21 dicembre 2012
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Biografia di Salvatore Girone
GIRONE Salvatore • Torre a Mare (Bari) 1978. Sergente della Marina italiana. Fuciliere del Battaglione San Marco, in servizio presso la caserma Carlotto di Brindisi. Fermato in India, nello Stato del Kerala, il 15 febbraio 2012 insieme al collega Massimiliano Latorre, con l’accusa di aver ucciso due pescatori indiani. Da allora, dopo un periodo di detenzione, i due sono stati in libertà vigilata a Kochi, in attesa che la Corte suprema indiana stabilisse se la giurisdizione sul caso appartenesse all’India o all’Italia. Dopo quattro anni di controversie, a fine maggio 2016, la Corte suprema indiana, in seguito all’ordine del Tribunale arbitrale internazionale dell’Aja, gli ha concesso di rientrare in Italia in attesa dello svolgimento di tutto il procedimento arbitrale (Latorre era già in patria dal 2014, dopo aver subito un leggero ictus).
• L’iter Il 15 febbraio la petroliera Enrica Lexie, degli armatori napoletani D’Amato, naviga a 30 miglia dalla costa del Kerala, una striscia di terra che si trova sulla punta occidentale della penisola indiana. A bordo sei marò italiani del reggimento San Marco, ingaggiati per affrontare, nell’eventualità, i pirati che infestano la zona. Secondo la versione degli italiani, intorno alle tre del pomeriggio il team di protezione militare della petroliera (sei uomini, pagati ciascuno 500 euro al giorno) ha gridato che un peschereccio si stava avvicinando, con aria aggressiva. Il comandante Umberto Vitelli dice di aver subito fatto attivare le sirene esterne, mentre i sei militari prendevano posizione e avvertivano il peschereccio, di nome Saint Anthony, di non avvicinarsi. Quello non se ne dava per inteso. Partivano allora tre raffiche, sparate – stando sempre al racconto degli italiani – in acqua. Dopo la terza raffica, il peschereccio voltava la prua e se ne andava. Ma poco dopo dal comando di Bombay arrivava la richiesta di entrare nel porto di Kochi: la polizia di Kerala aveva trovato a bordo del Saint Anthony molte armi. Senonché, una volta arrivati in porto, gli italiani venivano accusati di aver sparato ad altezza d’uomo, di aver ucciso due pescatori innocenti e disarmati di 25 e 45 anni (Ajesh Binki e Jala Stein) e, alla fine, Latorre e Girone venivano interrogati e poi chiusi in una villa non si sa se in stato di fermo o di arresto. La nostra diplomazia, che ha mandato sul posto una rappresentanza dei ministeri degli Esteri, della Difesa e della Giustizia, sostiene che l’episodio è avvenuto in acque internazionali, dove la giurisdizione è determinata dalla bandiera: toccherebbe quindi all’Italia processare gli eventuali colpevoli. Gli indiani spostano l’episodio a meno di 20 miglia, cioè nelle loro acque. L’International Maritime Bureau però ha segnalato, in quelle stesse ore, un attacco fallito a un’altra petroliera (due imbarcazioni di pirati a due miglia e mezza dal porto). È in questa operazione che potrebbero in realtà essere stati uccisi i due pescatori. Il ministro Terzi per due volte nel giro di un mese si è recato in India senza riuscire a ottenere il rilascio dei due, che sono stati trattenuti in un carcere di Trivandrum (nel Kerala), quindi trasferiti in un ex riformatorio a Kochi fino alla libertà su cauzione (20 milioni di rupie, circa 290 mila euro), concessa nel giugno 2012 con l’obbligo di firma tutte le mattine, il ritiro dei passaporti e il divieto di allontanarsi dal commissariato locale. Da allora, Girone e Latorre, alloggiati in un hotel di Kochi, aspettano che venga chiarita la loro posizione giuridica. Fanno jogging e palestra, ricevono posta dall’Italia, parlano con i familiari via Skype, mangiano quasi solo cibi italiani. Per la Marina sono ufficialmente in servizio, in missione in India. Il processo, aperto dallo Stato del Kerala, è fermo nell’attesa che la Corte suprema indiana stabilisca se la giurisdizione sul caso appartenga all’Italia o all’India. Le prove balistiche effettuate dal Forensic Team di Trivandrum, a cui sono stati ammessi due carabinieri italiani senza voce in capitolo, avrebbero dimostrato che a sparare il 15 febbraio sono stati due fucili Beretta sequestrati sulla Lexie. Nel frattempo, nell’aprile 2012, il governo italiano ha versato dieci milioni di rupie (150 mila euro), a ciascuna delle famiglie dei due pescatori uccisi. Gli avvocati indiani hanno parlato di risarcimento, il ministro della Difesa italiano Di Paola di «donazione».
