Fior da fiore, 27 febbraio 2013
Bersani non sa come chiamare «’sto governo» • Il «populismo» di Grillo • Le battaglie di Grillo prima di diventare guru • Identikit dei parlamentari 5 Stelle • Il nuovo Parlamento è più giovane e più rosa • Benedetto XVI si farà chiamare «Papa emerito» e continuerà a vestire di bianco • Passiamo in coda 400 ore l’anno
Strologhi Bersani, deluso («Noi non abbiamo vinto, anche se siamo arrivati primi») apre ai 5 Stelle: «Hanno detto "tutti a casa", ma adesso ci stanno anche loro. O vanno anche loro a casa o dicono cosa vogliono fare per questo Paese e per i loro figli». Non sa come «’sto governo» possa mai chiamarsi (di minoranza? Di programma? Della non-sfiducia, come l’Andreotti del ’76?) e alla fine decide: «Chiamiamolo di combattimento, di cambiamento. Ma sulla durata non posso strologare» (Monica Guerzoni, Cds).
Populisti Ernesto Galli della Loggia a proposito del cosiddetto «populismo» di Grillo: «È populista chiedersi quali sacrifici hanno compiuto l’on. Rosy Bindi, faccio per dire, o chessò il senatore Latorre, in questi ultimi quindici mesi, mentre alcune centinaia di migliaia di italiani perdevano il loro posto di lavoro? È populista chiedersi quali effetti del rigore governativo abbiano subito l’on. Bondi o l’on. Cesa, sempre tanto per dire, nello stesso periodo, mentre ottocentomila famiglie italiane chiedevano la rateizzazione delle bollette della luce e del gas che non riuscivano a pagare, o decine di piccole aziende e di negozi erano costretti ogni giorno a chiudere? È populista? Forse sì, chissà. Ma allora, per passare dalle stalle alle stelle, erano populisti anche i sovrani inglesi quando decidevano durante la Seconda guerra mondiale di restare a Buckingham Palace nel cuore della Londra colpita ogni notte dai bombardieri della Luftwaffe; o forse erano populisti — e va da sé della peggior specie — anche i membri dello Stato Maggiore tedesco che nell’autunno del ’42 decidevano di consumare alla mensa di Berlino lo stesso misero rancio che a qualche migliaia di chilometri di distanza consumavano i loro commilitoni assediati senza speranza a Stalingrado. Eh sì, orribili populisti, ci assicurerebbero i sapientissimi nostri intellettuali che sermoneggiano in ogni sede su che cosa è la vera democrazia. Sì, tutti populisti: come Beppe Grillo, naturalmente, e chi lo ha votato. Si dà il caso tuttavia che le classi dirigenti vere, i veri governanti, facciano proprio questo, guarda un po’: specie nei momenti critici, cioè, cercano di mettersi allo stesso livello della gente comune, di condividerne pericoli e disagi, e in questo modo di meritarne la fiducia. Non vanno ogni sera in tv da Bruno Vespa o da Floris, o da Santoro (in trasmissioni che, sia detto tra parentesi, mostrandone la vuotaggine parolaia hanno contribuito come poche cose a disintegrarne l’immagine). Una classe politica che ha il senso del proprio onore e delle proprie funzioni deve essere capace di sentire quando è il momento di stare dalla parte dei suoi concittadini. Se non lo sente, ecco che allora sorge inevitabilmente a ricordarglielo il cosiddetto “populismo”» (Ernesto Galli della Loggia, Cds).
