La Gazzetta dello Sport, 16 novembre 2012
A Tel Aviv i giornali dicono che è ricominciata la guerra, ieri un razzo Fajr 5, sparato da Gaza e proveniente dall’arsenale iraniano, è caduto in mare di fronte alla costa di Jaffa
A Tel Aviv i giornali dicono che è ricominciata la guerra, ieri un razzo Fajr 5, sparato da Gaza e proveniente dall’arsenale iraniano, è caduto in mare di fronte alla costa di Jaffa. Le sirene della città hanno suonato tutte insieme, fatto che non accadeva dal 1991. L’ambasciatore egiziano a Tel Aviv è stato richiamato, idem l’ambasciatore israeliano al Cairo. Da Gaza annunciano che il raid dell’altro giorno, col quale gli israeliani hanno ucciso al-Jabari e il suo figliolo di 12 anni, ha «aperto i cancelli dell’inferno». Abbiamo visto tutti, ieri, il funerale di Ahmed al-Jabari, corpo avvolto nel sudario e condotto di corsa, com’è costume da quelle parti, dall’ospedale al-Shifa alla moschea el-Omari e da qui al cimitero del rione Sheikh Radwan. Intanto una voce, attraverso gli altoparlanti, lanciava proclami di guerra.
• Che cosa ha fatto precipitare la situazione?
Da almeno una settimana i palestinesi tiravano da Gaza missili Qassam contro la città di Sderot. Ne saranno stati sparati un centinaio, senza perlatro provocare vittime. Finita la battaglia per la Casa Bianca, il premier israeliano Netanyahu s’è sentito con le mani libere e ha lanciato l’operazione “Cloud Pillar”, che potremmo tradurre “Colonna di Nuvola”. Anche quatto anni fa c’erano da poco state le elezioni in America e gli israelian lanciarono l’operazione Piombo Fuso, con la quale ammazzarono 1.200 palestinesi. Per ora Colonna di Nuvola ha provocato sette o, secondo i palestinesi, quindici morti civili, tra cui una donna incinta e due bambini. Poi c’è l’esecuzione di Ahmed al-Jabari, comandante delle brigate al-Qassam, un guerriero mitico tra gli gli islamisti, che aveva tenuto per sei anni prigioniero, senza mai farsi minimamente localizzare, il timido soldato Shalit. Come mai adesso Tel Avivi sapeva esattamente dove si trovava, al punto da colpirlo mentre viaggiava a bordo di una Kia grigia che percorreva l’Omar al-Muktar nel centro di Gaza? Ecco qualcosa su cui quelli di Hamas dovranno riflettere. Il missile israeliano ha carbonizzato, oltre al figlioletto di 12 anni, anche due caporioni islamisti. Si vede perfettamente la scena su internet.
• Sta dicendo che è tutta colpa dei palestinesi? Cioè che hanno cominciato per primi loro?
In Israele ci sono le elezioni a gennaio e Netanyahu ha sicuramente calcolato che una qualche prova di forza gli gioverà. Obama – un presidente Usa che finora gli israeliani hanno considerato quasi un nemico – ha vinto le elezioni e, senza diventare un guerrafondaio, ha ammorbidito la sua posizione su Tel Aviv. Ho già detto che per Netanyahu la fine della lotta per la Casa Bianca è stata una specie di liberazione. In generale il quadro medio-orientale è molto peggiorato per Tel Aviv. Al Cairo non c’è più un presidente amico (e sia pure freddamente amico) come Mubartak, ma un esponente dei Fratelli musulmani che viene spinto a scelte estreme dai salafiti. La frana siriana ha conseguenze gravi sul Libano e sugli hezbollah, altri specialisti nello sparare razzi contro le città israeliane. Per non parlare del nucleare iraniano. Le agenzie di Tel Aviv hanno diffuso subito, e quasi sottolineandola, la notizia che il razzo caduto davanti a Jaffa viene da Teheran. Chiedersi chi ha cominciato per primo è a questo punto insensato. S’è perso un anno senza fare un solo passo nelle trattative per arrivare a una qualche pace.
• Potrebbe davvero scoppiare una guerra? La diplomazia internazionale non s’è attivata?
Sono rimasto colpito dall’intervista che ha dato ieri a Francesca Caferri lo scrittore Abraham Yehoshua, un pacifista convinto. Comincia così: «È tempo che Israele riconosca che Gaza è un nemico. Ed agisca di conseguenza: smetta di fornire elettricità e far passare cibo. Dichiari ufficialmente che siamo in uno stato di guerra e agisca di conseguenza […] Gaza è uno Stato, che ha un esercito e lo usa contro di noi: non lo si può trattare come un gruppo terroristico: è un governo e deve essere considerato responsabile delle sue azioni. Abbiamo ritirato i coloni, siamo andati via, perché continuano a spararci? Io penso che la pace non si fa con Gaza».
• Di quanti uomini è formato l’esercito di Israele?
625 mila, armati di F-16, Apache e Merkava. Gaza può mettere in campo 35 mila soldati. Tra i due non c’è partita. Gli analisti giudicano un attacco israeliano per via di terra piuttosto possibile, se non addirittura probabile. Se vuole altri numeri: dal 2001 ad oggi da Gaza sono stati sparati su Israele 14.616 missili. I raid aerei israeliani, nello stesso periodo, hanno ucciso a Gaza 2.500 persone. Gli egiziani hanno riaperto il valico di Rafah per ospitare i feriti palestinesi e mandare sulla Striscia aiuti umanitari.
• Non c’è un altro stato palestinese, oltre quello di Hamas a Gaza?
Sì, in Cisgiordania, dove governano, grazie anche ai soldi che gli versa l’Europa, al Fatah e l’Autorità Nazionale Palestinese. Abu Mazen il prossimo 29 novembre cercherà di farsi riconoscere come Stato dall’Assemblea dell’Onu. Una faccenda che non piace né a Netanyahu né ad Hamas. Poi vogliono riesumare il cadavere di Arafat per dimostrare che è stato avvelenato col polonio. Due mosse che fanno parte della miscela capace di far esplodere quell’area.
[Giorgio Dell’Arti, La Gazzetta dello Sport 16 novembre 2012]