11 febbraio 2013
Tags : Le dimissioni di Benedetto XVI
Aspettando che il Papa si dimetta
Il Foglio dei Fogli, lunedì 20 febbraio 2012
• In Vaticano una boccata d’aria fresca dopo settimane di veleni. L’altroieri, sabato 18 febbraio, Benedetto XVI ha presieduto il concistoro nel quale sono stati creati 22 nuovi cardinali. Il collegio cardinalizio arriva così a 213 membri, 125 dei quali hanno meno di ottant’anni e quindi possono entrare in conclave. Alla vigilia del concistoro, il Papa ha riunito il collegio cardinalizio, compresi i nuovi arrivati, per una giornata di preghiera e riflessione. La star dell’incontro è stato uno dei nuovi cardinali: «Chiede ai confratelli di perdonarlo per il suo “italiano primordiale”, racconta di quand’era seminarista e ascoltò in San Pietro i consigli del cardinale John Wright, “fate a me e alla Chiesa un favore: quando girate per Roma, sorridete!”, chiarisce: “La nuova evangelizzazione si compie con il sorriso, non con il volto accigliato, la chiesa è fondamentalmente un ‘sì’ e non un ‘no’!”. Il protagonista della vigilia è lui, l’arcivescovo di New York Timothy Dolan, capace di delineare la strategia di evangelizzazione (“fiducia, coraggio!”), strappando sorrisi al Collegio cardinalizio e al Papa che gli ha affidato l’onore della relazione introduttiva, l’ha giudicata “entusiasmante, gioiosa e profonda”». [1]
• Chissà se basterà la strategia del sorriso per eliminare fughe di notizie, ipotesi di complotto, intrighi finanziari. «Sono state divulgate prima le lettere, riservatissime, dell’arcivescovo Carlo Maria Viganò, l’ex segretario generale del Governatorato oggi nunzio negli Usa che a metà del 2011 scrisse al Papa e al Segretario di Stato Tarcisio Bertone denunciando episodi di “corruzione” nella gestione degli appalti in Vaticano. Gli ambienti bertoniani hanno cercato di attribuire la responsabilità di questa fuga di documenti allo stesso Viganò. Ma a finire nel circuito mediatico erano stati anche altri documenti, come un promemoria riservato riguardante lo Ior e da ultimo l’appunto pubblicato dal Fatto Quotidiano, che è arrivato in Vaticano quando Viganò era già negli Usa. I suoi contenuti sono stati liquidati come “farneticazioni” dal portavoce padre Federico Lombardi». Vi si ipotizzava un attentato al papa entro l’anno. [2]
• I Sacri Palazzi non sono mai stati così porosi. Aldo Maria Valli: «Un tempo le lavandaie arrivavano a scannarsi, esattamente come ora, per i più diversi motivi, ma il tutto restava all’interno delle sacre mura. Ora invece, nell’epoca dell’informazione, alcuni dei giocatori hanno preso gusto a rovesciare i loro veleni nel grande imbuto dei mass media. In questo modo, pensano alcune lavandaie, la potenza dei proiettili è moltiplicata. Un’insinuazione o una calunnia, finché restano dentro le mura, hanno una certa forza: se ne fuoriescono, acquistano molta più incisività. E così i giornalisti vengono sempre più coinvolti nel grande gioco, con la funzione di megafoni. Le lavandaie tuttavia sembrano non rendersi conto dell’effetto assuefazione e della distrazione del pubblico. Se una lettera anonima fa notizia, una seconda lettera anonima passa quasi inosservata e una terza provoca soltanto noia. Idem per complotti e cospirazioni varie, sia pure targate Vaticano. Circa il basso livello dei giocatori, basta passare in rassegna le ultime vicende (almeno dal caso Boffo in poi) per verificare che il materiale umano è davvero deludente. C’è modo e modo di ordire trame e architettare complotti». [3].