[Leggi anche l’apertura del Foglio del lunedì del 27/2/12]
• L’11 ottobre 2012 il processo in Kerala viene rinviato di nuovo. Il tribunale di Kollam ha convenuto di aspettare la sentenza della Corte suprema di New Delhi che dovrebbe sciogliere il nodo della giurisdizione. Il 20 dicembre l’Alta corte del Kerala autorizza i marò a tornare in Italia per due settimane in occasione del Natale, dietro garanzia dell’ambasciatore italiano. Il 3 gennaio 2013 i marò vengono interrogati per cinque ore dalla procura di Roma. Il 18 gennaio la Corte suprema indiana riconosce che la magistratura del Kerala non ha competenza sui marò in quanto l’incidente è avvenuto in acque «contigue» e autorizza il loro trasferimento a Delhi: da questo momento i due risiedono in ambasciata con l’obbligo settimanale della firma. La Corte dispone che sia un tribunale speciale a giudicare, sulla base delle leggi indiane sulla navigazione e delle convenzioni dell’Onu.
• Il 22 febbraio 2013 la Corte suprema autorizza Latorre e Girone a rientrare in Italia per votare. A garanzia del ritorno in India un affidavit firmato dall’ambasciatore d’Italia, Daniele Mancini. Il 9 marzo il governo indiano avvia la procedura per la costituzione del tribunale speciale. Due giorni dopo, undici giorni prima della scadenza, il governo italiano annuncia che i marò non torneranno in India. Durissima la reazione di Delhi che minaccia ritorsioni diplomatiche e commerciali. Il 12 e 13 marzo l’ambasciatore Mancini viene convocato al ministero degli Esteri. L’avvocato indiano che rappresenta l’Italia si ritira dal processo. Il giorno dopo, la Corte suprema ordina all’ambasciatore Mancini di non lasciare l’India. Sonia Gandhi, leader del partito del Congresso, parla di «tradimento» da parte dell’Italia. Il 20 marzo Latorre e Girone sono ascoltati dalla Procura militare di Roma: sono indagati per violata consegna aggravata e dispersione di oggetti di armamento militare. Il 21 marzo il governo italiano decide che Latorre e Girone torneranno in India. Il sottosegretario di Stato del ministero degli Affari esteri, De Mistura, concorda con l’incaricato d’Affari indiano un’assicurazione scritta che escluderebbe la pena di morte per i marò. Latorre e Girone partono la sera stessa per rientrare alla scadenza prevista. Il 26 marzo Giulio Terzi si dimette da ministro degli Esteri alla Camera, in dissenso con la decisione del governo italiano.
• Il 1° aprile 2013 il governo indiano affida nuove indagini sui marò alla National investigation agency (Nia) che ha competenza sul terrorismo e indagherà in base alla Sua act, la legge sulla navigazione marittima che prevede la pena di morte. L’11 novembre dello stesso anno, gli inquirenti indiani sentono in videoconferenza gli altri quattro marò presenti sulla Enrica Lexie il 15 febbraio 2012, dopo un lungo braccio di ferro su luogo e modi dell’interrogatorio. Secondo una perizia della Marina gli spari fatali sarebbero provenuti dalle loro armi e non da quelle di Latorre e Girone. A questo punto la Nia può concludere le indagini.
