17 marzo 2013
Tags : Francesco I - Jorge Mario Bergoglio
Bergoglio e la dittatura argentina
• Nella prova terribile della dittatura militare, Bergoglio si mosse per salvare preti e laici dai torturatori, ma non ebbe parole di condanna pubblica – che del resto non sarebbero state possibili se non a prezzo della vita – , e tenne a freno i confratelli che reclamavano il passaggio all’opposizione attiva. Due di loro lasciarono i gesuiti, e subito dopo furono prelevati dalla polizia politica. Un’infamia alimentata dai nemici di Bergoglio indicò in lui l’ispiratore del sequestro; era vero il contrario: il Provinciale andò di persona da Videla per chiedere la liberazione dei due religiosi, e agli atti della giunta militare risulta la richiesta di un passaporto per loro. La sua battaglia gli ha guadagnato la stima dei leader del movimento per i diritti umani, come Alicia de Oliveira, e il rispetto delle madri di Plaza de Mayo, durissime nei confronti della gerarchia cattolica. Ai caudillos, militari o politici, che si sono alternati alla guida dell’Argentina Bergoglio non si è mai piegato. Pessimi i rapporti con Menem e Duhalde, gelidi con de la Rua, freddi con Kirchner. Buone invece le relazioni con Luis D’Elia e il movimento dei piqueteros (un giorno il cardinale chiamò il ministro dell’Interno per lamentarsi della polizia che manganellava una donna inerme). Del resto Bergoglio condivide l’impostazione politica del suo predecessore, l’arcivescovo emerito di Buenos Aires Antonio Quarracino, non lontano dall’ala popolare dei peronisti. [Aldo Cazzullo, Corriere della Sera 16/4/2005].
• «Tristi e dolorosi fatti, come quelli del golpe del 1976, non devono essere tenuti sotto silenzio. Serve un momento di riconciliazione che ci tenga lontano sia dall’impunità, che indebolisce la giustizia, che dai rancori e risentimenti che possono dividerci». [Il Fatto Quotidiano 15/3/2013]