La Gazzetta dello Sport, 20 gennaio 2013
Il sequestro di In Amenas è finito in un massacro. Gli algerini hanno attaccato di nuovo ammazzando sette ostaggi e 11 sequestratori
Il sequestro di In Amenas è finito in un massacro. Gli algerini hanno attaccato di nuovo ammazzando sette ostaggi e 11 sequestratori. Per quanto se ne sa la storia è chiusa, e con un bilancio spaventoso. Nella prima incursione di mercoledì sarebbero morti 12 prigionieri e 18 sequestratori, cioè trenta uomini. In totale sono state quindi ammazzate 48 persone. I dettagli dell’operazione di ieri sono stati raccontati dal quotidiano El-Watan. I rapitori avevano fatto sapere che, in caso di nuovo attacco, avrebbero giustiziato tutti gli ostaggi. E così hanno fatto. Gli algerini sostengono di aver eliminato i terroristi con le loro mani, ma è anche possibile che gli islamisti si siano tolti la vita in un suicidio collettivo. A In Amenas operano tre compagnie, Sonatrach (locale), Statoil (norvegese), Bp (britannica). Ci sono in tutto 700 lavoratori. Più di cinquecento sono stati liberati o sono fuggi durante il blitz di mercoledì scorso. Altri si sono salvati nascondendosi sotto i letti, dietro i macchinari o nelle intercapedini dei tetti e resistendo poi quaranta ore, mangiando e bevendo quello che gli passavano i colleghi algerini. I terroristi, infatti, davano la caccia agli americani e hanno soppresso senza esitazioni l’unico che hanno trovato, un texano di nome Frederick Buttaccio. Norvegia e Gran Bretagna hanno confermato che l’operazione è terminata. Il consiglio di sicurezza dell’Onu ha condannato l’iniziativa degli islamici all’unanimità. Gli artificieri dell’esercito algerino hanno cominciato l’operazione di bonifica dell’impianto di In Amenas: è possibile che i terroristi abbiano effettivamente minato il campo, come hanno annunciato di voler fare durante l’occupazione dell’impianto.
• È normale che gli algerini siano intervenuti in questo modo addirittura due volte, senza badare alla vita degli ostaggi?
Gli inglesi si sono lamentati di non essere stati avvertiti, e a Tokyo è stato chiamato per spiegazioni l’ambasciatore. Le agenzie riferiscono di qualche lamentela da Washington, ma non bisogna crederci. La linea americana è sempre stata quella di non trattare con i sequestratori, come sappiamo bene anche noi grazie al caso Sgrena-Calipari. E infatti a Mokhtar Belmokhtar, che per liberare due ostaggi Usa aveva chiesto la scarcerazione dello sceicco Omar Abdel Rahman e della pachistana Aaafia Siddiqui, gli americani hanno semplicemente risposto: «Non trattiamo con i terroristi». Gli algerini seguono la stessa linea, e non da oggi. Non importa se poi gli ostaggi ci rimetteranno la vita. Agli islamisti passerà però la voglia di riprovarci, dato che azioni di questo tipo non portano da nessuna parte.
• È la stessa logica che hanno applicato i russi nel 2004 quando fondamentalisti islamici e separatisti ceceni sequestrarono la scuola numero 1 di Beslan.
Sì, quella volta ci fu un massacro ancora più orrendo. Ma è vero che episodi come quello non si ripeterono più.
• Che influsso ha avuto In Amenas sulla guerra francese nel Mali settentrionale?
In Amenas ha dimostrato che anche gli islamisti sono divisi al loro interno. Belmokhtar – trafficante di droga, di sigarette, di armi - ha studiato l’operazione prima ancora che i francesi cominciassero a bombardare il Mali settentrionale, con l’idea di acquistare prestigio tra i musulmani e rafforzare il proprio potere personale. Per il resto, il conflitto va avanti. Le truppe francesi (1.800 uomini, in attesa che il contingente sia portato a 2.500 effettivi) avanzano verso la capitale Bamako e hanno ripreso il controllo di Konna. Diabaly invece resta in mano agli islamisti. Tutti prevedono che non se ne uscirà prima di parecchi mesi.
• Non è strano che l’opinione pacifista occidentale, a cominciare dalla nostra, se ne stia zitta e buona? Se a bombardare il Mali, invece del socialista Hollande, fosse stato – per dire – il repubblicano Bush…
Questa contraddizione è ben visibile anche nella nostra sinistra. Bersani ha dichiarato: «Non possiamo lasciare sola la Francia». Vendola, invece: «L’intervento è stato un errore clamoroso». Il governo, che ha l’obbligo di gestire solo la normale amministrazione, sta cercando di concordare la sua linea con i partiti. Il ministro Terzi riferirà martedì prossimo alle commissioni Esteri e Difesa di Camera e Senato. Dovrà spiegare in che cosa consiste il supporto logistico promesso ai francesi. Forse ci si limiterà a spostare 24 nostri istruttori dall’Afghanistan. A proposito, il 22 gennaio la Camera esaminerà il decreto per il finanziamento delle missioni italiane all’estero, una spesa di poco inferiore ai due miliardi di euro.