• Sul fronte finanziario qualcosa si sta facendo. «Dal 25 gennaio scorso Oltretevere è in vigore una nuova legge sulla trasparenza – non ancora resa pubblica – che avvicina l’ingresso del Vaticano nella white list dei paesi virtuosi. La legge precedente in materia di antiriciclaggio era stata redatta alla fine del 2010, ed era entrata in vigore nell’aprile dell’anno scorso: era stata stilata in fretta per attuare la Convenzione Monetaria con l’Unione Europea del 2009. […] Con la nuova legge, il Vaticano si avvicina agli standard internazionali. Nell’articolo 1 bis del nuovo decreto, si vietano “l’apertura o la tenuta di conti, depositi, libretti di risparmio o analoghi rapporti, anonimi o cifrati o intestati a nomi fittizi o di fantasia”. Appare evidente l’intenzione di voltare pagina rispetto ad alcune vicende che hanno caratterizzato un passato non lontano dello Ior». [4]
• Intanto il governo batte cassa, dopo le sollecitazioni dell’Europa. «Niente più esenzioni Ici (Imu) per le attività “non esclusivamente commerciali” della Chiesa (cliniche, pensioni, scuole). Per l’esenzione non basterà più avere all’interno dell’immobile una struttura religiosa (che rimarrà esente), il fisco guarderà alla destinazione prevalente, individuando un rapporto percentuale tra le due attività, e su tutto il resto si pagherà il dovuto». [5] Ma l’iniziativa di Monti non ha guastato i rapporti con la Santa Sede. Alla cerimonia per l’anniversario dei Patti Lateranensi, giovedì scorso, «si è avuta l’ennesima conferma che nel gioco di specchi fra Stato e Chiesa emerge una capacità ormai rodata di collaborare e di puntare su obiettivi comuni. Anche se le parti sembravano quasi invertite, questa volta. Ieri c’era un governo italiano che sta facendo di un esperimento di concordia anche istituzionale il suo punto di forza. E, dall’altra parte, invece, era schierata una Santa Sede agitata ultimamente da tensioni, in certi casi perfino convulsioni interne che la fanno sembrare più “italiana” dell’Italia». [6]
• In effetti la guerra per bande dura da tempo e non conosce tregua. Massimo Franco: «È come se esistessero due poteri, in urto e quasi impermeabili l’uno all’altro: quello del Segretario di stato e quello di chi lo detesta. Con Benedetto XVI in alto, molto in alto rispetto a queste beghe. Eppure, il risultato del conflitto ormai pluriennale nelle gerarchie cattoliche italiane è una difficoltà che si scarica sul governo della Chiesa; e che nemmeno il pontefice è riuscito a placare del tutto, nonostante i richiami e gli ammonimenti, pubblici e privati. […] Per il modo in cui si muove, Bertone non riscuote grandi applausi. I sostenitori attribuiscono l’ostilità che si tira addosso al fatto che sarebbe il parafulmine degli attacchi al papa; che non ha “immagine”; e che sta riformando in profondità la Curia. Gli avversari più severi lo bollano invece come uno dei peggiori segretari di Stato che il Vaticano abbia avuto. Lo accusano di provincialismo, e di avere abbassato il profilo e l’agenda internazionale della Chiesa cattolica». [7].
• Qualcuno ipotizza un cambio al vertice. Marco Politi: «Benedetto XVI per la prima volta è in un serio conflitto con il cardinale Bertone. Papa Ratzinger non gli perdona di frenare la politica di assoluta trasparenza internazionale dello Ior perseguita da Gotti Tedeschi e dal cardinale Nicora. E non gli perdona di avere esposto la Santa Sede – con la cacciata di Viganò – al sospetto di tollerare affari di corruzione negli appalti delle opere vaticane». Per questo potrebbe sostituirlo con Mauro Piacenza, prefetto della Congregazione per il Clero. Ancora Politi: «Nato a Genova, fa parte di quella squadra ligure che negli ultimi anni si è fatta sempre più spazio ai vertici della Santa Sede e della Chiesa italiana. […] Piace a Benedetto XVI l’estrema ortodossia dottrinale di Piacenza unita a capacità organizzativa, inoltre piace al Papa la sua posizione di accusa nei confronti del mondo moderno, la sua difesa del modello sacerdotale così com’è, senza ombra di tentazioni riformiste. In una recente pubblicazione il cardinale Piacenza ha riproposto il prete come “testimone dell’Assoluto” e ha parlato di attacchi al celibato ecclesiastico come provenienti da “contesti e mentalità completamente estranei alla fede... spesso coordinati nei tempi e nei modi da regie nemmeno troppo occulte, che mirano al progressivo indebolimento” di uno degli elementi più efficaci della testimonianza della Chiesa. È la tesi più di moda nella Curia ratzingeriana, l’idea di una cospirazione ai danni della Chiesa». [8]
• C’è chi punta il dito contro l’assolutismo romano. Alberto Melloni: «La collegialità episcopale per realizzarsi aveva bisogno di riforme istituzionali puntualmente mancate.
Note: [1] Gian Guido Vecchi, Corriere della Sera 18/2; [2] Andrea Tornielli, la Stampa 11/2; [3] Aldo Maria Valli, Europa 14/2; [4] Andrea Tornielli, La Stampa 18/2; [5] Maria Antonietta Calabrò, Corriere della Sera 16/2; [6] Massimo Franco, Corriere della Sera 17/2; [7] Massimo Franco, Corriere della Sera 12/1; [8] Marco Politi, Il Fatto Quotidiano 16/2; [9] Alberto Melloni, Corriere della Sera 12/2; [10] Massimo Franco, Corriere della Sera 11/2; [11] Roberto Monteforte, l’Unità 14/2; [12] Gian Guido Vecchi, Corriere della Sera 18/2