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 2012  novembre 22 Giovedì calendario

Firmato l’accordo sulla produttività, senza la Cgil

• Èstato raggiunto l’accordo tra governo e parti sociali sulla produttività. La Cgil si è rifiutata di firmare. Si tratta di un’intesa di massima, si attende un decreto del governo per stabilire in quali casi sarà possibile ottenere la tassazione agevolata. Il governo investirà 2,1 miliardi per il triennio 2013-2015. Il testo prevede meno tasse sui salari e mansioni più flessibili. Spiega Barbera (Sta): «L’intesa “attribuisce ai contratti nazionali di tutelare il potere d’acquisto dei salari”, ma (punto due) “si valorizza la contrattazione di secondo livello affidandole una quota degli aumenti economici eventualmente disposti dai rinnovi dei contratti nazionali con l’obiettivo di sostenere (...) misure di incremento della produttività”. Inoltre (punti tre e quattro) l’accordo consentirà di discutere di “mansioni, organizzazione del lavoro, orario di lavoro e la sua distribuzione flessibile”. Il lettore poco avvezzo al sindacalese sarà già colpito da un potente mal di testa, ma la sostanza è semplice. L’accordo afferma un principio che potrebbe cambiare una volta per tutte le relazioni sindacali in Italia. Il contratto nazionale, che finora stabiliva in fiumi di pagine i dettagli dei contratti di un’intera categoria potrà essere derogato in azienda quasi in ogni dettaglio. I sindacati che hanno firmato sono convinti che questo garantirà buste paga più ricche, la Cgil pensa l’esatto contrario. L’esperienza di altri Paesi non dice questo, ma loro sono convinti che così accadrà».

• La spiegazione del «no» data dalla Cgil: l’intesa sulla produttività «è coerente con la politica del governo che scarica sui lavoratori i costi e le scelte per uscire dalla crisi. Si è persa un’occasione». Poi: «Il documento non rappresenta una soluzione ai problemi» ed «è un altro intervento che accelera la recessione del Paese». Il punto più critico è rappresentato dal fatto che le nuove regole sono destinate ad «abbassare i salari reali». «Il governo – ha affermato la Camusso – scarica sul lavoro i costi della crisi e le scelte per uscire dalla crisi abbassando i redditi da lavoro». [Grion, Rep]