La Stampa, martedì 9 agosto 1994, 17 febbraio 2013
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Roma canta l’addio a Modugno (articolo del 9/8/1994)
La Stampa, martedì 9 agosto 1994
Cinque del pomeriggio di ieri: un coro di voci infrange il silenzio che avvolge l’Appia Antica. «Nel blu dipinto di blu...», intonano i romani arrivati per salutare l’ultima volta Mister Volare. Quando giunge la bara, nel piazzale di fronte a San Sebastiano fuori le mura si alzano le voci, che arrivano dritte, sonore, all’altare, ai primi banchi. A destra sta la moglie Franca Gandolfi con i tre figli, a sinistra siedono le autorità, il ministro Antonio Guidi, il sindaco della città Francesco Rutelli, l’ex ministro della Giustizia Giovanni Conso.
Franca Gandolfi abbassa la testa, si commuove ma trattiene le lacrime. Mimmo non avrebbe voluto. Lui ha sempre insegnato la gioia di vivere. Un carattere, il suo, capace di grandi passioni, grandi amori e grandi ire, che negli anni gli aveva procurato l’affetto non solo della gente comune ma anche dei colleghi. E ieri erano in tanti al suo funerale.
C’erano Massimo Ranieri, Mara Venier, Tony Renis, Jo Squillo, Luciano De Crescenzo, Pietro Garinei, Lino Banfi, Marisa Laurito. E poi il suo amico, collega e rivale di tanti Sanremo, Achille Togliani: «Se ne va un amico e un grande artista», dice. «Tante volte ho cantato le sue canzoni nei night. Oggi non esistono più». Sergio Endrigo ha voluto ricordare come Modugno «abbia insegnato ad una generazione di cantanti ad essere liberi. È lui che ha lanciato la prima pietra di una piccola rivoluzione». Ciccio Ingrassia ha nel cuore l’immagine di Modugno mattatore con Rinaldo in campo. «Un’avventura comunque irripetibile», dice.
La musica ha accompagnato tutta la cerimonia: brani di Haendel, Albinoni, Beethoven, Schumann e Lully scelti dalla famiglia, che ha voluto brani «gioiosi» per l’ultimo saluto a Mimmo. Tanti i fiori, disposti intorno alla bara «sorvegliata» dal gonfalone di Polignano, la città dove è nato Modugno, sessantasei anni fa. Tra le corone di fiori anche quella del Presidente della Repubblica, che ai familiari ha voluto esprimere le sue condoglianze con una lettera molto affettuosa. Tanti anche gli applausi che hanno scandito la cerimonia. Quando il sacerdote, Don Calcagno, ha invitato a ricordare Modugno «vivo con il corpo liberato dalla malattia mentre vola negli spazi liberi del cielo andando incontro al Signore nella luce dell’eternità». Quando ha preso la parola il ministro Guidi. E quando il pianista che per vent’anni è stato al fianco di Domenico Modugno, Mario Castellacci, ha suonato il motivo di Meraviglioso, una canzone di Mister Volare che è un inno alla vita. Tanto che don Calcagno la paragona al cantico delle creature di San Francesco. «Perché vi è ringraziamento e lode a Dio», spiega.
Nella sua omelia il viceparroco ricorda la tempra di Modugno: «Quello che ci ha fatto apprezzare l’uomo Modugno è stato quando dieci anni fa dovette affrontare la prova più dura della sua vita: una malattia che minava alle radici la sua esuberante personalità. Ma quando tutti pensavano che fosse finito, ecco riemergere un lato di Modugno che solo pochi conoscevano: la forte tempra di un uomo abituato a lottare e a non arrendersi mai».
Adesso Roma saluterà ancora una volta Domenico Modugno. Lo farà, ha promesso il sindaco Francesco Rutelli. «Nell’ultimo incontro con Modugno – ha detto Rutelli – gli avevo promesso una serata speciale al teatro dell’Opera per rendere omaggio a un grande italiano, prima che a un grande artista. È un impegno che cercheremo di mantenere per ricordare il suo messaggio di pace, di fratellanza, di vitalità, dimostrato quando si è riscattato dal dolore fisico per dedicarsi all’impegno a favore degli invalidi e dell’ambiente». Ancora un applauso, l’ultimo, quando la bara esce dalla chiesa. Domenico Modugno si congeda dal suo pubblico, sicuro di rimanere nei loro cuori.
