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 2012  dicembre 24 Lunedì calendario

Possiamo dividere il discorso di due ore che Monti ha fatto ieri ai giornalisti – e che poi ha commentato con Lucia Annunziara nel programma In ½ ora -, in tre parti: ricostruzione storico-politica di questo anno di lavoro, partendo dalla conferenza stampa del 4 dicembre 2011 e dal contesto «periglioso» nel quale il governo fu costretto a insediarsi e che viene troppo spesso dimenticato («non abbiamo mai chiesto di governare, siamo stati chiamati»); descrizione della cosiddetta Agenda Monti, che sarà in rete tra pochi giorni e avrà il titolo “Cambiare l’Italia

Possiamo dividere il discorso di due ore che Monti ha fatto ieri ai giornalisti – e che poi ha commentato con Lucia Annunziara nel programma In ½ ora -, in tre parti: ricostruzione storico-politica di questo anno di lavoro, partendo dalla conferenza stampa del 4 dicembre 2011 e dal contesto «periglioso» nel quale il governo fu costretto a insediarsi e che viene troppo spesso dimenticato («non abbiamo mai chiesto di governare, siamo stati chiamati»); descrizione della cosiddetta Agenda Monti, che sarà in rete tra pochi giorni e avrà il titolo “Cambiare l’Italia. Riformare l’Europa. Agenda per un impegno comune”; attacco violentissimo a Berlusconi e forti critiche alla Cgil, accusata di essere il vero partito conservatore. Tutto questo, col solito tono del professore, per un quarto ironico e per tre quarti sonnolento, sicché a un osservatore distratto la violenza dell’attacco a Berlusconi magari sarebbe potuta sfuggire. Impossibile addormentarsi, invece, con il Cav da Giletti un paio d’ore dopo l’intervista di Monti alla Annunziata: Berlusconi, poiché il conduttore lo interrompeva tentando di fargli delle domande («non penserà mica di stare da Barbara D’Urso?»), ha minacciato due volte di andarsene e la seconda volta s’è alzato sul serio con l’intenzione di salutare.

Tutto questo è molto bello, ma la cosa che volevamo soprattutto sapere era questa: Monti si candida o no?
È il capitolo relativo all’Agenda, che io m’immagino come un composto chimico capace di coagulare forze e uomini politici oppure di respingerli. Monti ha detto che se intorno all’Agenda si formerà uno schieramento credibile, che la sposerà in tutto o in quasi tutto, e se poi questo schieramento gli offrirà la guida, intendendosi per “guida” anche la presidenza del consiglio, anche il nome in cima a una lista, ebbene a queste condizioni valuterà ancora se dir di sì e accettare questo sacrificio, «perché è chiaro che per me la cosa più conveniente, e che magari mi offrirebbe qualche altra chance istituzionale, sarebbe di stare zitto e fermo, cosa che la mia coscienza in questo momento mi vieta». Se vuole la mia interpretazione: bisogna che alle liste di quelli che già ci stanno (Casini, Montezemolo, Fini se il prof gradirà, i cattolici di Andrea Riccardi) si aggiungano elementi provenienti da destra, come Frattini, o da sinistra, come Ichino, intorno al quale il premier ha lungamente ragionato con la Annunziata (Ichino ha deciso di non candidarsi col Pd, giudicando la linea del partito macchiata da «gravi difetti di chiarezza). Il titolo dell’Agenda contiene la parola “comune”: Monti vuole cioè piazzarsi ancora una volta in una posizione di equilibrio tra le parti (extra partes), avendo però sufficiente forza parlamentare. Che questa forza debba derivare da una confluenza di destra moderata e sinistra moderata risulta chiaro non solo dall’esaltazione della “strana maggioranza” che lo ha sorretto in questi mesi, ma anche dal richiamo al “baratro fiscale” americano (o fiscal cliff
) per superare il quale Obama sta cercando di mettere d’accordo democratici e repubblicani. Il premier, per ripresentarsi, vuole diventare l’uomo della convergenza. Convergenza sulla sua Agenda, naturalmente.  

