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 2012  dicembre 07 Venerdì calendario

Il governo è in pericolo perché il Popolo della Libertà ha annunciato di aver sostituito l’appoggio esterno, garantito fino a martedì, con l’astensione

Il governo è in pericolo perché il Popolo della Libertà ha annunciato di aver sostituito l’appoggio esterno, garantito fino a martedì, con l’astensione. L’astensione è già stata praticata ieri: la mattina al Senato, dove si votava la fiducia al decreto legge Sviluppo, il pomeriggio alla Camera, dove il capogruppo Cicchitto ha annunciato l’astensione sul decreto che taglia le spese agli enti territoriali. Entriamo qui subito nei labirinti della politica: l’astensione è definita dagli stessi pidiellini “responsabile”, nel senso che viene praticata in modo da non far mancare il numero legale durante le votazioni (al Senato, i pidiellini escono dall’aula, altrimenti l’astensione equivarrebbe a un voto contrario). E non è ancora, di per sé, in grado, numericamente parlando, di mandar sotto Monti, tanto è vero che il decreto Sviluppo è passato al Senato senza problemi (127 sì, cioè ancora la maggioranza assoluta, in una mattinata in cui, essendo appena 169 i presenti e 167 i votanti la maggioranza richiesta era di appena 84 senatori), idem quello della Camera sui tagli agli enti locali (281 a 77 con 140 astenuti) e lo stesso Alfano ha poi assicurato che la legge di stabilità «non è a repentaglio». L’occasione per il cambio di toni e di umore pidiellini è stata fornita dal ministro Passera che, durante la trasmissione televisiva Agorà, ha lamentato il ritorno in politica di Berlusconi. Ma Cicchitto poche ore dopo ha chiarito: «Non è un povero untorello come il ministro Passera a determinare la nostra presa di posizone, ma qualcosa di molto più serio e consistente. È un dissenso che arriva al suo punto terminale sulla politica economica di questo governo». La sostanza politica della decisione pidiellina era stata subito colta da Anna Finocchiaro, capogruppo dei democratici in Senato. Dopo aver richiamato tutti i senatori del suo partito in aula per votare la fiducia, ha detto: «Se il partito che da un punto di vista parlamentare ha ancora la maggiore consistenza passa all’astensione vuol dire che questo governo non ha più la fiducia delle Aule parlamentari. Se il governo non ha più la maggioranza che aveva nel momento in cui si è insediato, a questo punto credo che Monti si debba recare al Quirinale». Dichiarazione poi prudentemente corretta da Franceschini, il capogruppo democratico a Montecitorio, durante il pomeriggio, quando Napolitano invitava alla calma e a preparare con serenità il prossimo confronto elettorale: «Rimettiamo ogni decisione nelle mani del capo dello Stato. Questo il senso delle parole di Finocchiaro stamattina. Nessuna richiesta di dimissioni. Se non ci saranno le condizioni per proseguire, il Pd garantirà l’approvazione dei provvedimenti» più importanti. Lo spread, intanto, è subito schizzato a 330.

E Berlusconi? Silenzio assoluto?
Berlusconi si ricandida. Non l’ha detto ufficialmente lui, ma l’ha annunciato Alfano informandoci nello stesso tempo che le primarie del partito non si faranno più («Le primarie non ci saranno più perché non c’è bisogno di una successione, c’è Berlusconi in campo»). Berlusconi ha dato il la a questa babilonia l’altra sera al termine del lungo vertice con i suoi. Quel vertice, a quanto se ne sa, s’era concluso con la decisione di restare uniti nel Pdl facendo nuovamente scendere in campo il Cavaliere. Nessuna comunicazione ufficiale, ma in tarda serata arrivava una nota di Berlusconi in persona: «Leggo su un’agenzia una frase a me attribuita, del tutto inventata e addirittura surreale: “Io non mi candido perché non mi volete”, frase che avrei rivolto ai miei colleghi del Popolo della libertà. La realtà è l’opposto: sono assediato dalle richieste dei miei perché annunci al più presto la mia ridiscesa in campo alla guida del Pdl. La situazione oggi è ben più grave di un anno fa, quando lasciai il governo per senso di responsabilità e per amore del mio Paese. Oggi l’Italia è sull’orlo del baratro. L’economia è allo stremo, un milione di disoccupati in più, il debito che aumenta, il potere d’acquisto che crolla, la pressione fiscale a livelli insopportabili. Le famiglie italiane angosciate perché non riescono a pagare l’Imu. Le imprese che chiudono, l’edilizia crollata, il mercato dell’auto distrutto. Non posso consentire che il mio Paese precipiti in una spirale recessiva senza fine. Non è più possibile andare avanti così. Sono queste le dolorose constatazioni che determineranno le scelte che tutti insieme assumeremo nei prossimi giorni».  

Beh, con queste premesse, mi pare chiaro che il governo ha le ore contate.
Non è detto. La Russa in serata ha annunciato: «Oggi non c’è la fiducia, ma la maggioranza c’è ancora. Non saremo noi a mettere in ginocchio il governo dato che c’è la legge di stabilità da fare». Frattini, Gennaro Malgieri, Giuliano Cazzola, Alfredo Mantovano, Pisanu hanno votato a favore del governo disobbedendo a Berlusconi. È assolutamente possibile che, alla resa dei conti, un bel gruppo di parlamentari (40? 50?) lasci il Cavaliere al suo destino.  

Monti deve salire al Quirinale, no?
Per ora ci salirà Alfano, stamattina. L’intenzione è di informare ufficialmente il capo dello Stato della nuova posizione del partito.  

Monti?
Monti ha deciso di star fermo. «Ho preso conoscenza dei risultati sulle votazioni sulla fiducia, del loro esito positivo e delle dichiarazioni delle forze politiche. Sono stato e sono in contatto con il presidente della Repubblica e attendo conoscere sue valutazioni sul preannunciato passo» di Alfano. Il premier ha aggiunto che le valutazioni del capo dello stato saranno «decisive» nel valutare il futuro del governo.
[Giorgio Dell’Arti, La Gazzetta dello Sport 7 dicembre 2012]