Rassegna, 31 gennaio 2013
Attacco di Ingroia a Boccassini: «Non dico cose pensava di lei Borsellino»
• Continua, con toni sempre più duri, la polemica tra l’ex procuratore (in aspettativa elettorale) Antonio Ingroia e la sua collega Ilda Boccassini, procuratore aggiunto di Milano. Ingroia ieri ha attaccato: «Ho atteso dalla Boccassini finora una smentita, invano. Siccome non è arrivata, dico che l’unica a doversi vergognare è lei che, ancora in magistratura, prende parte in modo così indecente e astioso alla competizione politica manipolando le mie dichiarazioni. La prossima volta pensi e conti fino a tre prima di aprire bocca. Quanto ai suoi personali giudizi su di me, non mi interessano. Alle sue piccinerie siamo abituati da anni. Mi basta sapere cosa pensava di me Paolo Borsellino. E cosa pensava di lei. Ogni parola in più sarebbe di troppo». La scintilla era partita domenica quando Ingroia si era lamentato per l’atteggiamento ostile verso la sua candidatura alle elezioni da parte di molti suoi colleghi, sottolineando la differenza di trattamento tra la sua scelta politica e quella di altri ex magistrati. Come, ad esempio, Pietro Grasso, candidato con il Pd, nei confronti del quale, secondo Ingroia, non sono stati mossi appunti. Quando, però, il leader di Rivoluzione Civile ha chiamato in causa il magistrato ucciso nella strage di Capaci («Le battute e le velate critiche espresse da alcuni magistrati – aveva detto – sono un copione che si ripete. Fu così anche per Giovanni Falcone»), è scesa in campo la Boccassini, invitandolo a vergognarsi. «È una vergogna – ha detto la pm di Milano martedì al tg di La7 – che un giudice “piccolo” come Ingroia osi paragonarsi al magistrato ucciso dalla mafia. Tra loro c’è una distanza di milioni di anni luce». Ingroia s’è scontrato poi con i fratelli dei magistrati uccisi a Capaci e in via D’Amelio. A Maria Falcone – che lo aveva diffidato dall’usare il nome di Giovanni per fini elettorali – il leader di Rivoluzione Civile replica: «Con tutto il rispetto per il cognome che porta, le dico: si informi prima di parlare. Io non ho mai usato il nome di Giovanni per i voti. Lei invece sì, quando si candidò per prendere il seggio al Parlamento europeo. E non venne neppure eletta». Salvatore Borsellino, invece, gli ha intimato di non parlare più del fratello: «Paolo non è mai entrato nelle campagne elettorali da vivo. E non ci vorrebbe certo entrare da morto». [Custodero, Rep]