Il Riformista, venerdì 4 marzo 2011, 17 febbraio 2013
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In quel blu dipinto da Modugno e Chagall (articolo del 4/3/2011)
Il Riformista, venerdì 4 marzo 2011
Nel 1958 Domenico Modugno vinse il Festival di Sanremo con una canzone che era un inno alla fantasia e alla gioia di vivere. Uno squarcio innovativo nel mondo della canzone leggera che ribaltò il modello delle canzoni del periodo, legate in maniera sempre tradizionale ai temi d’amore più stantii, come ad esempio la canzone Edera della «matura» Nilla Pizzi che era un monumento al passato ed era il brano ultrafavorito di quella edizione del Festival. Tuttavia Nel blu dipinto di blu, con la musica di Modugno e le parole di Franco Migliacci, fu un inarrestabile e travolgente mantra che incantò il pubblico in maniera impressiva, e travolse giuria e popolo come un ciclone quasi sciamanico.
Molti si resero conto della forza interna del testo e della musica della canzone; tutti furono impressionati dall’energia espressiva dell’interpretazione del cantante: una specie di furor estatico che lo prese sul palco dell’Ariston e contagiò vecchi e giovani. È rimasto celebre il gesto dell’apertura delle braccia da parte di Modugno sul ritornello del brano.
Comunque, la struttura della canzone (a parte il testo) era ancora piuttosto tradizionale, e la vera novità stava nell’arrangiamento ideato dal maestro Alberto Semprini (che non ha mai avuto il giusto riconoscimento del successo della canzone) perché proprio lui gli aveva dato quell’incedere swing che ne decretava un ragguardevole e positivo straniamento per un pezzo che veniva presentato nel tempio dell’ortodossia musicale nazional-popolare.
Accanto al cantante pugliese, sul palco del Teatro Ariston, in quell’ormai lontano 1958, c’era il milanese Johnny Dorelli, perché a quei tempi il Festival della canzone italiana prevedeva due interpreti per ogni canzone. Modugno e Dorelli erano due bravi cantanti, il primo era sanguigno ed emotivo (capostipite della corrente dei cosiddetti “urlatori”), il secondo più confidenziale e composto. Entrambi seppero dare qualcosa alla canzone che diventò subito famosa, anche se l’esuberanza di Modugno ebbe il sopravvento. I due cantanti che vinsero quel Sanremo del 1958 in maniera inaspettata decisero (anche su suggerimento delle loro case discografiche e dei rispettivi consiglieri e agenti) di tornare a Sanremo l’anno dopo, forti del grande successo di Nel blu dipinto di blu. La canzone del 1959 che Modugno e Dorelli portarono al festival era Piove, e non aveva certo la qualità della precedente, ma nonostante tutto, forse ancora sulla scia entusiastica dell’anno prima, i due vinsero di nuovo Sanremo.
A questo punto, all’avvio degli anni Sessanta, sembrava che anche al Festival della canzone la melodia tradizionale italiana fosse messa da parte, se non addirittura sepolta per sempre, col suo profumo di amido e di merletti, con le sue attempate Nille Pizzi e i colonnelli come Claudio Villa. Ma non fu così. Nel blu dipinto di blu ebbe ragione di una vecchia Sanremo, ma vinse soltanto una battaglia e non l’intera guerra, perché negli anni successivi furono molti i brani che riportavano temi e musiche indietro nel tempo, con atteggiamenti compromissori e inossidabili. In sostanza erano in strepitosa maggioranza performance rassicuranti come Non ho l’età, interpretata da una giovanissima Gigliola Cinquetti o Finché la barca va di Orietta Berti, invece che episodi di prorompente novità come Volare.
Il testo della canzone non ha un’origine precisa e documentata, perché pur essendo stato scritto da Migliacci, anche Modugno sosteneva di aver contribuito alla sua ideazione, attribuendosi la paternità del passaggio più famoso, quel «Volare oh, oh». Modugno raccontava di aver avuto idea di quel ritornello guardando il cielo azzurro insieme alla moglie dalla finestra della casa romana. Franco Migliacci, invece, diceva che aveva avuto l’idea del ritornello dopo aver visto un quadro del pittore russo Chagall, che rappresentava un gallo rosso di fronte a una finestra spalancata su un cielo giallo. In seguito Modugno confessò che mentre con Migliacci stavano attraversando il Tevere a Ponte Milvio ebbe la folgorazione di un verso «di blu m’ero dipinto» da cui cominciò tutto. Invece Migliacci disse che il volo poetico che gli stimolò il testo della canzone arrivò dopo una notte da incubo dovuta a una sofferenza amorosa.
