Rassegna, 7 dicembre 2012
Il Pdl abbandona Monti, governo in bilico
• Da ieri la maggioranza che sostiene il governo Monti è appesa a un filo. Il Pdl di fatto ha deciso di togliere il suo appoggio. La miccia l’ha accesa di buon mattino Passera. Ospite di Agorà su Raitre, il ministro dello Sviluppo commenta l’intenzione di Berlusconi di ricandidarsi premier per la quinta volta: «Tutto ciò che può solo fare immaginare al resto del mondo che si torna indietro non è un bene per l’Italia. Dobbiamo dare la sensazione che il Paese vada avanti». La battuta scatena l’ira immediata dell’interessato e del partito. Alle undici, in Senato, il capogruppo Gasparri annuncia l’astensione dei suoi. La fiducia passa, ma senza l’astensione Pdl il governo si sarebbe trovato senza maggioranza. La capogruppo Pd Finocchiaro invita Monti a salire al Quirinale. Stessa cosa avviene poche ore dopo alla Camera. La maggioranza c’è, ma è solo tecnica. Sia alla Camera che al Senato alcuni parlamentari Pdl si dissociano e dicono sì alla fiducia; fra questi, l’ex ministro Frattini. «Ho preso atto del voto positivo sul decreto Sviluppo, ora attendo le valutazioni del Presidente della Repubblica» dichiara Monti. «Non mandate tutto a picco». Sono contrario «ad una fine convulsa della legislatura», fa sapere Napolitano, che stamattina incontra Alfano. «Siamo preoccupati per la situazione economica e quindi abbiamo dato un segnale chiaro» spiegherà in serata Alfano, annunciando anche la candidatura di Berlusconi e l’annullamento delle primarie del Pdl. [Barbera, Sta]
• Dopo il voto alla Camera, Gianfranco Fini ha confidato ai suoi: «Cicchitto ha certificato che il governo è politicamente finito. Meglio non prolungare l’agonia». [Martirano, Cds]
• Spiega Geremicca sulla Sta che «un’astensione nel voto di fiducia su questo o quel provvedimento (ieri il Pdl lo ha fatto due volte, una al Senato e l’altra alla Camera) non è sufficiente – questa la valutazione del Colle – per determinare una crisi: se il partito di Silvio Berlusconi vuole le elezioni anticipate (anticipate di un mese o poco più, intendiamoci) lo dica, sfiduci Mario Monti e assuma a viso aperto oneri e onori di tale decisione scelta. E’ di questo che Angelino Alfano (con Gasparri e Cicchitto) discuterà col Capo dello Stato stamattina».
• Magri scrive che i dissidenti del Pdl si contano sulle dita di una mano (Frattini, Pisanu, Cazzola, Mantovano, Malgeri e Castellani) «perché Berlusconi se li è tirati dietro praticamente tutti con quell’alzata d’ingegno mercoledì sera, un piccolo pezzo di storia patria da raccontare. La scena si svolge intorno al desco di Palazzo Grazioli. Col padrone di casa sono seduti Alfano, Verdini, Brunetta e l’immancabile avvocato Ghedini. Le Chevalier è scontroso, visibilmente infastidito. Per tutto il pomeriggio, tra la lunga riunione con i vertici del partito e la visita dell’ambasciatore russo Meshkov, ha dovuto subire il pressing del suo amico Dell’Utri, “guarda che il governo ci sta combinando un bello scherzo, qui bisogna reagire”. Si era sparsa la voce (qualcuno dice: alimentata da Previti) che il decreto sull’incompatibilità avrebbe introdotto misure tali da precludere a Silvio e Marcello il seggio in Parlamento, mettendoli insomma alla mercè dei pubblici ministeri. “Vogliono farci finire in galera”, era stata l’amara conclusione dei due. In verità, nel decreto approvato ieri di queste misure non c’è traccia; ma la giustizia è da sempre un’ossessione del Cavaliere. (…) Dunque sono tutti seduti a tavola, quando il telefonino di Letta emette un bip. È Gasparri che tramite sms segnala una notizia di agenzia, secondo cui Berlusconi non si candiderebbe più in quanto tradito dal suo partito. Letta ne dà conto a voce alta, e lì deflagra l’ira del Cavaliere. Un colpo di testa. Un’alzata d’ingegno. “Ma quale passo indietro, io mi candido eccome! E col governo basta, dobbiamo chiudere in fretta”. Entusiasmo di Verdini, che lo spalleggia. Angelino se ne dichiara lieto, che altro può fare per salvare il partito da una scissione? Letta valuta in un lampo i contraccolpi politici, tenta la carta disperata. “Non lo fare”, quasi urla, “se tu ritorni le cancellerie europee te la faranno pagare carissima. Pensa alle conseguenze per te e per le tue aziende...”. Niente da fare. Berlusconi è un treno in corsa. Con il soccorso di Bonaiuti, alle 22,25 viene diramata la dichiarazione che annuncia il ritorno in campo e dichiara guerra al governo».