La Gazzetta dello Sport, 27 ottobre 2012
Dobbiamo occuparci di Berlusconi anche oggi, perché il tribunale di Milano, nel processo cosiddetto Mediaset, lo ha condannato a quattro anni di reclusione e cinque di interdizione dai pubblici uffici più tre di interdizione da cariche direttive nelle aziende: invece di comprare i diritti televisivi dei film e delle serie direttamente dalle case di produzione americane, Berlusconi – secondo la sentenza – li faceva acquistare da tutta una serie di mediatori-complici che se li rivendevano l’un l’altro in modo che il prezzo finale risultasse molto più alto di quello effettivamente pagato alle majors
Dobbiamo occuparci di Berlusconi anche oggi, perché il tribunale di Milano, nel processo cosiddetto Mediaset, lo ha condannato a quattro anni di reclusione e cinque di interdizione dai pubblici uffici più tre di interdizione da cariche direttive nelle aziende: invece di comprare i diritti televisivi dei film e delle serie direttamente dalle case di produzione americane, Berlusconi – secondo la sentenza – li faceva acquistare da tutta una serie di mediatori-complici che se li rivendevano l’un l’altro in modo che il prezzo finale risultasse molto più alto di quello effettivamente pagato alle majors. In questo modo, si ottenevano due vantaggi: primo, Mediaset poteva caricare in bilancio costi d’acquisto più importanti e pagare meno tasse (le aziende pagano le tasse sulla differenza tra costi e ricavi); secondo, una volta data la percentuale ai vari mediatori-fantoccio, il denaro poteva essere depositato in conti esteri a beneficio della famiglia. Sia chiaro che stiamo citando la sentenza e le dure parole pronunciate dal presidente del collegio, Edoardo D’Avossa. Berlusconi vi è descritto come «il dominus indiscusso» della frode, «c’è stato un preciso progetto di evasione esplicato in un arco temporale ampio e con modalità sofisticate». Il Cav avrebbe continuato nel suo mal fare anche «dopo la discesa in campo» perché «non c’era un altro soggetto» a gestire il sistema. Inoltre nelle 90 pagine della motivazione della sentenza, rese subito note e contro le quali la difesa ha 15 giorni di tempo per ricorrere, si legge che Berlusconi è «l’ideatore di una scientifica e sistematica evasione fiscale di portata eccezionale», «ha conseguito un’immensa disponibilità economica all’estero, ai danni non solo dello Stato ma anche di Mediaset e, in termini di concorrenza sleale, delle altre società del settore». Berlusconi, secondo i tre giudici, avrebbe mostrato in questo caso una «particolare capacità a delinquere».
• Quanti soldi sarebbero stati sottratti alle pubbliche casse?
17,5 miliardi di lire nel 2000, 6,6 milioni di euro nel 2001, 4 milioni nel 2002, altri 2 milioni nel 2003. Berlusconi è stato condannato a pagare 10 milioni al fisco. La sentenza non è definitiva, e quindi per ora non c’è né la galera né l’interdizione dai pubblici uffici. Ma i dieci milioni dovrà versarli come provisionale. Il titolo Mediaset, appena s’è saputo della sentenza, è precipitato. La notizia ha subito campeggiato in testa ai siti di tutto il mondo. Anche se si ha poca stima della magistratura italiana, il colpo è comunque micidiale. Un uomo che ha governato il paese per tanti anni…
• Berlusconi dice che è tutto falso.
«È una condanna che posso tranquillamente definire politica, incredibile e intollerabile. Di certo non si può andare avanti così e dobbiamo fare qualcosa: quando non si può contare sull’imparzialità dei giudici, un paese diventa incivile e barbaro e cessa di essere una democrazia. Oggi purtroppo è così. Le motivazioni della sentenza sono fuori dalla realtà. Sono accusato di essere socio di due imprenditori americani, uno dei quali non l’ho neppure mai conosciuto». Idem gli avvocati, Ghedini e Longo: «Una sentenza assolutamente incredibile che va contro le risultanze processuali e che è totalmente sconnessa da ogni logica giuridica». Stesso tono nelle altre prese di posizione. Alfano: «È l’ennesima prova di un accanimento giudiziario nei confronti di Silvio Berlusconi». Cicchitto: «Non si tratta di una sentenza, ma di un tentativo di omicidio politico visti non solo la condanna penale, ma anche l’interdizione di cinque anni dai pubblici uffici. Purtroppo non da oggi diciamo che è in atto un uso politico della giustizia, in primo luogo contro Berlusconi». Santanché: «Al generoso passo indietro di Berlusconi, compiuto per rilanciare la sua grande battaglia per la libertà, fa oggi da contraltare un nuovo e rumoroso passo avanti della magistratura politicizzata. Berlusconi riconsideri la sua scelta e torni in campo insieme a milioni di italiani che come me vogliono tenere alta la bandiera del garantismo e della libertà». Galan: «Mi verrebbe voglia di chiedere a Berlusconi di tornare in politica» (Galan è stato uno dei più convinti assertori del passo indietro). Casini e Fini non hanno voluto commentare, coperti anche quelli del Pd, solo Di Pietro ha detto: «Tutti i nodi vengono al pettine. Nonostante tutte le leggi ad personam che Berlusconi si è fatto e nonostante la continua delegittimazione e denigrazione dei magistrati, la verità è venuta a galla. Gli italiani possono prendere atto che una sentenza di primo grado considera Berlusconi un delinquente».
• Chi sarebbero i complici di Berlusconi nella truffa allo Stato?
Frank Agrana è stato considerato il socio occulto del Cav e condannato a 3 anni e 8 mesi. Tre anni per Daniele Lorenzano, produttore ed ex manager Fininvest. Un anno e mezzo per Gabriella Galetto, manager del gruppo in Svizzera. Assolto Confalonieri, prescritto Del Bue. Sulle pene detentive va calcolato lo sconto di tre anni per l’indulto. Significa che Berlusconi, anche se questa condanna fosse definitiva, non andrebbe in carcere comunque.
• Bisogna vedere come andrà a finire con le altre sentenze.
In questo momento il Cav, che è uscito in qualche modo vivo da 30 processi, è ancora impelagato nel caso Ruby (prostituzione minorile e concussione), Unipol (rivelazioni di segreto d’ufficio), diffamazione aggravata (Di Pietro). Se gli andasse male in tutti i procedimenti, si supererebbe di sicuro il periodo in cui è ammessa la condizionale (due anni e mezzo, per gli ultrasettantenni).
• Non avrà annunciato il suo ritiro dalla politica perché sapeva che stava arrivando questa sentenza?
Lui dice così: «Non c’è nessuna connessione. Io e i miei avvocati ritenevamo impossibile una condanna».
[Giorgio Dell’Arti, La Gazzetta dello Sport 27 ottobre 2012]