Qualunque sia stata la molla primigenia che fece scattare l’idea e la realizzazione del testo è certo che nessuno dei due autori si sarebbe mai aspettato un tale successo planetario. Conosciuta con due titoli, appunto l’originale Nel blu dipinto di blu e il successivo Volare, la canzone vendette dischi per cifre da capogiro soltanto nell’anno di edizione, mentre complessivamente sembra abbia venduto circa 22 milioni di copie in tutto il mondo. Vinse anche due Grammy Award nel 1958 sia come canzone che come disco dell’anno, e rimase in testa alla classifica americana del 45 giri per tredici settimane, risultato unico per una canzone cantata in italiano.
Anche l’etichetta discografica Fonit cercò di fare cassa con la canzone, subito dopo il Sanremo del 1958, incidendone ben quattro versioni, con altrettanti lati B, e in un caso colorando il vinile di blu, come recitava il testo della canzone.
Sembra che questo brano abbia avuto una fortuna davvero superiore alle aspettative e si fatica a comprendere la sua fama internazionale, ma forse questa diffusione si deve anche al fatto che in quegli anni di boom economico l’Italia era il paese europeo più rispettato all’estero e il suo mercato economico era il più appetibile anche per una certa solidità della moneta, della lira, che ne decretava una stabilità invidiabile. Forse anche per questi motivi gli occhi del mondo erano interessati anche ai fenomeni del costume della penisola. Nel blu dipinto di blu ha avuto oltre 113 interpretazioni e cover differenti, eseguita da cantanti, gruppi, e orchestre di tutto il mondo. David Bowie la fece inserire nella colonna sonora del film Absolute Beginners, che era ambientato proprio nel 1958. Barry White la cantò in un suo album del 1991. E Paul McCartney la cantò dal vivo in occasione dei suoi ultimi concerti del 2003 a Roma.
Nel 1958 Domenico Modugno vinse il Festival di Sanremo con una canzone che era un inno alla fantasia e alla gioia di vivere. Uno squarcio innovativo nel mondo della canzone leggera che ribaltò il modello delle canzoni del periodo, legate in maniera sempre tradizionale ai temi d’amore più stantii, come ad esempio la canzone Edera della «matura» Nilla Pizzi che era un monumento al passato ed era il brano ultrafavorito di quella edizione del Festival. Tuttavia Nel blu dipinto di blu, con la musica di Modugno e le parole di Franco Migliacci, fu un inarrestabile e travolgente mantra che incantò il pubblico in maniera impressiva, e travolse giuria e popolo come un ciclone quasi sciamanico.
Molti si resero conto della forza interna del testo e della musica della canzone; tutti furono impressionati dall’energia espressiva dell’interpretazione del cantante: una specie di furor estatico che lo prese sul palco dell’Ariston e contagiò vecchi e giovani. È rimasto celebre il gesto dell’apertura delle braccia da parte di Modugno sul ritornello del brano.
Comunque, la struttura della canzone (a parte il testo) era ancora piuttosto tradizionale, e la vera novità stava nell’arrangiamento ideato dal maestro Alberto Semprini (che non ha mai avuto il giusto riconoscimento del successo della canzone) perché proprio lui gli aveva dato quell’incedere swing che ne decretava un ragguardevole e positivo straniamento per un pezzo che veniva presentato nel tempio dell’ortodossia musicale nazional-popolare.
