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 2013  febbraio 26 Martedì calendario

I risultati del Senato (scrutinio completato) sono i seguenti: Centro-destra, 29,6% dei consensi; Movimento 5 Stelle: 28,3%; Centro-sinistra: 28,1%; Monti 7,6%

I risultati del Senato (scrutinio completato) sono i seguenti: Centro-destra, 29,6% dei consensi; Movimento 5 Stelle: 28,3%; Centro-sinistra: 28,1%; Monti 7,6%. Queste percentuali darebbero luogo (il risultato non è ancora ufficiale) alla seguente ripartizione dei seggi: Centro-destra 123; Centro-sinistra: 104; Movimento 5 Stelle: 57; Monti (Scelta civica): 18. Alla Camera, fino a questo momento (scriviamo alle 22.30 e i risultati non sono ancora definitivi), i risultati in percentuale sono i seguenti: Centro-sinistra 29,8%; Centro-destra 28,9%; Movimento 5 Stelle 25,5%; Monti (Scelta civica): 10,6%. È presto per tradurre in seggi le percentuali della Camera, ma si sa che se il Centro-sinistra a Montecitorio vincesse, come pare in questo momento, Bersani godrebbe alla Camera, grazie al premio, della maggioranza assoluta di 340 seggi. Alcuni dati di contorno ma assai significativi. Guardando il risultato dei singoli partiti, il Movimento 5 Stelle è al primo posto al Senato (28,3 contro il 24,5 del Pd e il 24,4 del Pdl) e secondo alla Camera, staccato dal Pd per uno 0,1 per cento (Pd 25,6 Grillo 25,5 Pdl 21,3). La lista di Ingroia e quella di Giannino hanno ottenuto percentuali di consenso molto basse (rispettivamente poco più del 2 e poco più dell’1% a Montecitorio) e non entrano in Parlamento. Non c’è più traccia del movimento politico di Di Pietro, che aveva tentato di riaccasarsi nel campo di Ingroia. Fuori dal Parlamento anche Gianfranco Fini, che aveva aggregato il suo “Futuro e Libertà” al movimento centrista di Mario Monti. All’interno di questa coalizione, la maggior parte dei voti è andata alla lista di Monti, e al secondo posto, senza superare lo sbarramento del 2%, è arrivato Casini, che sfrutta quindi il suo piazzamento di “miglior perdente” per acchiappare almeno un seggio. Fini, arrivato terzo nella coalizione con lo 0,4, resta fuori.

Perché Grillo, che al Senato è arrivato secondo, prende meno seggi di Bersani che è arrivato terzo?
Perché l’insieme di sbarramenti e premi di maggioranza – che vanno calcolati Regione per Regione – deformano il risultato finale fino a stravolgere il senso delle percentuali che ciascuno raccoglie. A mezzo pomeriggio, quando sembrava che il Centro-sinistra al Senato avesse preso più voti del Centro-destra, il Centro-destra aveva comunque più seggi di quelli assegnati alla coalizione di Bersani perché aveva vinto nelle Regioni chiave: Lombardia, Veneto, Campania, Sicilia, Puglia.  

Sbaglio o al Senato non c’è maggioranza?
Non sbaglia. Il Pd dovrebbe far asse con Grillo e avrebbe così 161 seggi, appena tre in più della maggioranza assoluta (è la situazione già dolorosamente sperimentata da Prodi). Per rinfoirzare questa maggioranza risicatissima ci vorrebbero allora i 18 senatori di Monti. Ma sono ipotesi puramente numeriche, che non tengono conto della realtà politica dell’assemblea.  

Sarebbe?
Grillo, come ha fatto capire ancora ieri sera in un’intervista trasmessa dal suo blog, lavora per un matrimonio Pd-Pdl, cioè per la nascita della cosiddetta Grande Coalizione. È sicuro che, per questa via, si tornerà alle urne molto presto e a quel punto lui potrà mettere alla gogna i due alleati durante la nuova campagna elettorale e colarli definitivamente a picco.  

Ma Pd e Pdl possono dialogare? Si tratterebbe di un evento inaudito…
Saranno costretti, credo. Ieri, prima Cicchitto e poi altri esponenti del centro-destra hanno fatto capire di essere contrarissimi a un nuovo turno elettorale a breve. Il Pd, d’altra parte, sedendosi al tavolo con Berlusconi – come vuole il centro-destra - rischia d’andare in pezzi. Stefano Fassina, l’uomo della Camusso, ha detto subito che bisogna andare a votare di nuovo e mai e poi mai rivolgere la parola ai berlusconiani. Solo che per votare di nuovo, e ottenere un risultato diverso da questo, si deve cambiare la legge elettorale e per cambiare la legge elettorale bisogna che Berlusconi e Bersani si mettano intorno a un tavolo, cioè si parlino, cioè si accordino… È un gatto che si morde la coda. Bersani, prima del voto, aveva parlato “scouting” dei grillini, cioè della possibilità di reclutare qualche grillino in Parlamento. Nelle dichiarazioni di ieri, il concetto è tornato, ma mi pare una pia illusione.  

Intanto dovranno eleggere i presidenti della Camera e del Senato. E il presidente della Repubblica.
Grillo non toglierà le castagne dal fuoco a nessuno. Pdl e Pd (che il comico genovese ha sempre chiamato, significativamente, Pdmenoelle) se la dovranno vedere tra loro. E Bersani, naturalmente, dopo un risultato tanto fiacco, è a rischio all’interno del suo stesso partito. Le campane di Matteo Renzi cominceranno a suonare molto presto.