Rassegna, 25 febbraio 2013
L’ultimo angelus di Benedetto XVI: «Non abbandono la Chiesa»
• Nell’ultimo Angelus, davanti ai oltre centomila in piazza San Pietro, Benedetto XVI ieri ha detto: «Il Signore mi chiama a “salire sul monte”, a dedicarmi ancora di più alla preghiera e alla meditazione». Poi ha alzato la mano destra con l’anello piscatorio, puntando l’indice in alto: «Ma questo non significa abbandonare la Chiesa. Anzi, se Dio mi chiede questo è proprio perché io possa continuare a servirla con la stessa dedizione e lo stesso amore con cui ho cercato di farlo fino ad ora». [Vecchi, Cds]
• Vecchi sul Cds: «Joseph Ratzinger ha già spiegato che quando non sarà più Papa, dopo le 20 del 28 febbraio, rimarrà “nascosto al mondo”, per due mesi a Castel Gandolfo e poi in un monastero interno al Vaticano. E le parole di ieri chiariscono il senso della sua nuova presenza: per i fedeli e per il suo stesso successore. Da grande teologo, il Pontefice parte dalla lettura del giorno, il vangelo di Luca che racconta della salita di Gesù sul monte Tabor e la Trasfigurazione, “Cristo compie un nuovo esodo, non verso la terra promessa come al tempo di Mosé ma verso il cielo”. E il Papa parla di Pietro, là presente, e del suo “tentativo impossibile di fermare tale esperienza mistica”, cita Sant’Agostino: Pietro non avrebbe voluto più scendere “per tornare alle fatiche e ai dolori”. Ecco il punto. C’è anzitutto il “primato della preghiera, senza la quale tutto l’impegno dell’apostolato e della carità si riduce ad attivismo”, certo. Però, spiega, “la preghiera non è un isolarsi dal mondo e dalle sue contraddizioni, come sul Tabor avrebbe voluto fare Pietro: l’orazione riconduce al cammino, all’azione”».