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 2013  marzo 02 Sabato calendario

Oggi il cronista deve dar conto di due precisazioni di gran peso. Una del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, l’altra del sindaco di Firenze, e principale avversario di Bersani durante le primarie, Matteo Renzi

Oggi il cronista deve dar conto di due precisazioni di gran peso. Una del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, l’altra del sindaco di Firenze, e principale avversario di Bersani durante le primarie, Matteo Renzi.

Cominciamo da Napolitano.
Prevedendo uno stallo al momento dell’elezione del presidente della Repubblica, parecchi politici di destra e di sinistra avevano proposto nei giorni scorsi la rielezione a capo dello Stato di Giorgio Napolitano, con l’intesa che, schiarita la situazione politica e portato il paese a nuove elezioni anticipate, naturalmente con una legge diversa dall’attuale, il presidente si sarebbe dimesso. Basterebbero – si diceva – un paio d’anni. I giornali, attingendo non si sa a quali fonti, avevano anche precisato che Napolitano, ad onta un’indisponibilità più volte dichiarata, sotto sotto non fosse del tutto in disaccordo. Abbiamo letto in qualche articolo questa espressione: «Se messo con le spalle al muro…».  

Invece no?
Invece no. Ieri Napolitano, che sta sempre in Germiania (ricordiamo: viaggio programmato un anno fa e capitato per caso subito dopo le elezioni, come sarà col prossimo arrivo a Roma della regina Elisabetta), ha parlato all’università Humboldt di Berlino, poi s’è fermato a parlare con i giornalisti. Ha detto questo: «Non esiste un mandato a termine per il Quirinale (cioè la storia del “paio d’anni”
– ndr).
E, come ho già detto, non mi ricandido per la presidenza della Repubblica. Non esistono proroghe, non esistono rielezioni a tempo, l’ho già detto tante volte. La cartà d’identità conta. Non credo che sia onesto dire “tranquilli, posso fare il Capo dello Stato fino a 95 anni”. La decisione è automatica, quando sono finiti i sette anni bisogna procedere all’elezione di un nuovo presidente. I padri costituenti concepirono il ruolo del presidente sulla misura dei sette anni. Non è un caso che nessuno nella storia repubblicana abbia avuto un secondo mandato». Era anche stata ventilata la possibilità di sciogliere subito le camere e votare di nuovo, cosa impossibile dato che il capo dello Stato si trova nel cosiddetto semestre bianco e non ha più potere di scioglimento. Napolitano lo ha ricordato ai colleghi, e ha aggiunto: «Dubito che un nuovo presidente pensi soltanto a sciogliere le Camere».  

• Ieri è circolata la voce che Napolitano, rientrato in Senato dopo l’elezione del nuovo capo dello Stato, potrebbe guidare un governo istituzionale.
Su questo ha risposto così: «Bisogna vedere come dare un governo all’Italia. Poi nel merito non entro».  

• Ricordiamo che Napolitano è stato al massimo ninistro dell’Interno e presidente della Camera, e che non ha mai guidato nessun governo. Sentiamo la precisazione di Renzi.
Renzi è stato zitto per quattro giorni e ieri ha finalmente parlato scrivendo sul suo blog, «senza giri di parole», che la sfida delle urne «il centro-sinistra l’ha persa». «La vittoria numerica alla Camera non è sufficiente e lo sappiamo. E non si dica: “Ah, gli italiani si sono fatti abbindolare, non ci hanno capito”, come ha detto qualche solone dei nostri in tv nelle ore della débâcle. Gli italiani capiscono benissimo i politici: casomai non sempre accade il contrario». Segue un attacco all’idea di D’Alema di offrire la Camera al M5S e il Senato a Berlusconi, «secondo gli schemi che hanno già fallito in passato. Trovo sbagliato e dannoso inseguire Beppe Grillo sul suo terreno, quello delle dichiarazioni ad effetto. Quello della frase di tutti i giorni. Tanto lui cambia idea su tutto, la storia di questi ultimi 30 anni lo dimostra. Grillo non va rincorso, va sfidato. Sulle cose di cui parla, spesso senza conoscerle. La priorità è rimettersi in sintonia con gli italiani, non giocare al compro-baratto-e-vendo dei seggi grillini. Togliere il finanziamento pubblico ai partiti, subito, come primo atto del nuovo Parlamento, con efficacia immediata sarebbe come dire ai cittadini: ok, abbiamo capito la lezione». Seguono precisazioni sull’eventualità che l’incarico di governo sia affidato a lui: «Io ho combattuto Bersani a viso aperto quando non lo faceva nessuno, guardandolo negli occhi. Non lo pugnalo alle spalle, oggi: chiaro? Nello zoo del pd ci sono già troppi tacchini sui tetti e troppi giaguari da smacchiare per permettersi gli sciacalli del giorno dopo».  

In definitiva che cosa pensa: che si debba fare il governissimo col Pdl o che si debba tentare un accordo con Grillo?
Il “Corriere” ieri ha scritto che Renzi accetterebbe di essere chiamato in causa solo se il suo nome comparisse in una rosa di possibili premier proposti al Capo dello Stato dal Pd. E con l’obiettivo di mettere insieme un governo di grande coalizione (col Pdl e il M5S) «che riesca finalmente ad avviare le tante riforme da fare».