Che cosa dice questa Agenda?
Intanto che non si deve distruggere ciò che è stato fatto quest’anno. Ci sono almeno due modi per distruggere ciò che è stato fatto quest’anno, dice Monti. Primo modo: sottrarsi come paese alle linee guide dell’Europa, il che non significa rinunciare a contrattare anche duramente per cambiarla, l’Europa. Ma un conto è trattare per cambiarla, un altro conto ignorarla o aggirarla o negarla. In questo secondo caso, si finisce con una pacca sulle spalle e i risolini di scherno alla prima occasione (non ho bisogno di dirle che questo è stato uno dei tanti attacchi impliciti a Berlusconi). Secondo modo: promettere di tagliare l’Imu o, più in generale, promettere di ridurre le tasse e spargere a piene mani l’idea che le tasse significano lo Stato che ti mette le mani in tasca. Se il prossimo governo taglierà l’Imu, sarà costretto dopo un anno a reintrodurre un’Imu doppia. Badi al “dopo un anno”: tagliare l’Imu, secondo Monti, vuol dire scassare i conti, cioè avere vita corta, cadere subito. Altri elementi dell’Agenda Monti: riconsiderare il ruolo della donna, anche sotto il profilo demografico. È necessario che gli italiani ricomincino a fare figli, unico modo per sorridere al futuro. Altri dettagli non li ha dati, se non che l’Agenda sarà molto pink (cioè rosa, cioè concentrata sulle problematiche femminili) e molto green, cioè con una forte vocazione ambientalista (qui Monti ha elogiato «il presidente Vendola», ritenuto invece un conservatore, se non addirittura un reazionario, sulle politiche del lavoro).  

• Gli attacchi a Berlusconi.
Gli attacchi a Berlusconi si intrecciano con la ricostruzione di quanto fatto in questi tredici mesi. Monti ha difeso la “strana maggioranza”: da un lato è stata un elemento di freno, dall’altra però ha permesso il varo di provvedimenti altrimenti impossibili. Tra questi secondi, la riforma delle pensioni. Le resistenze della destra hanno invece infiacchito le leggi sulla corruzione o sulla giustizia. Quelle della sinistra hanno fatto fare molto meno di quanto sarebbe stato desiderabile in tema di riforma del lavoro. Dire che nel presentare questa ricostruzione Berlusconi è stato massacrato è dire poco. «Le parole pesano e devono pesare, e di questo devono essere coscienti sia quelli che parlano che quelli che ascoltano» (l’analisi delle sue dimissioni dopo l’attacco ad alzo zero di Alfano in Parlamento lo scorso 7 dicembre). «Il presidente Berlusconi mi suscita sentimenti di gratitudine e di sbigottimento. Gratitudine per il rapporto di estrema cortesia personale e per il ricordo che fu lui nel 1994 a nominarmi commissario in Europa. Sbigottimento per le oscillazioni nel giudizio: ancora ieri mi ha giudicato un disastro completo, ma pochi giorni fa mi aveva offerto la leadership dei moderati e ancora pochi giorni prima mi aveva di nuovo attaccato a fondo… Si tratta di una comprensione mentale che a me sfugge» (Berlusconi da Giletti ha poi spiegato che non c’è contraddizione, Monti avrebbe potuto assumere la guida dei moderati «e in quel caso avrebbe dovuto fare quello che gli dicevamo noi»). Monti ha poi negato la ricostruzione dei fatti berlusconiana e che abbiamo sentito ancora da Giletti: non è la Bce che ha abbassato lo spread, anzi la Bce ha comprato debito italiano soprattutto nell’ultimo periodo del governo Berlusconi. Quando ha parlato della giustizia, ricordando le resistenze che al decreto anti-corruzione sono venute dal centro-destra, Monti ha sostenuto che bisogna rafforzare le norme sul falso in bilancio, sul voto di scambio, sulla prescrizione, sul conflitto d’interessi. A Berlusconi si saranno rizzati in testa anche i capelli che non ha. Unico ammiccamento al centro-destra: la necessità di rivedere le norme sulle intercettazioni. Infine, il professore ha alluso ai festini «irriguardosi di ogni dignità», riferendosi però non solo a Berlusconi, ma anche ai vari Fiorito ecc.  

Le reazioni degli altri?
Berlusconi, furibondo, voleva fare una conferenza stampa volante. Alfano ha detto che i rapporti con Monti a questo punto sono chiusi. Attacchi dalla Camusso e da Vendola. Bersani ha fatto una dichiarazione che significa in sostanza: stiamo a vedere.  

Non ha parlato nessuno di quelli che, da destra o da sinistra, dovrebbero confluire sull’Agenda Monti?
Per ora ha parlato Frattini, dichiarandosi d’accordo su tutto col premier. Credo che basterà questo per farlo buttare fuori dal Pdl.[Giorgio Dell’Arti, La Gazzetta dello Sport 24 dicembre 2012]