Rassegna, 1 marzo 2013
L’ultima giornata di Ratzinger da Papa
• La cronaca dell’ultima giornata di Joseph Ratzinger da Papa Ore 11.05 Con qualche minuto di ritardo, Benedetto XVI ha raggiunto i cardinali che lo attendevano per l’ultimo saluto nella Sala Clementina. Sono 144, molti dei quali elettori, chiamati a scegliere il successore. Ratzinger veste la mozzetta rossa di velluto ornata di ermellino e si siede sul trono. Ha il volto stanco, segnato. Appare fragile come non mai. Il cardinale Angelo Sodano, decano del collegio, ringrazia il Papa per l’esempio di questi otto anni di pontificato e parafrasando il Vangelo dei discepoli di Emmaus gli dice: «Sappia che ardeva anche il nostro cuore quando camminavamo con lei in questi ultimi otto anni». Non era previsto discorso del Papa, soltanto un saluto personale a ciascuno dei porporati. Invece Benedetto vuole lasciare un ultimo messaggio, vuole spiegare ancora una volta che cosa sia e che cosa non sia la Chiesa, vuole invitare alla concordia, vuole assicurare che da «Papa emerito» obbedirà incondizionatamente all’unico Pontefice, quello che con ogni probabilità lo sta ascoltando in quel momento, seduto in mezzo agli altri. «La Chiesa non è un’istituzione escogitata e costruita a tavolino…, ma una realtà vivente… Essa vive lungo il corso del tempo, in divenire, come ogni essere vivente, trasformandosi… Eppure nella sua natura rimane sempre la stessa, e il suo cuore è Cristo». E ancora: «La Chiesa vive, cresce e si risveglia nelle anime». Poi inizia il lungo baciamano dei cardinali. L’ultima grande fatica fisica di Ratzinger Papa. Per più di un’ora, interrompendosi soltanto due volte per sorseggiare dell’acqua che gli porge l’aiutante di camera Sandro Mariotti, resta in piedi. Saluta uno ad uno i porporati. C’è chi si inginocchia commosso, chi gli stringe la mano, chi gli sussurra qualche parola all’orecchio, come il «papabile» filippino Luis Antonio Tagle, provocando il sorriso del Papa. Il cardinale austriaco Cristoph Schönborn regala al Pontefice un paio di libri, l’americano Sean O’Malley gli stringe la mano con forza e a lungo, l’argentino Jorge Mario Bergoglio e l’italiano Angelo Scola si trattengono qualche istante in più. Quando è il turno del «papabile» brasiliano Odilo Pedro Scherer il Papa ascolta in silenzio le sue parole. Al presidente della Cei Angelo Bagnasco batte affettuosamente il braccio. Tra i più emozionati, il «papabile» canadese Marc Ouellet: saluta brevemente e velocemente, sotto lo sguardo attendo di don Georg Gänswein, il segretario-arcivescovo che continua a guardare l’orologio preoccupato per il prolungarsi dei saluti. Ore 13.00 Benedetto XVI consuma il suo ultimo pasto nell’appartamento papale. A tavola con lui i due segretari e le quattro «memores Domini», le laiche consacrate di Comunione e Liberazione che lo seguiranno a Castel Gandolfo e quindi, fra un paio di mesi, nel monastero in Vaticano. C’è commozione, ma anche serenità. L’abitazione del Pontefice è ormai in disarmo. Sono stati scelti i documenti e le carte personali, non legate all’ufficio papale, che Ratzinger porterà con sé. Tutto il resto è destinato all’archivio segreto, nella sezione dedicata al pontificato di Benedetto XVI ormai concluso. Ore 16.56 Con il bastone nero nella mano, a piccoli passi, il Papa esce dal palazzo apostolico per l’ultima volta. Lo attendono nel cortile di San Damaso i superiori della Segreteria di Stato. Ci sono le guardie svizzere in alta uniforme, schierate al gran completo. Eravamo abituati a vedere queste partenze dal Quirinale, alla fine del settennato dei presidenti della Repubblica. Ma si erano viste di un Papa, che si accommiata dalla sua curia. C’è una piccola folla di cittadini vaticani, tenuti a distanza, che applaude e grida «Viva il Papa». Ratzinger saluta da lontano, sorride, poi s’infila nella berlina nera con le bandierine dello Stato pontificio. Don Georg siede al suo fianco sul sedile posteriore. L’autista che lo accompagna all’eliporto è in lacrime. Lì lo attendono il cardinale Sodano, e il cardinale Giovanni Lajolo, presidente emerito del Governatorato. Il Papa sale nell’elicottero dell’aeronautica militare italiana. Ore 17.08 Eliporto del Vaticano, Don Georg sistema la cintura di sicurezza al Papa, un istante dopo il decollo. Con Ratzinger, in volo, ci sono anche il secondo segretario, il maltese Alfred Xuereb; il medico personale Patrizio Polisca, il reggente della Casa Pontificia, monsignor Leonardo Sapienza. Il tragitto sui cieli di Roma è breve, immortalato istante dopo istante. Ore 17.24 L’elicottero tocca terra a Castel Gandolfo. Il Papa è salutato dal presidente del Governatorato Bertello e dal segretario, il vescovo Sciacca. Ci sono anche il vescovo di Albano, Marcello Semeraro, il sindaco e il parroco. Poi l’ultimo affaccio, l’ultimo saluto alla folla che lo applaude. «Grazie a voi! Cari amici, sono felice di essere con voi, circondato dalla bellezza del creato e dalla vostra simpatia che mi fa molto bene. Grazie per la vostra amicizia, il vostro affetto. Voi sapete che questo mio giorno è diverso da quelli precedenti; non sono più Sommo Pontefice della Chiesa cattolica: fino alle otto di sera lo sarò ancora, poi non più. Sono semplicemente un pellegrino che inizia l’ultima tappa del suo pellegrinaggio in questa terra. Ma vorrei ancora, con il mio cuore, con il mio amore, con la mia preghiera, con la mia riflessione, con tutte le mie forze interiori, lavorare per il bene della Chiesa e dell’umanità. E mi sento molto appoggiato dalla vostra simpatia». Al momento della benedizione, l’emozione tradisce il Papa, che sbaglia la formula. Poi quel «grazie, buonanotte!». Ore 20.00 Il Portone della villa di Castel Gandolfo si chiude. La bandiera papale bianca e gialla viene ammainata. Le guardie svizzere lasciano il palazzo. Da quel momento, all’interno, non c’è più il Papa, ma soltanto Joseph Ratzinger. [Tornielli, Sta]