Demagoghi Secondo Gian Antonio Stella descrivere ancora Grillo «come uno strampalato demagogo caduto dallo spazio come un meteorite significa non sapere niente della sua storia». «Di quella sera di fine novembre del 1986 in cui si tirò addosso l’ira del Psi facendo quella battuta sul viaggio di Bettino Craxi in Cina, tutti ricordano solo la battuta finale che provocò a Pippo Baudo un infarto: “Ma se qui sono tutti socialisti a chi rubano?”. Errore. Quella battuta veniva in coda a una specie di comizio su cose serissime. Dove dimostrò la capacità formidabile di far ridere parlando di temi che altri mai avrebbero osato affrontare. Attaccò col nucleare: “Dicono che non c’è più il problema di Chernobil. Intanto le renne sono fosforescenti. Le usano come abat-jour. A Caorso, una centrale in provincia di Piacenza, è successo due giorni fa il 97º incidente. Cercano di arrivare a 100, poi gli danno un premio: lo Zichichi d’argento”. (...) Dopo di che prese a parlare di politica. Con toni simili a quelli di oggi e un riferimento al “patto della staffetta” in base al quale Craxi avrebbe dovuto mesi dopo cedere la guida del governo a De Mita: “Abbiamo l’unico presidente del Consiglio al mondo che scade, come una mozzarella. (...) Dietro c’ha scritto: da consumarsi preferibilmente...”. Nessuno poteva saperlo. Ma quella sera partiva un percorso che un paio di decenni dopo avrebbe portato al V-day e successivamente al trionfo di lunedì (...) Il 25 novembre 1993, lanciato durante il telegiornale da un’acida Angela Buttiglione (“La responsabilità di quel che dice è solo sua”) rientra in prima serata su Raiuno con Beppe Grillo Show. Seguito da 10 milioni e mezzo di italiani: “Ho cinque anni di cose da dirvi, anzi dieci anni. I cinque anni passati senza poter più venire in televisione e i prossimi cinque anni, che tanto mi mandano via subito”. Attacca Berlusconi che ha invitato a votare Fini contro Rutelli alle Comunali di Roma: “Deve aver fatto troppa liposuzione. Gli hanno succhiato una parte del cervello. E poi che cavaliere del lavoro è? Con tutti quei debiti sarà ormai un cavaliere dell’Apocalisse. Ma come si fa ad avere tanti debiti! Io dovevo a uno 300 mila lire e quello mi dormiva davanti alla porta!”. Attacca Andreotti: “Solo quando morirà e gli toglieranno la scatola nera dalla gobba sapremo finalmente cos’è successo davvero”. Attacca i politici ma anche la società civile: «Li abbiamo votati noi per vent’anni, e se loro potrebbero meritare il carcere, almeno mezz’ora di prigione dovremmo farcela anche tutti noi” (...)» (Gian Antonio Stella, Cds).
Identikit Identikit dei 162 eletti del Movimento 5 Stelle: ambientalisti, giovani (il più vecchio, Matteo Mantero, nato a Loano 38 anni fa, perito chimico, arredatore, un giorno decise di chiudere ogni attività che spingesse ai consumi). Tanti i precari (Marco Imarisio, Cds).
Parlamento Il Parlamento appena nato è più giovane e più rosa rispetto a tutti gli altri precedenti. Dai dati elaborati dalla Fondazione Hume per la Stampa, il tasso di rinnovamento, cioè di volti nuovi che sono entrati alla Camera e al Senato è pari al 60,8%, quasi il doppio rispetto alla scorsa legislatura quando le novità erano il 37,1%. Nella legislatura precedente ancora (2006-2008) erano il 39,8%. Questo è dovuto essenzialmente alla presenza di due partiti che hanno il 100% di «nuovi»: il Movimento 5 Stelle e Scelta civica con Monti. Le donne in Parlamento saranno poco meno di una su tre: il 30,8%, il dieci per cento in più rispetto alla precedente legislatura. Nel dettaglio, Pd e M5S hanno il 38,5% di deputate e senatrici: 153 su 397 parlamentari nel Pd e 62 grilline su un totale di 162 eletti. In percentuale il partito con meno donne è la Lega: solo 5 su 35. I giovani, infine: il più giovane e il più anziano in assoluto sono entrambi del Pd: Enzo Lattuca (ha compiuto 25 anni lo scorso 9 febbraio) e Sergio Zavoli, (90 anni). L’età media dei due rami del Parlamento è di 47,1 anni: era di 51,8 all’inizio della scorsa legislatura e di 52,7 anni nel 2006-08 (Marco Castelnuovo, Sta).
Ratzinger 1 Dalle ore 20 di domani Joseph Ratzinger porterà il nuovo titolo di «Papa emerito» o di «Romano Pontefice emerito» (Marco Ansaldo, Rep).
Ratzinger 2 Ratzinger continuerà a vestire di bianco (come il suo successore) ma senza mantellina, ai piedi avrà mocassini marroni anziché quelli rossi indossati dai Pontefici, non porterà più al dito l’Anello del Pescatore e non potrà usare più il sigillo di piombo con intarsiato il simbolo del suo pontificato, i classici simboli del papato con cui il Pontefice regnante verga i documenti (Orazio La Rocca, Rep).
Code Secondo l’Istat, tra poste, banche, semafori, Als eccetera, passiamo in coda 400 ore l’anno (Caterina Pasolini, Rep).
(a cura di Roberta Mercuri)