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 2013  gennaio 15 Martedì calendario

Morto l’ex br Gallinari, carceriere di Moro

• È morto ieri Prospero Gallinari, brigatista del nucleo storico, tra i responsabili della strage di via Fani nel 1978 e carceriere di Aldo Moro nei 55 giorni del sequestro. Condannato all’ergastolo, aveva trascorso in cella quasi vent’anni prima che, nel 1996, gli fosse concessa la libertà vigilata per motivi di salute e, da allora, viveva a Reggio Emilia, dove era nato il primo gennaio 1951 e dove se n’è andato ieri mattina, stroncato da un malore nel garage della sua casa, alla periferia della città. Lavorava come autista per una piccola azienda locale e con le Brigate rosse aveva chiuso da tempo, da quando aveva dichiarato di ritenere esaurita quell’esperienza. [Mazzocchi, Rep]  

• Mazzocchi su Rep ricorda la storia di Gallinari: «Di famiglia contadina, iscritto alla Fgci fin da ragazzino, aveva frequentato il circolo Gramsci. Ma, già sul finire degli anni Sessanta, racconta nel suo libro “Mara Renato ed io” l’ex brigatista Alberto Franceschini (anche lui di Reggio Emilia), il dissenso politico ne aveva determinato le scelte. Fin da quando, dopo una manifestazione a Miramare, essendo stati deferiti alla Commissione del partito, lo stesso Franceschini, Prospero Gallinari e Tonino Paroli avevano preferito lasciare la Fgci e formare il cosiddetto “Gruppo dell’appartamento”, luogo aperto di discussione politica e di contestazione. Prologo della nascita, nel 1969, del “Collettivo politico metropolitano” a Chiavari e dell’atto di fondazione delle Brigate rosse a Pecorile, in provincia di Reggio Emilia nel 1970. Passa infine per il “Superclan” di Corrado Simioni (in rottura con Renato Curcio) il contadino Gallinari, per poi però rimettersi presto in riga (e da operaio) con la stella a cinque punte. Nella primavera del 1974 le Brigate rosse sequestrano il magistrato Mario Sossi e il 30 ottobre di quell’anno Gallinari viene arrestato a Torino, insieme ad Alfredo Bonavita. Si considera prigioniero politico e il 9 giugno del 1976, durante il processo al nucleo storico delle Br, è lui a leggere il volantino di rivendicazione per l’uccisione del giudice di Genova, Francesco Coco. In carcere Gallinari resta poco più due anni e il 2 gennaio 1977 riesce a evadere dal penitenziario di Trento, insieme a una dozzina di detenuti comuni. Nei mesi successivi arriva nella Capitale; si sta costituendo la colonna romana delle Brigate rosse e Gallinari ne fa parte con un ruolo da protagonista. Sarà uno dei componenti del nucleo di fuoco, uno dei brigatisti che, travestiti da avieri, il 16 marzo 1978 sparano con mitra e pistola uccidendo gli agenti della scorta del Presidente della Dc. Ed è sempre lui a svolgere compiti di rilievo durante i 55 giorni della prigionia di Moro. Aveva contribuito a costruire, nell’appartamento acquistato in via Montalcini da Anna Laura Braghetti, il tramezzo che nascondeva la stanzetta-prigione e, secondo lo storico Miguel Gotor, fu lui a redigere la versione dattiloscritta delle decine di lettere di Moro. Ma, soprattutto, a Gallinari venne attribuita l’esecuzione materiale dello statista, ucciso la mattina del 9 maggio 1978. Circostanza smentita nel 1993 da Mario Moretti, quando, in un’intervista a Carla Mosca e a Rossana Rossanda, aveva affermato di aver sparato lui allo statista, e non Gallinari. Un mistero mai del tutto chiarito, e anzi reso più intricato da altre testimonianze, secondo cui quella mattina a Moretti si sarebbe inceppata l’arma, e a esplodere il colpo mortale sarebbe infine intervenuto Germano Maccari, il “quarto uomo” della prigione. Ma Maccari è morto in carcere e, a sbrogliare la matassa, ormai non potrebbe essere che Moretti».