Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2012  novembre 18 Domenica calendario

La questione a questo punto è: Israele ha intenzione di invadere la Striscia di Gaza per via di terra, come ha scritto ancora ieri il “Times”? Sul confine, secondo la Cnn, sono ammassati 30 mila soldati di Tel Aviv

La questione a questo punto è: Israele ha intenzione di invadere la Striscia di Gaza per via di terra, come ha scritto ancora ieri il “Times”? Sul confine, secondo la Cnn, sono ammassati 30 mila soldati di Tel Aviv. Sono stati richiamati 75 mila riservisti. D’altra parte: se i carri armati valicassero il confine, che cosa farebbero dopo? Rispondere a queste domande significa cercare di capire che obiettivi si pone Tel Aviv e quando avrà deciso che questi obiettivi sono stati raggiunti.

La guerra l’ha veramente cominciata Israele? Avevo capito che sono i palestinesi di Hamas a bombardare le città israeliane con i razzi passatigli dall’Iran. Se questo è vero, potrei rovesciare la domanda, e chiederle: che cosa si propone Hamas con questi bombardamenti incessanti? Che razza di guerra è, quella?
È giusto. Ci sono degli obiettivi israeliani e ci sono degli obiettivi palestinesi. Ed è vero che a bombardare ha cominciato Hamas. Un milione di israeliani sarebbero costretti, da molti giorni, a vivere nei rifugi anti-missili, anche a Tel Aviv. Quindi è corretto chiedersi come mai da Gaza sia partita questa offensiva.  

Come mai?
Il quadro internazionale sembra favorevole ad Hamas. In Egitto governano i fratelli musulmani, che vengono spinti a scelte estreme dall’ala salafita. I salafiti vogliono la denuncia degli accordi di Camp David, siglati tra Sadat e Begin nel 1978. È inutile che le descriva quella vecchia intesa: le basterà sapere che denunciarla significherebbe di fatto riaprire ufficialmente le ostilità con Tel Aviv. D’altra parte Hamas teorizza che Israele deve essere annientata e proprio per questo viene aiutata con le armi da Teheran e con i soldi dall’emiro del Qatar, che ha appena regalato alla Striscia 400 milioni di dollari. Altro alleato dei palestinesi è in questo momento la Turchia. Ieri il premier Erdogan ha detto: «Israele dovrà rendere conto del massacro di bambini innocenti a Gaza. Tutti devono sapere che prima o poi sarà chiesto il conto per i massacri di questi bambini innocenti uccisi con metodi disumani a Gaza». È vero che stava parlando all’università del Cairo e questo può averlo incoraggiato ad esagerare i toni. Ma tutto lo scacchiere sembra mosso da un subbuglio anti-israeliani. Tra i ribelli di Assad la componente fondamentalista è molto forte e feroce.  

L’America non fa niente? Non ha la forza per tentare una mediazione?
Obama ha parlato sia con Morsi, il presidente egiziano, che con Erdogan. Morsi ha mandato a Gaza il suo primo ministro su invito del presidente Usa. Morsi, Hamas e Netanyahu – il premier israeliano – potrebbero avere in effetti un obiettivo comune: neutralizzare la fronda salafita, che lavora per una radicalizzazione dello scontro. Gli Stati Uniti hanno dalla loro, naturalmente, il forte aiuto economico che garantiscono all’Egitto. È un argomento che Morsi, qualunque cosa dichiari, non può ignorare. In questo momento nelle casse del Cairo ci sono riserve per 15 miliardi e mezzo di dollari. Il premier Hisham Qandli, lo stesso che è andato a portare la solidarietà a Gaza, ha annunciato su Facebook che vuole aumentare questo capitale del 60% in sei mesi. Come pensa di riuscirci senza i versamenti degli Stati Uniti? Naturalmente il contributo egiziano alla pace potrebbe avere un prezzo in dollari molto alto.  

Israele, bombardando Gaza, non fa alla fine il gioco degli avversari?
L’obiettivo principale degli israeliani è distruggere gli arsenali di missili con cui Gaza li bombarda. È possibile che un attacco via terra – che gli esperti continuano nonostante tutto a ritenere improbabile – abbia come scopo quello di completare l’opera. Come ha detto Amos Oz ieri in un’intervista a Francesco Battistini: «Entrare a Gaza è facile, è uscirne che è molto difficile». A proposito di Amos Oz, uno scrittore pacifista che ha sempre capito le ragioni dei palestinesi ed è un fiero oppositore del falco Netanyahu: anche lui, come Yehoshua, condivide stavolta la reazione di Israele, giudica lo stillicidio di bombe di Hamas ormai non più tollerabile. Tra le altre ragioni per cui Netanyahu sta reagendo come sta reagendo ci sono poi di sicuro le elezioni a gennaio: uno stato di guerra o di semi-guerra renderà più difficile la nascita di una coalizione capace di metterlo in difficoltà nelle urne. Il fronte degli oppositori è molto frastagliato.  

Qual è il bilancio dell’operazione Pilastro a questo punto?
I bombardamenti continuano. Il numero totale dei morti dalla parte palestinese è salito a 42, tra cui 13 civili e almeno sei bambini sotto i sei anni (stiamo riferendo notizie di agenzia e potrebbero essere molto imprecise). I feriti sarebbero centinaia. I morti israeliani sono finora tre. Il numero di missili lanciati da Gaza è diminuito. Il segno forse che gli arsenali si stanno esaurendo.  [Giorgio Dell’Arti, La Gazzetta dello Sport 18 novembre 2012]