Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2012  ottobre 24 Mercoledì calendario

In Italia non sarà più possibile azzardare previsioni sui rischi che corre il territorio perché nessuno scienziato, dopo la sentenza dell’Aquila che ha condannato i membri della Commissione Grandi rischi, sarà più disponibile a mettere a repentaglio la propria vita

In Italia non sarà più possibile azzardare previsioni sui rischi che corre il territorio perché nessuno scienziato, dopo la sentenza dell’Aquila che ha condannato i membri della Commissione Grandi rischi, sarà più disponibile a mettere a repentaglio la propria vita.

Chi lo dice?
Lo dice il Dipartimento della protezione civile, annunciando che il presidente della Commissione Grandi rischi, Luciano Maiani, presidente anche del Cnr, si è dimesso dal suo incarico. E con lui ha lasciato l’intero ufficio di presidenza: presidente emerito Giuseppe Zamberletti e vicepresidente Mauro Rosi. Hanno salutato anche Roberto Vinci, direttore dell’Istituto per le tecnologie della costruzione del Consiglio Nazionale delle ricerche (Cnr), e Mauro Dolce, direttore dell’Uffio III – Rischio sismico e vulcanico. Non è che l’inizio, crediamo: nessuno scienziato con un minimo di responsabilità pubblica, dopo la sentenza dell’Aquila, vorrà restare al suo posto.  

La cosa più sconcertante è che se uno va in giro a discutere, si sente dire dalla cosiddetta gente: «Finalmente! Era ora! I colpevoli sono stati pumiti!». Cioè il popolo italiano crede davvero che gli scienziati potevano prevedere il terremoto e che, non essendoci riusciti, devono farsi sei anni di galera.
Piergiorgio Odifreddi ha proposto di portare davanti ai giudici anche i vescovi: un paese così ignorante – è il sottinteso – deve punire coloro che, essendo in contatto con Dio, ci hanno lasciato all’oscuro della catastrofe. Contro la sentenza c’è in realtà una sollevazione mondiale. Lunedì erano presenti all’Aquila inviati di tutto il mondo: all’estero avevano capito meglio di noi e prima di noi quale fosse la posta in gioco. Senta qui: «Non vedo che senso abbia processare dei servitori dello Stato che cercavano in buona fede di proteggere la cittadinanza in circostanze caotiche. Con il senno di poi la mancata capacità di comunicare l’entità del pericolo appare incresciosa, ma le inazioni di una commissione sotto stress non possono essere rappresentate come atti criminali dei singoli membri» (Thomas Jordan, direttore del Southern California Earthquake Center). «Spero che gli italiani si rendano conto di quanto sono arretrati questo processo e questo verdetto» (Erik Klemetti, professore di scienze della Terra in Ohio). «È fondamentale che gli scienziati siano capaci di suggerire i modi per mitigare e valutare i rischi senza essere ritenuti penalmente responsabili» (Ted Nield della rivista Geoscientist). «Invece di criminalizzare gli scienziati, i governi dovrebbero lavorare per comprendere e comunicare l’incertezza quando ricevono una consulenza scientifica» (Tracey Brown, direttrice di Sense about Science). «Smettiamola di perdere tempo con i capri espiatori. Prima il focus sarà spostato sul miglioramento degli standard di costruzione sull’esempio di California e Giappone, meno vittime vedremo negli anni a venire» (Ian Main, sismologo di Edimburgo).  

Che cosa hanno detto Maiani e gli altri?
Maiani: «Non vedo le condizioni per lavorare serenamente. Va chiarito che le nostre consulenze sono gratuite. Il governo  dovrà ora affrontare il problema dell’allontanamento degli scienziati dalle istituzioni pubbliche. Al momento non conosciamo le motivazioni della sentenza né il percorso concettuale del giudice, però conosciamo quello del pm e da qui non vedo le condizioni per continuare». Parole che riassumono il pensiero di tutti quanti.  

Possibile che non ci sia nessuno che difenda la sentenza del giudice Billi?
Qualche parente delle vittime. L’opinione pubblica in genere. Se facessimo un sondaggio in televisione, il 70% degli italiani si dichiarerebbe d’accordo con i magistrati. Non ha torto Odifreddi: la sentenza ha l’aria di un giudizio di Dio e c’è solo da sperare che la lettura delle motivazioni apra uno spiraglio di luce in una vicenda che appare davvero intellettualmente troppo buia. Thomas Jordan, che oltre a essere uno dei più grandi sismologi del mondo, ha anche presieduto nel 2009 il panel di esperti nominati per L’Aquila da governo, ha anche detto che i giudici erano in conflitto d’interesse. «Una sentenza del genere non sarebbe stata possibile negli Stati Uniti. Il processo è stato celebrato all’Aquila da un pubblico ministero e un giudice entrambi di quella città: un chiaro conflitto d’interessi. Il sistema giudiziario americano non avrebbe mai consentito a scienziati che lavorano per il bene pubblico di essere processati e giudicati da individui coinvolti personalmente nella tragedia e quindi prevenuti. Spero che questa condanna sarà revocata in appello da una corte meno parziale».  

Ma quei sei mesi di sciami sismici…
Insisto con Jordan: «Le scosse che precedettero il sisma dell’Aquila indicavano un aumento nel rischio di movimenti tellurici, ma storicamente tali tremori sono in grado di prevenire solo l’1% dei terremoti in un arco di  tre giorni. Solo uno sciame sismico su 30 è seguito da un forte terremoto».
[Giorgio Dell’Arti, La Gazzetta dello Sport 24 ottobre 2012]