• Il 20 gennaio 2014, la Corte suprema dà tempo all’amministrazione indiana fino al 3 febbraio per risolvere il conflitto interno sull’impego della Sua act, che prevede la pena di morte. La Nia ha chiuso le sue indagini ed applicato la Sua act. Il passo successivo sarà la richiesta che Latorre e Girone tornino in Italia in attesa del processo. Il 28 marzo 2014, poco dopo le 8, arriva la notizia sulla decisione della Corte suprema di New Delhi sull’utilizzo della Nia, polizia antiterrorismo: «Il processo ai due marò è stato sospeso». Per l’Italia, che il 24 febbraio era già riuscita a sventare la possibilità di utilizzare il Sua Act, ovvero la legge antiterrorismo che prevede anche la pena di morte, si tratta di una indubbia vittoria: il riconoscimento cioè da parte della magistratura indiana della tesi che la Nia può occuparsi solo di casi di terrorismo. L’Italia continua a non riconoscere la giurisdizione indiana sul caso, rifiuterà il processo e non presenterà i due militari in tribunale. Il 27 marzo il premier Matteo Renzi pone la questione sul tavolo anche nel colloquio con il presidente Usa, Barack Obama.
• Nel frattempo, il 31 agosto 2014, Latorre comincia a manifestare problemi di salute e ottiene un permesso per rientrare in Italia a curarsi.
• Il 15 gennaio 2015, il Parlamento europeo approva una risoluzione sul caso marò nella quale si chiede in particolare il rimpatrio dei due fucilieri e l’auspicio che il giudizio per risolvere il contenzioso sia affidato alla giurisdizione italiana o tramite arbitrato internazionale. Il governo indiano la definisce inopportuna. Il 26 giugno l’Italia attiva l’arbitrato internazionale di fronte all’impossibilità di arrivare a una soluzione per via negoziale diretta con l’India. Roma chiede misure che consentano la permanenza di Latorre in Italia e il rientro in patria di Girone durante l’iter della procedura arbitrale. Il 13 luglio la Corte suprema prolunga di sei mesi il permesso per Latorre di restare in Italia per le cure mediche. Viene fissata un nuova udienza per il 26 agosto quando il governo di New Delhi dovrà presentare un rapporto ufficiale sul caso. Il 24 agosto il Tribunale internazionale del Mare ordina a Italia e India di sospendere qualsiasi procedura e astenersi dall’avviarne altre, respingendo la richiesta italiana di misure temporanee. La decisione passa al Tribunale arbitrale dell’Aja a cui appartiene la sentenza nel merito. Il 12 dicembre l’Italia deposita al Tribunale arbitrale la richiesta di misure provvisorie, tra cui l’autorizzazione per Girone a tornare in patria e restarvi per tutta la durata della procedura all’Aja.
• Il 13 gennaio 2016, la Corte suprema di New Delhi prolunga la permanenza di Latorre in Italia fino al 30 aprile. Il 26 aprile la Corte suprema indiana concede altri 5 mesi a Latorre, che potrà così rimanere in Italia fino al 30 settembre. Ma la Farnesina ribadisce che la giurisdizione indiana è sospesa e senza valenza giuridica. Il 2 maggio il Tribunale arbitrale dell’Aja dispone che il sergente Girone faccia rientro in Italia fino alla conclusione del procedimento arbitrale, il 26 maggio la Corte suprema di New Delhi dà attuazione all’ordinanza del Tribunale arbitrale e predispone il rientro immediato di Girone in Italia, che sbarca all’aeroporto di Ciampino alle 18 del 28 maggio 2016 (cronologia tratta da un articolo di Nadia Francalacci) [Pan 26/5/2016].
• Prima di intraprendere la carriera militare faceva l’aiutante barbiere nella bottega Miccoli, nel centro di Torre a Mare. Da sedici anni è entrato in marina ed è stato trasferito al battaglione San Marco di Brindisi (Marzo) [Corriere del Mezzogiorno 21/7/2012].
• Sposato con Vania Ardito, due figli, Michele e Martina.
• Ha un cane, un golden retriever di nome Argo che la sua famiglia gli ha portato in India per farlo sentire meno solo.