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 2013  gennaio 22 Martedì calendario

I politici godono di una reputazione talmente cattiva che l’altro giorno, per reclamizzare la sua lista, Mario Monti ha garantito di non avere con sé nessun ex parlamentare

I politici godono di una reputazione talmente cattiva che l’altro giorno, per reclamizzare la sua lista, Mario Monti ha garantito di non avere con sé nessun ex parlamentare. Reputazione meritata, a quanto pare, se si guarda specialmente al Pdl e alle sue convulsioni delle ultime ore. Scilipoti ha suscitato le ire dei calabresi, in mezzo ai quali Berlusconi lo aveva precipitato dopo una mezza rivolta degli abruzzesi che non lo volevano tra i piedi. Stessi problemi con i liguri, fieramente avversi alla candidatura dell’ex direttore del Tg1 Minzolini. Soprattutto alle cinque del pomeriggio, scadendo i termini alle otto di sera, non era ancora sicurissima la sorte di Nicola Cosentino, candidato campano, di cui la magistratura aveva già chiesto invano al Parlamento, e per due volte, l’autorizzazione all’arresto. Tenuto in lista a mezzogiorno era poi stato ributtato fuori dallo stesso segretario del partito, Angelino Alfano, a cui in mattinata aveva quasi messo le mani addosso. Escluso nel tardo pomeriggio, ha ordinato ai suoi di uscire dalle liste, mossa che ha obbligato a trovare i sostituti in pochi minuti e a raccogliere una nuova documentazione e le relative firme in cento minuti. La lista pidiellina, dalla quale alla fine si sono rassegnati a uscire Dell’Utri, Milanese, Scajola, Papa, è certamente più pulita a questo punto, ma lo spettacolo dell’ultimo giorno non è stato troppo confortante

Perché Berlusconi Cosentino lo voleva mettere, ed è stato Alfano a battere i pugni sul tavolo.
C’era stata una scena selavaggia in mattinata. Avendo saputo di essere stato escluso dalla lista del Pdl, Cosentino s’è precipitato a palazzo Grazioli e ha quasi fatto a pugni con Alfano, gridando: «Lo capite che escludendomi dalle elezioni mi mandate in galera?».

Beh, non è bello che per un candidato l’alternativa sia tra Montecitorio e Poggioreale.
Ha ragione, ma c’è questo giudizio di Berlusconi su parte della magistratura italiana, che a suo dire agisce non in base a dati di fatto, ma per ragioni politiche e/o mediatiche. Berlusconi, rientrato verso mezzogiorno, ha promesso a Cosentino che la sua corsa elettorale non sarebbe stata interrotta. Aveva già detto parecchie volte che la sua commissione elettorale aveva esaminato il dossier del parlamentare e aveva trovato poco fondate le accuse. Tuttavia, più tardi Alfano ha imposto la sua volontà e il nome di Cosentino è stato cancellato. Con le conseguenze e le complicazioni che abbiamo detto.

Ma che ha fatto, in definitiva, costui?
Intanto ha il torto di essere nato a Casal di Principe, regno di camorra, e di aver fatto carriera in provincia e in regione partendo proprio da quel collegio elettorale tanto malfamato. Era socialdemocratico e quando è stato il momento è diventato forzista. È imparentato con parecchi camorristi e in particolare con Giuseppe Russo detto Peppe ’o Padrino, boss dei casalesi una cui sorella ha sposato suo fratello. Peppe sta all’ergastolo per omicidio e associazione mafiosa, circostanza che non fa assolutamente di Cosentino un colpevole, ma che alimenta chiacchiere, e come sappiamo, specie di questi tempi, anche la moglie di Cesare deve essere al di sopra di ogni sospetto. In concreto, tuttavia, i magistrati lo sospettano colluso con la camorra non tanto per le parentele, quanto, una prima volta, per le accuse del pentito Carmine Schiavone («io intervenni per far votare Cosentino», frase a cui il pm Raffaele Cantone non diede però importanza) e dell’imprenditore Gaetano Vassallo, che lo tirò dentro nella storia del riciclo dei rifiuti tossici. Anche la fantomatica P3, che secondo i magistrati trescava per lucrare sull’eolico sardo, si sarebbe data da fare per far eleggere Cosentino governatore della Campania. Queste accuse hanno fondamento? Non lo so e mi guardo bene dall’azzardare la minima insinuazione. Sta di fatto però che Cosentino, alla fine, risulta secondo il segretario del suo partito “impresentabile”.

Perché ci diamo tanto da fare sui tormenti del Pdl e non dedichiamo una parola alle liste – che so – di Monti o Bersani?
Monti ha presentato i suoi quattrocento candidati e li ha definiti così: «imprenditori, insegnanti, medici, mamme, giovani, nonni, impiegati, funzionari della pubblica amministrazione». Che cosa che vuole che scriviamo a margine di un elenco simile? Non sa che i giornalisti cercano solo zuppe avvelenate in cui intingere il pane?

E Bersani?
Ci ha tolto di bocca il companatico facendo fuori preventivamente Crisafulli e gli altri capataz democratici in odore di pastette. Ne abbiamo già parlato. Ieri i democratici gongolavano alle notizie che giungevano dal Pdl. E del resto, il 90 per cento dei candidati democratici sono stati decisi dalle primarie, e solo il 10 per cento dal segretario in persona, che ha salvato così una parte dei notabili. Tra questi la Finocchiaro, candidata al Quirinale e ieri severa con i suoi colleghi degli altri partiti: «Abbiamo scelto le nostre candidature con il metodo delle primarie, un processo molto diverso da chi compone le liste in mezzo ai litigi. Nel Pdl, Berlusconi e Verdini sono i grandi sacerdoti della confezione delle loro liste che fanno fatica ad essere pulite e, dall’altra parte, mi pare che anche il Terzo Polo stia celebrando questo rito nel chiuso delle stanze. Sono due modi diversi di stare al mondo della politica».