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 2013  gennaio 04 Venerdì calendario

Il vecchio Zavoli, per nulla infiacchito dai banditi che gli sono entrati in casa, ha ieri (indirettamente) bacchettato il presidente del Consiglio Monti, troppo presente in televisione

Il vecchio Zavoli, per nulla infiacchito dai banditi che gli sono entrati in casa, ha ieri (indirettamente) bacchettato il presidente del Consiglio Monti, troppo presente in televisione. Zavoli ha 88 anni, è giornalista notissimo e inventore del “Processo alla tappa” nei giri d’Italia della nostra giovinezza, autorevolezza indiscutibile per via di ricostruzioni storiche e inchieste radiofoniche e televisive. Oggi guida la Commissione parlamentare di vigilanza, e ha titolo dunque per parlare: « Va chiarito con la Rai come mai i direttori di reti o di testate decidano da soli chi invitare», sulla par condicio «lo sgarro c’è, è palese ed è grave», « una parte dell’azienda che cade in totale ribalteria (sic) rispetto al Cda». Più tardi Zavoli ha precisato di non aver mai citato le parole “Mario Monti” o “presidente del Consiglio”. Però il suo discorsetto (fatto appunto in Commissione di vigilanza) veniva subito dopo la protesta di Paolo Bonaiuti, portavoce storico di Berlusconi, che lamentava l’invasione di radio e tv operata dal capo del governo, ieri a Unomattina per la seconda volta in un mese, l’altro giorno a Radio anch’io, stasera a Otto e mezzo

Beh, il capo del governo risponde all’offensiva di Berlusconi, che pure lui sta un giorno in tv e l’altro pure.
Berlusconi dice d’essersene stato nascosto per un anno e questo, adesso, gli darebbe il diritto di parlare. Il problema è che mancano solo tre settimane al divieto imposto a tutti dalla par condicio ed è per questo che si sfogano adesso. Tra l’altro la polemica sull’occupazione del piccolo schermo ha fatto passare sotto silenzio le cose che Monti ha detto a Franco Di Mare. E cioè che Bersani farebbe bene a “silenziare” le estreme – vale a dire Sel, Vendola –, «mi auguro che il segretario del Pd convinca ma non vinca», ecc. Colpi di fioretto rispetto a quanto riservato al Pdl e in particolare a Renato Brunetta, «professore di una certa statura accademica», capo secondo Monti di quelle lobby che hanno impedito liberalizzazioni più ficcanti.  

Lei sta insinuando che Monti si prepara a un’intesa col Pd.
Dopo le elezioni, s’intende. La risposta, molto moderata e che per una volta definisco “bella” di Bersani, è in linea con questi possibili fidanzamenti futuri. Intanto sulla richiesta di “silenziare” le estreme: «Chiedo il rispetto per tutto il Pd. Noi siamo un partito liberale che non chiude la bocca a nessuno e troverà sempre la sintesi». Poi sulle invasioni televisive di questo o di quello: « Non sto lì a bilanciare i minuti… Io dico una cosa e ci credo: se volete togliermi dei minuti, dateli alla Siria. Ci sono 60mila morti e non se ne sta occupando nessuno. Cerchiamo di guardare un po’ fuori, di allargare lo sguardo. L’Italia è un grande Paese, non può finire a colpi di minutaggio tv. Comunque non mi impressiona un minuto in più o in meno».  

Strano, no? Sembra che, mentre gli altri si accapigliano per apparire in prima serata, a lui non gliene importi niente.
È una discussine che dura dai primi anni Novanta: la Lega non ebbe allora praticamente neanche un minuto di presenza televisiva e sbucò dal nulla a quelle elezioni. Non esserci le aveva giovato. Berlusconi nel ’94, senza la televisione, non sarebbe riuscito a notificare al mondo la propria esistenza. Ma dopo? Ma adesso? Monti e Berlusconi, così presenti, così invadenti, non potrebbero stufare? Il silenzio di Bersani, la sua discrezione, non potrebbero fargli guadagnare punti? Insomma: sarà davvero la televisione e determinare la vittoria alle prossime elezioni del 24 febbraio?  

Ma poi qualcuno la guarda ancora la televisione?
Lei sta scherzando. Dati freschissimi dicono che il 2012 è stato l’anno con più ascolti televisivi di tutta la storia (da quando almeno si prendono le misure degli ascolti attraverso l’Auditel). La media del pubblico seduto davanti alla tv di giorno e di notte è di 10.369.000 spettatori. Nella fascia 20.30-22.30 la media è stata di 26.008.000 persone, cioè si è superata per la prima volta nella storia la soglia dei 26 milioni. È vero che si tratta ancora di un mezzo per vecchi, dato che gli spettatori che hanno più di 65 anni stanno lì a guardare i programmi per più di sette ore al giorno. Ma anche i giovani (15-24 anni) non scherzano: tre ore e 13 minuti medi di tv al giorno. Se si guardano i numeri, il duo di assatanati Monti-Berlusconi ha ragione.  

Credevo che tutto ormai dipendesse da Internet! Perché ho questa sensazione che la tv sia invece un mezzo residuale?
Primo, perché si sbaglia: la televisione ha ripreso forza dalla crisi, si tratta cioè di un mezzo anticiclico. La gente non ha soldi, non esce di casa e guarda Raiuno. Secondo: può averla ingannata l’enorme frammentazione del mezzo, che offre in ogni momento decine di film, documentari, notiziari di tutti i tipi, rievocazioni, talk-show e quant’altro. La frammentazione ha forse tolto punti di Auditel a Raiuno o a Canale 5, ma, allargando enormemente l’offerta rispetto a un tempo, ha anche allargato enormemente la platea complessiva degli utenti.