Rassegna, 7 gennaio 2013
Assad: «Sconfiggerò i pupazzi dell’Occidente»
• Parlando per un’ora in diretta tv nel suo primo discorso pubblico dallo scorso giugno, Bashar Assad ha riconosciuto la tragedia in cui da 21 mesi è sprofondata la Siria: «Ci incontriamo oggi nella terra della Siria sopraffatta dal dolore». Ma ha attribuito ogni responsabilità ai ribelli che, come in passato, ha definito terroristi e «burattini dell’Occidente», negando l’esistenza di una rivoluzione popolare. Il presidente siriano ha presentato poi una proposta di pace in due tappe. Il piano prevede innanzitutto che i Paesi stranieri smettano di finanziare e armare i ribelli, con la promessa che allora il regime poserà le armi riservandosi comunque «il diritto a difendersi». Seconda tappa: una «conferenza nazionale» (che escluderebbe però gran parte dell’opposizione armata e in esilio) per arrivare a una nuova Costituzione da sottoporre a referendum, seguita da elezioni e da un governo di coalizione. Catherine Ashton ha replicato, a nome dell’Europa, che Assad deve «lasciare il potere e consentire una transizione politica». Londra ha aggiunto che le sue «promesse vuote di riforma non convincono nessuno». [Mazza, Cds]
• Secondo Olimpio (Cds) al momento «l’unico vero vantaggio rimasto ad Assad è la diffidenza della diplomazia verso l’opposizione, sempre disunita e con agende diverse. Il prolungamento del conflitto, sotto questo aspetto, è devastante. Più dura e più crescono le violenze, spesso settarie. Le vendette incrociate aumentano la sfiducia e minano la coesione. In tanti non escludono che le componenti più radicali possano prendere il sopravvento sull’ala pragmatica della resistenza. Se non altro perché le fazioni jihadiste (e qaediste) sono le meglio armate e dispongono di aiuti superiori. Inoltre sfruttano le indecisioni degli Occidentali, scottati dalle esperienze afghana e libica. Preoccupazioni che si estendono agli attori regionali».