24 febbraio 2013
Tags : Giacinto Di Pietrantonio
Biografia di Giacinto Di Pietrantonio
• Lettomanoppello (Pescara) 8 agosto 1954. Critico d’arte. Direttore del GAMeC, Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Bergamo. Docente all’Accademia di Belle arti di Brera, a Milano.
• «(...) È uno dei curatori più imprevedibili e più pirotecnici in circolazione. Ma non solo. La sua preparazione e il suo stretto rapporto con gli artisti lo fanno essere uno dei professionisti più credibili a livello internazionale. Eppure lui è l’Italia che ha preso a cuore ed è all’Italia che vuole parlare. Anche se la mostra di Alighiero Boetti che presentò al museo di Bergamo, che poi ha viaggiato anche in Argentina, è stata la miglior mostra dedicata a questo artista degli ultimi anni. La fantasia curatoriale di Di Pietrantonio è così movimentata che rischia sempre di gareggiare con i suoi progetti con gli artisti. (...) Surreale questo curatore però non lo è mai anche se naviga spesso ai confini della realtà. La sua energia è contagiosa. Difficilmente trova artisti che gli dicano di no. Ogni sua mostra è un’avventura. Per lui che la cura, per le opere d’arte che ci sono dentro e infine cosa più importante e più bella per lo spettatore che viene proiettato dentro un’altra dimensione. Il museo o la galleria devono essere in grado di fare questo se vogliono avere successo nel loro ruolo culturale, portare chi entra dentro in un altro mondo, cambiandogli anche per pochi minuti il punto di vista. L’arte serve a cambiare e Giacinto Di Pietrantonio l’ha capito benissimo. Pochi curatori sanno affrontare i progetti e le mostre come fa lui camminando sulla corda senza rete. In un’epoca di codardi rampanti questo non è poco davvero. Non sono certo tutte rose e fiori nel suo approccio garibaldino con l’arte. Di Pietrantonio è a volte anche cialtrone e sventato tenendo un rapporto troppo personale con l’arte che gli passa fra le mani diventandone non solo complice ma anche amicone. Non tutta l’arte è così socievole, molte opere esigono un’aura che Di Pietrantonio non sempre riesce a garantire trascinato da una frenetica passione che lo porta a trasformare ogni mostra in un happening d’immagini. (...) Gdp è la sigla con la quale questo funambolo dell’arte contemporanea si firma, come se fosse un motore di una macchina super innovativa ed ecologica. Con che tipo di carburante funzioni il cervello di Gdp è un mistero. Di lui vanno pazzi gli studenti delle scuole dove insegna, dote da non sottovalutare in un mondo, quello dell’arte, dove l’80% si mette di solito nel comunicare la propria immagine e il resto se va bene si disperde nell’ambiente sperando che qualcuno ne possa beneficiare. L’aspetto di Gdp ha qualcosa di demonico. Un diavolo positivo ma pur sempre un diavolo capace di comprarsi l’anima dell’artista irretendolo con una conversazione vivace e spumeggiante. In piedi Gdp ha la posizione autorevole ma comoda del Balzac scolpito da Rodin, leggermente con il peso spostato indietro come se fosse sempre sul punto di catapultarsi da qualche parte, su qualcosa o qualcuno. Giacinto Di Pietrantonio arriva da un piccolo paese d’Abruzzo, Lettomanoppello, dove non c’era e non c’è arte, solo una tradizione artigianale di scalpellini che lavorano la pietra della Maiella. Il suo padrino era uno scalpellino, compare Antonio, forse per questo si è poi orientato verso l’arte. Davanti a casa sua c’era un cinema, Aurora, proprio come Nuovo Cinema Paradiso, dove andava tutti i giorni. Entrava al primo spettacolo delle 18 e rimaneva fino all’ultimo. Guardava di tutto senza avere però coscienza della qualità e della differenza: da Pasolini a spaghetti western alla commedia all’italiana, ai film di kung fu. Un flusso di immagini che lo ha fatto diventare vorace per tutto quello che di visivo c’è nella cultura. Per questo l’arte concettuale quella dove il pensiero supera l’esperienza non lo appassiona troppo. Le uniche immagini d’arte che ricorda della sua infanzia sono dei disegni di Guttuso pubblicate sull’Almanacco del Partito Comunista Italiano, unico libro che aveva in casa, fin quando non sono entrati quelli di scuola. Liceo artistico a Pescara, dove circolava già il mito di Andrea Pazienza che Gdp conosceva personalmente, ma già emigrato al Dams di Bologna dove poi anche lui s’iscriverà. Ed è a Bologna che l’arte anziché la droga entra nel sangue di Gdp. Divide la casa con Luca Carrà, nipote di Carlo Carrà, è destino. Gli interessava però l’arte antica non ancora la moderna e la contemporanea. Studiava e contestava, era il ’77. A Bologna voleva dire contestazione creativa, indiani metropolitani, la nascita della rivista di fumetti d’avanguardia Cannibale, sempre con Pazienza e Tamburini. Ma anche tanta musica rock-pop e i cantautori italiani. Venendo da una famiglia operaia la sua aspirazione massima era di diventare professore di storia dell’arte e dedicarsi all’insegnamento. Il posto fisso insomma. Fare il critico d’arte non si sapeva neanche cosa fosse. Solo tanti anni dopo, con i genitori a guardare il Costanzo Show dove iniziava ad apparire Sgarbi in trasmissione come critico d’arte, la madre capisce cosa è un critico d’arte e cosa farà il figlio. Gdp comprende che Sgarbi stava dando all’Italia una coscienza social-nazional-popolare al critico d’arte, “un merito che gli va riconosciuto”. Ma lui vorrebbe fare meglio. La prima mostra che Gdp cura è legata agli studenti fuori sede. In questo passaggio di posti letto il suo amico Luigi Mastrangelo gli dice che sta per fare una mostra insieme a due altri artisti. Gdp scrive per il depliant che avrebbe accompagnato la mostra. Era il 1980. Viaggia a Colonia che a quel tempo era come Londra o New York oggi per l’arte contemporanea, tutti gli artisti si trasferivano lì in cerca di fortuna. Torna con un manipolo di nuovi artisti tedeschi e organizza una mostra mista con artisti italiani in tre luoghi diversi; il Circolo Artistico di Bologna, le scuole elementari di Copparo e la galleria che si chiamava La linea d’Ombra. Così Gdp inconsapevolmente innaugura il curatore fai da te. Fino ad allora fare il critico o il curatore voleva dire passare attraverso l’assistentato di professori e critici già affermati come Barilli, Bonito Oliva, Celant. Gdp salta a piè pari tutti quei passaggi. Lo nota Giancarlo Politi, anarchico patron della rivista Flash Art, che lo chiama a Lettomanoppello, durante le vacanze di Natale, invitandolo a scrivere su Flash Art. Fu l’entrata ufficiale nel mondo dell’arte. Da allora curerà un numero incredibile di mostre e mostriciattole. (...) Gdp ha sempre avuto il pallino che l’arte è tale al di là del tempo. Così arrivato alla Gamec nel 2000 inaugura, pochi mesi dopo, la mostra Dinamiche della Vita e dell’Arte in cui venivano messe in relazione opere moderne e contemporanee con alcune opere antiche della Pinacoteca dell’Accademia Carrara di Bergamo. Ma l’occasione d’oro arriva ora con la stessa Pinacoteca chiusa per ristrutturazione. Gdp può disporre di una grande quantità di opere antiche che gli consentono di portare a conclusione quella idea appena abbozzata» (Francesco Bonami) [Rif 5/4/2009].