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 2013  febbraio 11 Lunedì calendario

Note biografiche su Celestino V


In breve Nato Pietro Angelerio (o secondo alcuni Angeleri) e detto Pietro del Morrone, nato nel Molise fra il 1209 ed il 1215 (penultimo di dodici figli), morto a 87 anni a Fumone, il 19 maggio 1296. 192º Papa della Chiesa cattolica dal 29 agosto al 13 dicembre 1294. Si dimise soprattutto per le pressioni subìte ad opera del cardinale Caetani, che gli succedette il 24 dicembre 1294 col nome di Bonifacio VIII. Celestino V fu il primo Papa che volle esercitare il proprio ministero al di fuori dei confini dello Stato Pontificio, e uno dei pochi, come San Clemente I e Gregorio XII, ad abdicare.

Dimissioni
Il 13 dicembre 1294, dopo cinque mesi di pontificato, il papa Celestino V abdica (come scrisse Dante: «fece per viltade il gran rifiuto»). Nato nei primi anni del Duecento, originario del Molise, aveva sempre vissuto come un eremita, schivo e umile. Proprio prima di diventar papa si trova in un eremo sulle montagne intorno Campobasso. Il 5 luglio 1294 i cardinali, che da più di due anni cercano di scegliere un nuovo pontefice destreggiandosi fra le brame di potere delle famiglie Orsini e Colonna, eleggono lui. Presto stanco dei faccendieri che lo circondano, rinuncia all’incarico: «al fine di recuperare con la consolazione della vita di prima, la tranquillità perduta, abbandono spontaneamente e liberamente il Pontificato».

La bolla
«Ego Caelestinus Papa Quintus motus ex legittimis causis, idest causa humilitatis, et melioris vitae, et coscientiae illesae, debilitate corporis, defectu scientiae, et malignitate Plebis, infirmitate personae, et ut praeteritae consolationis possim reparare quietem; sponte, ac libere cedo Papatui, et expresse renuncio loco, et Dignitati, oneri, et honori, et do plenam, et liberam ex nunc sacro caetui Cardinalium facultatem eligendi, et providendi duntaxat Canonice universali Ecclesiae de Pastore».
« Io Papa Celestino V, spinto da legittime ragioni, per umiltà e debolezza del mio corpo e la malignità della plebe [di questa plebe], al fine di recuperare con la consolazione della vita di prima, la tranquillità perduta, abbandono liberamente e spontaneamente il Pontificato e rinuncio espressamente al trono, alla dignità, all’onere e all’onore che esso comporta, dando sin da questo momento al sacro Collegio dei Cardinali la facoltà di scegliere e provvedere, secondo le leggi canoniche, di un pastore la Chiesa Universale. » (Celestino V – Bolla pontificia, Napoli, 13 dicembre 1294.

Santo
Dal 1000 al 1500, su 75 papi solo uno è stato fatto santo: Celestino V [Luigi Maria Verzé, Corriere della Sera 3/9/2010]. È venerato come Santo dalla Chiesa cattolica che ne celebra la festa liturgica il 19 maggio. È patrono di Isernia e di  Sant’Angelo Limosano (comuni he ne rivendicano la nascita) e compatrono dell’Aquila, di Urbino e del Molise [Wikipedia].

Gioventù
Da giovane mostrò una straordinaria predisposizione all’ascetismo e alla solitudine, ritirandosi nel 1239 in una caverna isolata sul Monte Morrone, sopra Sulmona, da cui il suo nome. Qualche anno dopo si trasferì a Roma, presumibilmente presso il Laterano, ove studiò fino a prendere i voti sacerdotali. Lasciata Roma, nel 1241 ritornò sul monte Morrone, in un’altra grotta, presso la piccola chiesa di Santa Maria di Segezzano. Cinque anni dopo abbandonò anche questa grotta per rifugiarsi in un luogo ancora più inaccessibile sui monti della Maiella, negli Abruzzi, dove visse nella maniera più semplice che gli fosse possibile.  Eremita Nel 1244 costituì una Congregazione ecclesiastica riconosciuta da papa Gregorio X come ramo dei benedettini, denominata "dei frati di Pietro da Morrone", che ebbe la sua povera culla nell’Eremo di Sant’Onofrio al Morrone, il rifugio preferito di Pietro, e che soltanto in seguito avrebbe preso il nome di Celestini. Nell’inverno del 1273 si recò a piedi in Francia, a Lione, ove stavano per iniziare i lavori del Concilio di Lione II voluto da Gregorio X, per impedire che l’ordine monastico da lui stesso fondato fosse soppresso. La missione ebbe successo poiché grande era la fama di santità che accompagnava il monaco eremita, tanto che il Papa gli chiese di celebrare una messa davanti a tutti i Padri Conciliari dicendogli che «...nessuno ne era più degno».

