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 2013  febbraio 13 Mercoledì calendario

Biografia di Marco Cingolani

• Maslianico (Como) 21 febbraio 1961. Pittore. • «Pittore mariano e rossiniano (...) milanese dal ’78 e un poco anche siciliano (insegna Belle Arti a Palermo – poi a Torino, ndr – dove alleva una giovane generazione di strafigurativi). (...) Lourdes e (...) Fatima, le apparizioni più care a Cingolani che ne ha scritto in una serie di articoli su Cronaca Vera (sì, il settimanale popolare, perché se il nostro uomo fosse uno snob, e non è detto che non lo sia, sarebbe uno snob al contrario). Avanza dubbi su Medjugorje: “Non ci sono mai state apparizioni così prolungate nel tempo, e poi per dire sempre le stesse cose”. L’interesse per visioni e celesti beatitudini era intrinseco in lui ma venne rafforzato da nonna Antonia Latini, marchigiana di Matelica, dalla quale ha ereditato una collezione di santini, e da don Luigi Bianchi, grande fatimologo, già parroco a Maslianico. Gli piace così tanto il cattolicesimo che vuole farlo diventare “sexy”, usa proprio questa parola. Diventare o meglio ridiventare, come al tempo della eroticissima Madonna di Jean Fouquet o di quelle Maddalene sì pentite, sì sante, sì romite, ma col capezzolo che non voleva saperne di starsene tranquillo sotto i lunghi capelli. Stavolta però lo strumento non è il disegno (quindi niente mammelle tornite) ma il colore, che ricorda il buonumore di Depero e la vitalità di Schifano. Non si è nati per soffrire, nell’arte catechistica di Cingolani, ma per vedere e godere. E il vedere è sempre un’apparizione, un’epifania, qualcosa che sorge lentamente dal colore spalmato sulla tela, pennellata dopo pennellata, strato dopo strato, in un lento processo dall’indistinto al discernibile. Non sono quadri premeditati, all’inizio l’autore non sa se comparirà un Cristo o una Madonna o un Papa o un Santo o un comune fedele, e se il gesto sarà il battezzare, il comunicarsi o il pregare… Cingolani è un raro figurativo non iperrealista e quindi non fotografico (…) magnanimo, concede libertà all’uomo che guarda: nei suoi quadri puoi vedere quello che ci vede lui oppure soltanto dei bei colori. Fantasmatici dipinti in cui il divino lo devi un po’ cercare, non ti si apre subito davanti. Per aiuto ci si può rivolgere ai titoli, il più soccorrevole, formidabile dei quali è Confessionali felici. Qui l’arredo ligneo inventato proprio a Verona dal cardinale Giberti (poi diffuso a Milano da San Carlo Borromeo) perde ogni fosco connotato controriformista, basti a dimostrarlo la crestina rossa sul tetto, secondo me una cresta di gallo, secondo l’autore una coroncina, o una torta: qualunque cosa sia è una cosa buffa. “Sono veri e propri aiuti umanitari, è lì che l’anima riconquista la serenità”. Un pittore che considera i confessionali alla stregua di aiuti umanitari deve diventare ricco come un creso, così potrebbe fare regali non solo a Milano (la messa esultante in San Bartolomeo) ma ovunque nel mondo desolato e incattivito che ignora l’Incarnazione. Gaza? Congo? Zimbabwe? Invece di mandarci Frattini, Cingolani organizzerebbe lanci di rosari» (Camillo Langone) [Fog 21/2/2009].



• «Il Flannery O’Connor della pittura italiana. (...) Cingolani non è uomo facile a scomporsi, lui continua a credere in Dio come Dio continua a credere in lui, riversando nel suo pennello talento a dismisura» (Camillo Langone) [Fog 11/5/2013].