La Gazzetta dello Sport, 19 gennaio 2013
Stavolta Fabrizio Corona va in carcere davvero: la Cassazione ha confermato la sentenza di condanna a cinque anni per la storia relativa alle foto di Trezeguet
Stavolta Fabrizio Corona va in carcere davvero: la Cassazione ha confermato la sentenza di condanna a cinque anni per la storia relativa alle foto di Trezeguet. In primo grado il tribunale di Torino aveva inflitto al fotografo 3 anni e 4 mesi, che poi l’Appello aveva portato a cinque anni. I legali di Corona avevano presentato ricorso in Cassazione e la Cassazione adesso gli ha dato torto. I giudici non hanno minimamente tenuto conto dell’accordo transattivo raggiunto dalle due parti: Corona, che a suo tempo s’era fatto dare 25 mila euro per togliere dalla circolazione il servizio sull’attaccante della Juve sorpreso con una ragazza, ha risarcito il calciatore con una cifra che non è stata resa nota. Questo atto riparatore non ha cancellato reato e condanna.
• Chi ci dice che Corona non fugga all’estero in modo da evitare la cella? Tra l’altro, cumulando la condanna di ieri con quelle precedenti dovremmo essere a una pena di almeno otto anni.
Se non abbiamo perso il conto, Corona ha sulle spalle anche una condanna definitiva a due anni e otto mesi per estorsione, tentata estorsione e spendita di monete false (spiritosaggini messe in atto in un autogrill, all’aeroporto di Fiumicino, ecc). Stava già scontando questa ultima pena non in carcere, ma a casa in quanto «sorvegliato speciale»: divieto di uscire prima delle sette di mattina e obbligo di rientrare entro le 21. La cosa lo faceva soffrire. «È una condizione nella quale si trovano solo certi mafiosi. Neanche posso uscire per una birra con gli amici, da due anni che non faccio reati, ho ridato due milioni ad Equitalia, verso 25 mila euro al mese e pago le tasse. Mi hanno fermato 30 volte e non ero mai con malavitosi». Quanto al carcere, tiene molto al giudizio del figlio Carlos avuto dalla Moric, che oggi ha 10 anni. Pensando a lui, l’anno scorso aveva promesso: «Non fuggirò, se dovrò entrare in prigione lo farò a testa alta: non potrei mai allontanarmi da lui, immaginarmi una vita lontano da lui. Sono vecchio».
• Perché, quanti anni ha?
Il prossimo 29 marzo ne compirà 39. Lavora da quando ne aveva 18. Lo avevano bocciato a scuola e il padre Vittorio, un bravissimo giornalista che aveva aiutato Montanelli a fare “La Voce”, lo mandò a lavorare in un’agenzia fotografica. «Lì ho capito tante cose e ho visto tutte le possibilità di questo lavoro». Dice di avere il bernoccolo degli affari. Senta questa: alla domanda se fosse tamarro naturale o se si fosse costruito il personaggio rispose: «È una strategia commerciale. Se non uscivo dal carcere vestito in quel modo, rimanevo uno stronzo come tutti. Ho fatto certe dichiarazioni per conquistare una fetta di pubblico precisa. Quella trash. Ha funzionato. La gente mi ferma per strada e mi dice che sono un grande».
• Veramente io ho la sensazione che alla maggioranza del pubblico – escluso forse un certo numero di ragazzine e di giovanotti che lo trovano fico – stia notevolmente sulle scatole.
Ho fatto una ricerca su Internet ed è pieno di gente che, dopo le precedenti condanne mai definitive, chiedeva perché non lo sbattessero dentro e, magari, buttassero la chiave. A me non riesce a stare sulle scatole. Un po’ perché ero amico del padre, un po’ perché a vederlo fare il matto come ha fatto in questi anni mi si stringe il cuore. Sono convinto che si tratta di uno che ha buttato via un talento. Badi che l’accusa di estorsione per la storia delle foto non mi ha mai convinto. Come sanno tutti quelli che hanno diretto settimanali, era prassi universale che i personaggi sorpresi a fare qualche scempiaggine offrissero somme di denaro per togliere dal mercato le immagini. E che le agenzie, a quelle condizioni, gliele dessero.
• Forse se fosse stato un po’ calmo, se avesse evitato altre sbrasate o altri reati adesso non si troverebbe almeno otto anni sul groppone.
Wikipedia ha ricostruito il calendario dei suoi guai giudiziari. Le dico solo i titoli di ciascun capitoletto: estorsione, banconote false, bancarotta fraudolenta, aggressione a pubblico ufficiale, corruzione, ricettazione, diffamazione a mezzo stampa, evasione fiscale, infrazioni al codice della strada. Ho persino il dubbio che si siano dimenticati qualcosa. Matteo Garrone voleva farci un film, poi rinunciò perché «Corona interpreta un personaggio e non riesce più a trovare il confine tra il personaggio che interpreta e quello che è». Roberta Mercuri, di “Novella 200”, gli chiese se questa diagnosi gli pareva giusta. E Corona rispose: «Sì. Vivo la vita del mio personaggio». Gli sta costando molto cara, quella vita [Sull’argomento leggi anche Fabrizio Corona].