Conclave
Il 4 aprile 1292 Papa Niccolò IV morì e nello stesso mese si riunì il conclave, che in quel momento era composto da soli dodici porporati. Il Sacro Collegio non riusciva a far convergere i voti necessari su nessun candidato. Poi il conclave si sciolse a causa di un’epidemia di peste che colpì il cardinal francese Cholet, così un anno dopo, quando il collegio si riunì nuovamente (il 18 ottobre 1293 nella città di Perugia) era ridotto a 11 componenti. Nonostante le laboriose trattative, non riuscivano ad eleggere il nuovo Papa. Pietro del Morrone aveva predetto "gravi castighi" alla Chiesa se questa non avesse provveduto a scegliere subito il proprio pastore. La profezia fu inviata al Cardinale Decano Latino Malabranca, il quale la presentò all’attenzione degli altri cardinali, proponendo il monaco eremita come Pontefice; la sua figura ascetica, mistica e religiosissima, era nota a tutti i regnanti d’Europa e tutti parlavano di lui con molto rispetto. Il Cardinale Decano, però, dovette adoperarsi molto per rimuovere le numerose resistenze che il Sacro Collegio aveva sulla persona di un non porporato. Alla fine, dopo ben 27 mesi, emerse dal Conclave, all’unanimità, il nome di Pietro Angelerio del Morrone; era il 5 luglio 1294. Fu così che un semplice monaco eremita, completamente privo di esperienza di governo e totalmente estraneo alle problematiche della Santa Sede fu eletto Papa. La notizia dell’elezione gli fu recata da tre vescovi, nella grotta sui monti della Maiella, dove il monaco risiedeva. Sorpreso dall’inaspettata notizia, il monaco, forse anche intimorito dalla potenza della carica, inizialmente oppose un netto rifiuto che, successivamente, si trasformò in un’accettazione alquanto riluttante, avanzata certamente soltanto per dovere d’obbedienza.

Incoronazione
Il 20 agosto del 1294 fu incoronato nella chiesa di Santa Maria di Collemaggio, a l’Aquila con il nome di Celestino V.

Perdonanza Uno dei primi atti ufficiali fu l’emissione della cosiddetta Bolla del Perdono, bolla che elargisce l’indulgenza plenaria a tutti coloro che confessati e pentiti dei propri peccati si rechino nella Basilica di Santa Maria di Collemaggio, nella città dell’Aquila, dai vespri del 28 agosto al tramonto del 29. Fu così istituita la Perdonanza, celebrazione religiosa che anticipò di sei anni il primo Giubileo del 1300, ancora oggi tenuta nel capoluogo abruzzese.

D’Angiò
Il nuovo Pontefice si affidò, incondizionatamente, nelle mani di Carlo d’Angiò, nominandolo "maresciallo" del futuro Conclave. Ratificò immediatamente il trattato tra Carlo d’Angiò e Giacomo d’Aragona, mediante il quale fu stabilito che, alla morte di quest’ultimo, la Sicilia sarebbe ritornata agli angioini.

Concistoro
Il 18 settembre 1294, indisse il suo primo e unico Concistoro, nel quale nominò ben 13 nuovi cardinali, tra i quali nessuno romano. In questo modo Celestino V, su consiglio di Carlo, riequilibrò a suo favore il Sacro Collegio, dandogli una forte connotazione monastica benedettina.

Napoli Dietro ulteriore consiglio di Carlo d’Angiò, trasferì la sede della Curia da L’Aquila a Napoli fissando la sua residenza in Castel Nuovo, dove fu allestita una piccola stanza, arredata in modo molto semplice e dove egli si ritirava spesso a pregare e a meditare.

Volgare
Pietro da Morrone non sapeva assolutamente gestire l’amministrazione della Chiesa facendola precipitare un uno stato di confusione totale, nei concistori si parlava in volgare, poiché non conosceva bene la lingua latina [Gran Dizionario Illustrato dei Papi]

Dimissioni
Circa quattro mesi dopo la sua incoronazione, nonostante i numerosi tentativi per dissuaderlo avanzati da Carlo d’Angiò, il 13 dicembre 1294 Celestino V, nel corso di un Concistoro, diede le sue dimissioni.

Fuga
Undici giorni dopo le sue dimissioni infatti, il Conclave, riunito a Napoli in Castel Nuovo, elesse il nuovo papa nella persona del cardinal Benedetto Caetani, laziale di Anagni. Aveva 64 anni circa ed assunse il nome di Bonifacio VIII. Caetani, che aveva aiutato Celestino V nel suo intento di dimettersi, temendo uno scisma da parte dei cardinali filo-francesi a lui contrari mediante la rimessa in trono di Celestino, diede disposizioni affinché l’anziano monaco fosse messo sotto controllo, per evitare un rapimento da parte dei suoi nemici. Celestino, venuto a conoscenza della decisione del nuovo papa grazie ad alcuni tra i suoi fedeli cardinali da lui precedentemente nominati, tentò una fuga verso oriente fuggendo da San Germano per raggiungere la sua cella sul Morrone e poi Vieste sul Gargano, per tentare l’imbarco per la Grecia, ma il 16 maggio 1295 fu catturato presso Santa Maria di Merino da Guglielmo Stendardo II, connestabile del regno di Napoli, figlio del celebre Guglielmo Stendardo, detto "Uomo di Sangue". Celestino tentò invano ancora una volta di farsi ascoltare dal Caetani chiedendo di lasciarlo partire, ma il Caetani restò fermo sulle sue decisioni al riguardo. Celestino si rese conto dell’inutilità delle sue richieste e mentre veniva portato via sussurrò una frase rivolta al Caetani che sembrò essere un presagio: «Hai ottenuto il Papato come una volpe, regnerai come un leone, morirai come un cane».[Wikipedia] Raggiunto dai soldati, questi lo rinchiusero nella rocca di Fumone, in Ciociaria, castello nei territori dei Caetani e di diretta proprietà del nuovo Papa; qui il vecchio Pietro morì il 19 maggio 1296, fortemente debilitato dalla deportazione coatta e dalla successiva prigionia: la versione ufficiale sostiene che l’anziano uomo sia morto dopo aver recitato, stanchissimo, l’ultima messa.

