Rassegna, 22 gennaio 2013
Monti e il caso Financial Times
• È scoppiata una polemica tra il Financial Times e Mario Monti. Ieri il quotidiano britannico ha lanciato un attacco molto duro: «Come primo ministro Monti ha promesso riforme che hanno finito per fare aumentare le tasse. Il suo governo ha provato a introdurre modeste riforme strutturali, ma sono state annacquate da insignificanza macroeconomica». Ancora: «Avendo iniziato come un leader di un governo tecnico, è emerso come un politico difficile»; e, rispetto al calo dei rendimenti dei titoli di Stato, «la maggior parte degli italiani sa che questo si deve a un altro Mario, Draghi, il presidente della Banca centrale europea». Il premier ha replicato dal Tg2 che in verità non si aspettava una cosa simile da quella testata, ma dal suo autore sì: «Wolfgang Münchau, uno specifico editorialista che ha una notoria frustrazione verso la politica economica del governo tedesco, ha una vecchia polemica con Merkel e vorrebbe che tutti dessero colpi d’ariete per far saltare l’eurozona». Inoltre, ha continuato il premier, «l’Italia ha dato un forte contributo per migliorare il funzionamento dell’eurozona. Senza il nostro risanamento in tempi così brevi e la nostra azione per lo scudo anti-spread anche la Bce non avrebbe potuto fare il molto che ha poi fatto». Ieri Monti ha anche inviato una lettera con il suo pensiero al quotidiano della City: «Per spiegare che noi siamo stati quelli che più hanno smosso le politiche europee insieme a Mario Draghi. Tutto questo non sarebbe stato possibile se non avessimo messo a posto i conti e poi non avessimo fatto approvare il meccanismo anti-spread». E oggi il giornale di Londra pubblica anche un altro editoriale. Attribuendo sia «al governo tecnico guidato da Mario Monti che all’azione decisiva della Bce» il merito di un recupero della credibilità fiscale italiana. «Però l’economia è ferma nella recessione più lunga registrata dalla Seconda guerra mondiale», la competitività «non ha fatto passi avanti» e la produttività «è stagnante». Quindi, per risolvere i problemi, «serve un leader degno di fiducia con un programma economico credibile». [Cds]