Cinque del pomeriggio di ieri: un coro di voci infrange il silenzio che avvolge l’Appia Antica. «Nel blu dipinto di blu...», intonano i romani arrivati per salutare l’ultima volta Mister Volare. Quando giunge la bara, nel piazzale di fronte a San Sebastiano fuori le mura si alzano le voci, che arrivano dritte, sonore, all’altare, ai primi banchi. A destra sta la moglie Franca Gandolfi con i tre figli, a sinistra siedono le autorità, il ministro Antonio Guidi, il sindaco della città Francesco Rutelli, l’ex ministro della Giustizia Giovanni Conso.
Franca Gandolfi abbassa la testa, si commuove ma trattiene le lacrime. Mimmo non avrebbe voluto. Lui ha sempre insegnato la gioia di vivere. Un carattere, il suo, capace di grandi passioni, grandi amori e grandi ire, che negli anni gli aveva procurato l’affetto non solo della gente comune ma anche dei colleghi. E ieri erano in tanti al suo funerale.
C’erano Massimo Ranieri, Mara Venier, Tony Renis, Jo Squillo, Luciano De Crescenzo, Pietro Garinei, Lino Banfi, Marisa Laurito. E poi il suo amico, collega e rivale di tanti Sanremo, Achille Togliani: «Se ne va un amico e un grande artista», dice. «Tante volte ho cantato le sue canzoni nei night. Oggi non esistono più». Sergio Endrigo ha voluto ricordare come Modugno «abbia insegnato ad una generazione di cantanti ad essere liberi. È lui che ha lanciato la prima pietra di una piccola rivoluzione». Ciccio Ingrassia ha nel cuore l’immagine di Modugno mattatore con Rinaldo in campo. «Un’avventura comunque irripetibile», dice.
La musica ha accompagnato tutta la cerimonia: brani di Haendel, Albinoni, Beethoven, Schumann e Lully scelti dalla famiglia, che ha voluto brani «gioiosi» per l’ultimo saluto a Mimmo. Tanti i fiori, disposti intorno alla bara «sorvegliata» dal gonfalone di Polignano, la città dove è nato Modugno, sessantasei anni fa. Tra le corone di fiori anche quella del Presidente della Repubblica, che ai familiari ha voluto esprimere le sue condoglianze con una lettera molto affettuosa. Tanti anche gli applausi che hanno scandito la cerimonia. Quando il sacerdote, Don Calcagno, ha invitato a ricordare Modugno «vivo con il corpo liberato dalla malattia mentre vola negli spazi liberi del cielo andando incontro al Signore nella luce dell’eternità». Quando ha preso la parola il ministro Guidi. E quando il pianista che per vent’anni è stato al fianco di Domenico Modugno, Mario Castellacci, ha suonato il motivo di Meraviglioso, una canzone di Mister Volare che è un inno alla vita. Tanto che don Calcagno la paragona al cantico delle creature di San Francesco. «Perché vi è ringraziamento e lode a Dio», spiega.
Nella sua omelia il viceparroco ricorda la tempra di Modugno: «Quello che ci ha fatto apprezzare l’uomo Modugno è stato quando dieci anni fa dovette affrontare la prova più dura della sua vita: una malattia che minava alle radici la sua esuberante personalità. Ma quando tutti pensavano che fosse finito, ecco riemergere un lato di Modugno che solo pochi conoscevano: la forte tempra di un uomo abituato a lottare e a non arrendersi mai».
Adesso Roma saluterà ancora una volta Domenico Modugno. Lo farà, ha promesso il sindaco Francesco Rutelli. «Nell’ultimo incontro con Modugno – ha detto Rutelli – gli avevo promesso una serata speciale al teatro dell’Opera per rendere omaggio a un grande italiano, prima che a un grande artista. È un impegno che cercheremo di mantenere per ricordare il suo messaggio di pace, di fratellanza, di vitalità, dimostrato quando si è riscattato dal dolore fisico per dedicarsi all’impegno a favore degli invalidi e dell’ambiente». Ancora un applauso, l’ultimo, quando la bara esce dalla chiesa. Domenico Modugno si congeda dal suo pubblico, sicuro di rimanere nei loro cuori.
Maria Corbi