte suprema, i fucilieri Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, promessa poi annullata da una decisione presa nel governo italiano, l’ambasciatore Mancini secondo Kabir non è più protetto dalle garanzie riservate ai diplomatici. Da Roma, il ministero degli Esteri guidato da Giulio Terzi, «a nome del governo», ha definito questa pronuncia «una evidente violazione della Convenzione di Vienna sulle relazioni diplomatiche». Se si tirassero le conseguenze più estreme, quanto affermato dal giudice significherebbe che l’ambasciatore rischierebbe non soltanto di non poter partire dall’India, divieto che il ministero dell’Interno indiano ha informato di aver disposto, ma anche di poter essere arrestato come chiunque. [Caprara, Cds]
• Nel richiamarsi alla Convenzione di Vienna l’Italia cita le garanzie che il diplomatico «non può essere sottoposto ad alcuna forma di arresto o di detenzione», articolo 29, e «gode dell’immunità dalla giurisdizione penale dello Stato accreditatario» (31). L’India oppone il 32: il diplomatico «che promuova una procedura, non può invocare questa immunità per alcuna domanda riconvenzionale connessa con la domanda principale». [Caprara, Cds]