Rassegna, 27 novembre 2012
L’Ilva di Taranto chiude, a casa cinquemila operai
• Dopo una nuova raffica di arresti ieri mattina, l’Ilva ha annunciato la chiusura della fabbrica di Taranto. I cinquemila operai sono stati lasciati fuori dai reparti che ancora erano aperti e li ha messi in ferie forzate. I finanzieri hanno eseguito sette ordinanze di custodia cautelare tra carcere e domiciliari. E hanno sequestrato tubi, coils e bramme stoccate nell’impianto, notificando un avviso di garanzia al presidente Bruno Ferrante e all’attuale direttore di fabbrica Adolfo Buffo. A terra rimane oltre un milione di tonnellate di acciaio. Alla retata delle Fiamme Gialle è sfuggito Fabio Riva, ora latitante, foglio del patriarca Emilio, ai domiciliari visti i suoi 86 anni. In carcere, anche l’ex direttore dello stabilimento di Taranto Luigi Capogrosso e l’ex responsabile delle relazione esterne Girolamo Archinà. Ai domiciliari l’ex assessore provinciale di Taranto Michele Conserva. Sono accusati di aver fatto di tutto per sfuggire a controlli e indagini sull’inquinamento. [Diliberto, Rep]
• Scrive Ruotolo sulla Sta: «La tesi degli inquirenti è che nonostante il sequestro dell’area a caldo, in vigore dalla fine di luglio, – “che prevedeva l’utilizzo degli impianti al solo fine del risanamento e blocco delle emissioni nocive in atto, e non della produzione” l’azienda ha continuato a produrre e inquinare. E i semilavorati e il prodotto finito non sono altro che “il prodotto dei reati contestati”. Nel corso della conferenza stampa al Comando provinciale della Guardia di Finanza, il procuratore Franco Sebastio, ha letto un passaggio della ordinanza di custodia cautelare, quello in cui il gip ricorda che “il diritto alla salute e alla vita non accettano compromessi di sorta, e tutti devono cedere il passo, anche il diritto al lavoro”».
• I sindacati hanno reagito all’annuncio della chiusura invitando gli operai a non abbandonare la fabbrica. Ne è nato un presidio permanente all’interno, anche perché l’azienda ha disattivato i badge di ingresso. Chi è ancora dentro non vuole uscire perché. In serata altri cinquecento lavoratori si sono assiepati all’esterno della portineria. Alla fine Fim, Fiom e Uilm hanno proclamato lo sciopero immediato di tutto lo stabilimento. [Diliberto, Rep]
• Secondo i calcoli di Confindustria, con la chiusura dell’Ilva i costi per la collettività, tra cassa integrazione, imposte e oneri sociali, «saranno quasi un miliardo di euro l’anno, mentre la perdita di potere di acquisto sul territorio di Taranto e provincia è stimabile in circa 250 milioni l’anno». [Sta]
• Il gruppo Riva è il quarto in Europa nella siderurgia. [Marro, Cds]
• Scrive Marro sul Cds che la chiusura dello stabilimento di Taranto «colpirebbe, innanzitutto gli altri stabilimenti del gruppo (Novi Ligure, Racconigi, Marghera e Patrica), quindi l’indotto (oltre ai 12 mila dipendenti diretti, ce ne sono tra i 5 e i 7 mila che vivono dei servizi che ruotano intorno al megastabilimento, il più grande d’Europa), e i clienti, che vanno dal distretto metalmeccanico di Brescia all’industria degli elettrodomestici, dai cantieri navali al settore dell’auto, dall’edilizia al comparto dell’energia. Tanto che Federacciai-Confindustria ha quantificato in una cifra oscillante tra 5,7 miliardi e 8,2 miliardi di euro le ripercussioni negative sull’economia nazionale. Cioè qualcosa che può valere mezzo punto del prodotto interno lordo».