Rassegna, 2 gennaio 2013
Usa: accordo al Senato per il fiscal cliff
• Il Senato di Washington ha approvato un’intesa bipartisan per evitare il fiscal cliff, con un aumento di tasse ai ricchi, accogliendo le raccomandazioni di Barack Obama per un’operazione redistributiva. Ma il voto della Camera era per ora bloccato dalla destra. Tecnicamente, dunque, gli Stati Uniti sono già caduti nel precipizio fiscale perché in via automatica da ieri scattano rincari di tasse per tutti i contribuenti, e pesanti tagli di spese pubbliche. Tuttavia un accordo bicamerale può ancora cancellare retroattivamente alcuni effetti del precipizio. La versione passata al Senato lascia risalire dal 35% al 39,6% l’aliquota sui redditi oltre 400.000 dollari annui (per i single) o i 450.000 (per le coppie). Si torna alla pressione fiscale in vigore nel 2000, prima degli sgravi di Bush junior. Sale anche l’aliquota sulle rendite finanziarie (dividendi o plusvalenze di capitali) dal 15% al 20%. La tassa di successione è alzata dal 35% al 40% per eredità oltre i cinque milioni di dollari. La manovra, se approvata dai due rami del Congresso in questa versione, genera maggiori entrate pari a 600 miliardi in dieci anni. [Rampini, Rep]
• Scrive Rampini su Rep che «il sì del Senato, con 89 favorevoli e solo otto contrari, all’alba del 2013 segna uno spartiacque storico nella politica americana: è il primo atto bipartisan in favore di un aumento delle tasse da 22 anni. Correva l’anno 1990 quando per l’ultima volta un repubblicano, George Bush padre, osò alzare le tasse e da quel momento venne crocifisso dal suo partito per aver tradito l’ideologia liberista. Da allora le tasse degli americani erano state ritoccate sempre e soltanto in una direzione: per ridurle».