La Gazzetta dello Sport, 17 febbraio 2013
I politici stanno litigando su una frase di Napolitano. In America, alla fine dell’incontro con Obama, il presidente ha deplorato che «da qualche partito si sia passati dal sostegno ai provvedimenti del governo a giudizi liquidatori»
I politici stanno litigando su una frase di Napolitano. In America, alla fine dell’incontro con Obama, il presidente ha deplorato che «da qualche partito si sia passati dal sostegno ai provvedimenti del governo a giudizi liquidatori». L’espressione «qualche partito» è tipicamente democristiana. Quale partito? In quale circostanza? Naturalmente si può parlare con questo stile quando si è sicuri che chi deve capire capirà. E l’ambiguità del primo enunciato renderà poi possibile indignarsi e far mostra di stupore. Siccome quelli del Pdl avevano interpretato il «qualche partito» come un riferimento a loro (e giustamente: sono stati loro, di fatto, a buttare giù Monti col condimento di un durissimo discorso di Alfano in Parlamento), e avevano attaccato per questo Napolitano imputandolo di ingerenza nella campagna elettorale, ieri il Quirinale ha smentito: «È palesemente infondato e del tutto gratuito parlare di “ingerenza” nella campagna elettorale». Un po’ imprudentemente il Capo dello Stato ha aggiunto che il comportamento di Obama è stato «impeccabile». Excusatio non petita – cioè giustificazione non richiesta – che ha costretto la Casa Bianca ad assicurare che «gli Stati Uniti non si schierano».
• Quindi lei dice che Napolitano ha torto e Berlusconi ragione?
Hanno tutti delle code di paglia grosse così. È ovvio che nessuno può sapere che cosa Obama ha detto nel colloquio riservato con Napolitano. Però: questo colloquio è durato cinquanta minuti (quasi il doppio del previsto); Napolitano è stato ricevuto nello Studio Ovale, come si fa solo negli incontri operativi e non di semplice rappresentanza (il pretesto del viaggio americano di Napolitano era un saluto prima delle fine del settennato); gli americani si guardano bene, in genere, dall’incontrare uomini politici di un Paese impegnato nella campagna elettorale. Napolitano, sia detto senza ingiuria, ha ricevuto onori inusitati, Barack si è spinto a benedire il fatto che l’incontro avvenisse per San Valentino, festa degli innamorati. Ha tirato persino fuori i figli: «Malia e Sasha, appena sono stato rieletto, mi hanno subito chiesto: papà, che bello, ma allora torniamo in Italia». Basta paragonare tutto questo calore – del quale peraltro ci congratuliamo – con le sberle rifilate a Berlusconi quando era premier per capire che non si tratta di amore per l’Italia, ma di endorsement politico. Un modo di fare ingerenza senza fare ingerenza.
• Che sberle a Berlusconi?
Obama, dopo la prima elezione, s’è guardato bene dal ricevere il presidente del Consiglio italiano, cosa che se avessimo un minimo di orgoglio nazionale avrebbe dovuto indignarci (sto parlando soprattutto dei giornali). Una volta, ringraziando gli alleati per il contributo dato alle guerre in oriente, saltò per sbaglio il ringraziamento all’Italia. Eccetera. Anche in America si segnala, come del resto in Europa, il terrore che a Palazzo Chigi rientri il Cav. Francamente sono interferenze, che ci piaccia o no, e pure pesanti.
• Alla fine che cosa gliene frega agli americani delle elezioni italiane?
Gli americani, come gli europei, vogliono che il prossimo governo continui la politica di Monti, cioè la politica del risanamento dei conti. Gli americani, a questo punto della storia, hanno paura che l’Europa salti per aria trascinando nel baratro il resto del mondo. Noi siamo la riserva di dinamite che può far scoppiare tutto. La vittoria di Berlusconi, che parla di complotto tedesco, vuole restituire l’Imu, perdonare gli evasori e buttare soldi nello Stretto di Messina (riferisco le idee nello stile di chi la pensa così), è in questa visione il fiammifero che farà esplodere l’Italia e con l’Italia l’Europa e con l’Europa il pianeta. C’è però un altro punto.
• Quale?
Quale politica si augura Obama per l’Europa? Voglio dire: fingendo che esistano due partiti, uno per l’austerità e l’altro per la spesa (la parola “crescita” è un paravento che nasconde la parola “spesa pubblica”), di quale partito Obama si augura la vittoria? Del partito della spesa, evidentemente, che – comprando merci Usa – porterebbe sollievo alle finanze di quel Paese. L’Italia può essere in questo senso la chiave capace di aprire il cuore della Merkel, finora rigorista implacabile ma che sarà forse più sensibile, su questo punto, dopo le elezioni tedesche di settembre.
• Beh, Bersani parla continuamente di crescita.
E Napolitano è sempre del partito di Bersani. Ci sono solo due osti con cui tutti quanti si ostinano a non voler fare i conti. Primo: parla di crescita anche Berlusconi, al punto da aver sbeffeggiato l’altra mattina il suo ministro dell’Economia Tremonti, il rigorista dei tagli lineari, annunciando che, in caso di vittoria del centro-destra, sarebbe finito al ministero delle supposte. Secondo: Grillo sta crescendo al punto che Berlusconi si è precipitato a far comizi in Sicilia dove pare certo che il Movimento 5 Stelle arriverà primo. Può persino accadere che dopo le elezioni ci troviamo con una maggioranza molto solida, ma non di centro-sinistra…