Accanto al cantante pugliese, sul palco del Teatro Ariston, in quell’ormai lontano 1958, c’era il milanese Johnny Dorelli, perché a quei tempi il Festival della canzone italiana prevedeva due interpreti per ogni canzone. Modugno e Dorelli erano due bravi cantanti, il primo era sanguigno ed emotivo (capostipite della corrente dei cosiddetti “urlatori”), il secondo più confidenziale e composto. Entrambi seppero dare qualcosa alla canzone che diventò subito famosa, anche se l’esuberanza di Modugno ebbe il sopravvento. I due cantanti che vinsero quel Sanremo del 1958 in maniera inaspettata decisero (anche su suggerimento delle loro case discografiche e dei rispettivi consiglieri e agenti) di tornare a Sanremo l’anno dopo, forti del grande successo di Nel blu dipinto di blu. La canzone del 1959 che Modugno e Dorelli portarono al festival era Piove, e non aveva certo la qualità della precedente, ma nonostante tutto, forse ancora sulla scia entusiastica dell’anno prima, i due vinsero di nuovo Sanremo.
A questo punto, all’avvio degli anni Sessanta, sembrava che anche al Festival della canzone la melodia tradizionale italiana fosse messa da parte, se non addirittura sepolta per sempre, col suo profumo di amido e di merletti, con le sue attempate Nille Pizzi e i colonnelli come Claudio Villa. Ma non fu così. Nel blu dipinto di blu ebbe ragione di una vecchia Sanremo, ma vinse soltanto una battaglia e non l’intera guerra, perché negli anni successivi furono molti i brani che riportavano temi e musiche indietro nel tempo, con atteggiamenti compromissori e inossidabili. In sostanza erano in strepitosa maggioranza performance rassicuranti come Non ho l’età, interpretata da una giovanissima Gigliola Cinquetti o Finché la barca va di Orietta Berti, invece che episodi di prorompente novità come Volare.
Il testo della canzone non ha un’origine precisa e documentata, perché pur essendo stato scritto da Migliacci, anche Modugno sosteneva di aver contribuito alla sua ideazione, attribuendosi la paternità del passaggio più famoso, quel «Volare oh, oh». Modugno raccontava di aver avuto idea di quel ritornello guardando il cielo azzurro insieme alla moglie dalla finestra della casa romana. Franco Migliacci, invece, diceva che aveva avuto l’idea del ritornello dopo aver visto un quadro del pittore russo Chagall, che rappresentava un gallo rosso di fronte a una finestra spalancata su un cielo giallo. In seguito Modugno confessò che mentre con Migliacci stavano attraversando il Tevere a Ponte Milvio ebbe la folgorazione di un verso «di blu m’ero dipinto» da cui cominciò tutto. Invece Migliacci disse che il volo poetico che gli stimolò il testo della canzone arrivò dopo una notte da incubo dovuta a una sofferenza amorosa.
Qualunque sia stata la molla primigenia che fece scattare l’idea e la realizzazione del testo è certo che nessuno dei due autori si sarebbe mai aspettato un tale successo planetario. Conosciuta con due titoli, appunto l’originale Nel blu dipinto di blu e il successivo Volare, la canzone vendette dischi per cifre da capogiro soltanto nell’anno di edizione, mentre complessivamente sembra abbia venduto circa 22 milioni di copie in tutto il mondo. Vinse anche due Grammy Award nel 1958 sia come canzone che come disco dell’anno, e rimase in testa alla classifica americana del 45 giri per tredici settimane, risultato unico per una canzone cantata in italiano.
Anche l’etichetta discografica Fonit cercò di fare cassa con la canzone, subito dopo il Sanremo del 1958, incidendone ben quattro versioni, con altrettanti lati B, e in un caso colorando il vinile di blu, come recitava il testo della canzone.
Sembra che questo brano abbia avuto una fortuna davvero superiore alle aspettative e si fatica a comprendere la sua fama internazionale, ma forse questa diffusione si deve anche al fatto che in quegli anni di boom economico l’Italia era il paese europeo più rispettato all’estero e il suo mercato economico era il più appetibile anche per una certa solidità della moneta, della lira, che ne decretava una stabilità invidiabile. Forse anche per questi motivi gli occhi del mondo erano interessati anche ai fenomeni del costume della penisola. Nel blu dipinto di blu ha avuto oltre 113 interpretazioni e cover differenti, eseguita da cantanti, gruppi, e orchestre di tutto il mondo. David Bowie la fece inserire nella colonna sonora del film Absolute Beginners, che era ambientato proprio nel 1958. Barry White la cantò in un suo album del 1991. E Paul McCartney la cantò dal vivo in occasione dei suoi ultimi concerti del 2003 a Roma.
Alessandro Agostinelli e Maria Gloria Roselli