La Gazzetta dello Sport, 19 dicembre 2012
Le redazioni sono in subbuglio perché l’Istat ha certificato che al nord ci si sposa più volentieri in Comune che in Chiesa, e questo certificherebbe un cambio di costume, di mentalità, forse di moralità
Le redazioni sono in subbuglio perché l’Istat ha certificato che al nord ci si sposa più volentieri in Comune che in Chiesa, e questo certificherebbe un cambio di costume, di mentalità, forse di moralità. L’Istat aveva già anticipato questo dato un mese fa, ma stavolta lo rimette in circolo all’interno del suo Annuario statistico, e così si vede che la preferenza per il matrimonio civile rispetto a quello religioso si accompagna ad altri fenomeni sociali non meno significativi e in qualche modo connessi: il matrimonio di qualunque tipo è generalmente in calo, mentre cresce la propensione alla convivenza, le donne partoriscono sempre più tardi, quindi gli aborti sono sempre più frequenti, sono in aumento le separazioni, è in aumento la percentuale di coloro che trovano lavoro solo sopo i 30 anni, e tutto questo ritardo nelle decisioni-chiave della vita è probabilmente in rapporto con la lunghezza stessa della vita media italiana, superata secondo l’Istat solo dalla Svezia per i maschi e solo da Francia e Spagna per le femmine (mentre altre ricerche sostengono che gli italiani, per longevità, sono secondi nel mondo solo al Giappone).
• Questa longevità non sarà il rovescio della medaglia della nostra diffusa amoralità, della mediocrità della nostra classe dirigente, della nostra tendenza storica al mefreghismo e più di recente al pressapochismo, del nostro modo blasfemo di credere in Dio, e il resto che le risparmio?
Il celebre familismo amorale in cui, a quanto pare, è sparito il familismo ed è rimasto solo l’amorale. Il quadro complessivo dice che la famiglia, almeno la famiglia come l’abbiamo intesa fino ad oggi, è effettivamente in calo. Basta confrontare i dati di ieri con quelli, per esempio, del 1995: i matrimoni nel 1995 furono 290 mila (e nel 1972 419.000!), mentre nel 2011 sono stati 208.702; le separazioni nel 1995 furono 52 mila e nel 2011 sono state 87 mila (+63%); i divorzi, dai 27 mila del 1995, sono aumentati a 54 mila (+100%) nonostante un lievissimo calo del 2011 sul 2010. Ma questo calo è probabilmente connesso alla flessione dei matrimoni, perché è chiaro che se non ci si sposa non si può neanche divorziare.
• Che cosa mi dice del dato che ha più impressionato tutti quanti, e cioè questo sorpasso al Nord dei matrimoni civili sui matrimoni religiosi?
Le percentuali al Nord sono: matrimonio civile 51,7%; matrimonio religioso 48,3%. Intanto è chiaro che l’istituto del matrimonio non è più percepito come una volta. E questo si vede anche dalla moda delle convivenze, cioè di coppie che vivono e hanno figli come se fossero sposate, ma che non sono sposate. La risposta più frequente a chi interroga i conviventi su questo punto è la seguente: «Ma perché dovremmo sposarci?». Trattandosi di coppie di trenta-quarantenni non c’è ancora la percezione delle reversibilità che il matrimono consente. Ma lo Stato non può ammettere se non una famiglia in qualche modo certificata o dal matrimonio civile o da quello religioso. Come circoscrivere e individuare una famiglia i cui componenti non abbiano in alcun modo documentato la loro relazione? I celebri Dico o Pacs dell’era Prodi hanno fatto passare la voglia a qualunque legislatore non solo per l’opposizione decisa della Chiesa (Prodi conobbe su questo la sua prima caduta) ma anche perché quelle norme – firmate Bindi-Pollastrini – erano singolarmente mal concepite.
• Di questo però mi pare il Parlamento si sia reso conto. Non è appena stata votata una legge che equipara i figli nati nel matrimonio da quelli nati fuori dal matrimonio?
Sì, la Camera ha definitivamente approvato lo scorso 28 novembre quasi all’unanimità (contraria solo l’Udc) questa parificazione: i bambini sono tutti uguali, qualunque sia lo stato civile dei loro genitori. La radicale Donatella Poretti ha definito questa legge «l’unico atto per il quale sarà ricordata questa legislatura».
• Il varo di questa norma prende atto del profondo mutamento avvenuto nella famiglia italiana.
Sì, per questo possiamo anche ricorrere ai dati del Censis, che parla ormai di numerosi «format familiari»: nel periodo 2000-2010 sono diminuite le coppie coniugate con figli (-739mila), sono aumentate le coppie non sposate con figli (+274 mila), sono aumentate le famiglie con un solo genitore (+345 mila), nel periodo 1998-2009 sono aumentate le unioni libere (+541 mila per un totale di 881 mila) che coinvolgono, comprendendo i figli, più di 2,5 milioni di persone. Italiani che hanno sperimentato nella loro vita una forma di convivenza libera: 5,9 milioni. Famiglie in cui almeno uno dei due partner ha un matrimonio alle spalle: 1.070.000.
• Come si spiega la differenza, nel rapporto tra matrimonio civile e matrimonio religioso, tra il Nord e il Sud?
Costume, cultura, tradizione. Le percentuali al Sud sono: matrimonio religioso 76,3%, matrimonio civile 23,7%. Questo dato ci dice che la crisi non c’entra poi troppo con queste percentuali. Il matrimonio religioso si accompagna infatti più frequentemente con l’abitudine dei banchetti costosi. Ma il trend giungerà presto anche al Sud.[Giorgio Dell’Arti, La Gazzetta dello Sport 19 dicembre 2012]