Canonzzazione
Il 5 maggio 1313, fu canonizzato da papa Clemente V, a seguito di sollecitazione da parte del re di Francia Filippo il Bello e da forte acclamazione di popolo, accelerando moltissimo l’iter avviato da Bonifacio. Tuttavia Clemente V non lo canonizzò quale martire, come avrebbe voluto Filippo il Bello, ma come confessore [Wikipedia].

Sepoltura
Fu sepolto nei pressi di Ferentino, nella chiesa di Sant’Antonio sita nell’abbazia celestina che dipendeva dalla casa madre di Santo Spirito del Morrone. Nel febbraio 1317, le spoglie furono traslate a L’Aquila, nella basilica di Santa Maria di Collemaggio, dove era stato incoronato Papa.

Furto
Il 18 aprile 1988 la salma di Celestino V fu trasfugata. Due giorni dopo, venne ritrovata nel cimitero di Cornelle e Roccapassa, frazioni del comune di Amatrice. Non si sono mai scoperti i mandanti o gli esecutori.

Terremoto
A seguito del terremoto dell’Aquila del 2009, il crollo della volta della basilica ha provocato il seppellimento della teca con le spoglie, recuperate poi dai Vigili del Fuoco, dalla Protezione Civile e con la collaborazione della Guardia di Finanza.

Petrarca
Francesco Petrarca invece diede di questo gesto un’interpretazione diametralmente opposta, ritenendo che si dovesse considerare «...il suo operato come quello di uno spirito altissimo e libero, che non conosceva imposizioni, di uno spirito veramente divino».

Dante
Dante lo pone con ogni probabilità tra gli ignavi dell’Antinferno, indicandolo come colui / che fece per viltade il gran rifiuto (Inf., III, 59-60; non sono mancate altre identificazioni, tra cui Pilato, Esaù, Giuliano l’Apostata). Dante gli rimproverava di aver favorito con la rinuncia alla dignità pontificia l’ascesa al Papato dell’odiato Bonifacio VIII, artefice con le sue trame della vittoria dei Neri a Firenze e dell’esilio politico di Dante.

Gli ignavi. Celestino V (22-69) Una volta varcata la soglia, Dante sente un orribile miscuglio di urla, parole d’ira, strane lingue che lo spingono a piangere in quel luogo buio e oscuro. Dante chiede a Virgilio chi emetta quegli orribili suoni e il maestro spiega che sono gli ignavi, le anime di coloro che non si schierarono né dalla parte del bene né da quella del male e che ora risiedono nel Vestibolo dell’Inferno. Sono mescolate agli angeli che non si schierarono né con Dio né con Lucifero; le anime degli ignavi sono tanto misere che secondo Virgilio non sono degne di essere guardate da Dante troppo a lungo. Dante vede che le anime corrono dietro un’insegna senza significato, che gira vorticosamente su se stessa. Formano una schiera infinita e tra esse Dante crede di riconoscere papa Celestino V, che per viltà rinunciò al soglio pontificio. Il poeta è sicuro che questi siano proprio gli ignavi, che spiacquero tanto a Dio quanto ai suoi nemici: essi sono punti e tormentati da vespe e mosconi, che gli fanno colare il sangue dal volto, il quale cade a terra mischiato alle loro lacrime e viene raccolto da vermi ripugnanti.

Viltà
«L’antipatia di Dante non era infondata. Nel suo linguaggio "viltà" esprime soprattutto una bassa estrazione sociale, però i motivi storici per attaccare Celestino V non gli mancavano: come primo atto da Pontefice creò sette cardinali filo-Angioini, però malgrado l’insana alleanza trono-altare si accorse presto di essere isolato e incapace di governare la Chiesa. Insomma fu un vaso di coccio tra vasi di ferro e giustamente si ritirò dopo che anche la sinistra francescana spirituale e ribelle di Jacopone da Todi gli aveva voltato le spalle. Capì che per governare la Chiesa non serviva un sant’uomo e lasciò il soglio all’avveduto e solido Bonifacio VIII che, malgrado le leggende nere, non ebbe alcun bisogno di farlo avvelenare visto che aveva 85 anni e morì poco tempo dopo» (Il medievista Franco Cardini).

Disgrazia «La sua elezione fu una disgrazia per la Chiesa» (Così storico tedesco Peter Herde)